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Santo Zosimo
Vescovo di Siracusa(verso il 662) –Martirologio Romano A Siracusa, san Zosimo, vescovo, che fu
dapprima umile custode della tomba di santa Lucia, poi abate del monastero del
luogo.
Zosimo,
vescovo (VII secolo) era un giovane monaco cui era stata affidata per la sua
inettitudine la custodia della tomba di Santa Lucia a Siracusa. Un giorno,
desideroso di rivedere i genitori, lasciò il monastero senza avvertire i
superiori. I genitori, vedendolo arrivare con aria di fuggitivo, lo
rimproverarono e lo riaccompagnarono al monastero. Venne perdonato dall'abate e
riconsegnato al suo compito di "guardiano della tomba", che tenne a
lungo perché considerato incapace di altre e più impegnative mansioni.
Alla morte dell'abate, i monaci si recarono dal vescovo per conoscere il nome del successore. Fra loro non c'era Zosimo, rimasto a casa come "inutile". Quando il vescovo ebbe davanti i monaci, chiese: "Ci siete tutti?". "No, - risposero - a casa c'è il guardiano della tomba di santa Lucia, ma è di poco conto". "Fatelo venire" ingiunse il vescovo. E quando Zosimo arrivò: "Ecco il vostro abate" affermò solennemente il vescovo.
Così Zosimo, tra la sorpresa di tutti, divenne abate del monastero dimostrando presto di quanta saggezza e virtù fosse ricco, a tal punto che il popolo lo volle quale proprio vescovo. Confermato da papa Teodoro, egli rimase sulla cattedra episcopale siracusana dal 647 al 662 guidando la diocesi con bontà e saggezza
Alla morte dell'abate, i monaci si recarono dal vescovo per conoscere il nome del successore. Fra loro non c'era Zosimo, rimasto a casa come "inutile". Quando il vescovo ebbe davanti i monaci, chiese: "Ci siete tutti?". "No, - risposero - a casa c'è il guardiano della tomba di santa Lucia, ma è di poco conto". "Fatelo venire" ingiunse il vescovo. E quando Zosimo arrivò: "Ecco il vostro abate" affermò solennemente il vescovo.
Così Zosimo, tra la sorpresa di tutti, divenne abate del monastero dimostrando presto di quanta saggezza e virtù fosse ricco, a tal punto che il popolo lo volle quale proprio vescovo. Confermato da papa Teodoro, egli rimase sulla cattedra episcopale siracusana dal 647 al 662 guidando la diocesi con bontà e saggezza
(Testo tratto da:Profili di Siracusani Illustri
Mons. Giuseppe Cannarella)
Mons. Giuseppe Cannarella)
Zosimo nacque da agiati parenti, che l'ottennero da
Dio con grandi preghiere. Quando ebbe compiuto l'età di sette anni, lo vollero
dedicare al servizio di Dio nel monastero benedettino di Santa Lucia al quale,
insieme col figlio, offrirono in dono un podere, che avevano lì presso.
Era allora abate del monastero Giovanni, di cui è menzione nel Regesto di S. Gregorio Magno nel luglio del 597; il quale morì poco dopo e gli successe Fausto che dal biografo è detto "santo, ricco di meriti e di virtù, di cui Zosimo si studiava di imitare la vita e i costumi".
Da lui Zosimo, ancor giovane, fu deputato alla custodia del sepolcro della santa. Preso però dall'amore dei parenti, fuggì a casa loro; ma essi, pii e buoni cristiani, lo persuasero a lasciarsi ricondurre al monastero. Qui la notte in sogno gli parve vedere la Santa, che adirata gli minacciava castighi per averla abbandonata. Ripresa la vita monastica, si diede con grande fervore all'esercizio delle virtù, specialmente della purezza, per la quale spiccò sopra tutti. Dopo aver passato trent'anni in questo tenore di vita, sempre crescendo in perfezione, venne a morire il suo abate San Fausto, pieno di anni e di meriti. Dovendosi passare alla scelta del successore, alcuni sollecitavano questa dignità; ma poi i monaci pensarono di rimettere l'elezione al Vescovo che era allora San Giovanni, cui il Papa del tempo S. Gregorio Magno aveva affidato incarichi per tutta la Sicilia perchè ben conosceva "di quale gravità, mansuetudine e santi costumi egli fosse". Si recarono perciò tutti a trovarlo, tranne Zosimo, che, alieno da ogni ambizione, era rimasto nelle sue consuete preghiere al sepolcro di Santa Lucia.
Era allora abate del monastero Giovanni, di cui è menzione nel Regesto di S. Gregorio Magno nel luglio del 597; il quale morì poco dopo e gli successe Fausto che dal biografo è detto "santo, ricco di meriti e di virtù, di cui Zosimo si studiava di imitare la vita e i costumi".
Da lui Zosimo, ancor giovane, fu deputato alla custodia del sepolcro della santa. Preso però dall'amore dei parenti, fuggì a casa loro; ma essi, pii e buoni cristiani, lo persuasero a lasciarsi ricondurre al monastero. Qui la notte in sogno gli parve vedere la Santa, che adirata gli minacciava castighi per averla abbandonata. Ripresa la vita monastica, si diede con grande fervore all'esercizio delle virtù, specialmente della purezza, per la quale spiccò sopra tutti. Dopo aver passato trent'anni in questo tenore di vita, sempre crescendo in perfezione, venne a morire il suo abate San Fausto, pieno di anni e di meriti. Dovendosi passare alla scelta del successore, alcuni sollecitavano questa dignità; ma poi i monaci pensarono di rimettere l'elezione al Vescovo che era allora San Giovanni, cui il Papa del tempo S. Gregorio Magno aveva affidato incarichi per tutta la Sicilia perchè ben conosceva "di quale gravità, mansuetudine e santi costumi egli fosse". Si recarono perciò tutti a trovarlo, tranne Zosimo, che, alieno da ogni ambizione, era rimasto nelle sue consuete preghiere al sepolcro di Santa Lucia.
Il Vescovo, avuti tutti i monaci dinanzi a sè, chiese
loro se mancasse alcuno. Gli fu risposto: nessuno. Avendo ripetuto la domanda
la seconda e la terza volta, i monaci risposero: nessuno, tranne l'ostiario del
monastero.
Fattolo venire, il Vescovo lo accolse con grande onore e riverenza e lo elesse Abate con grande stupore dei monaci, uno dei quali esclamò: "Si è avverato oggi il detto del profeta Isaia: Sopra chi riposerà il mio spirito, se non nell'umile, e sopra colui che teme la mia parola?" Il medesimo Vescovo ordinò Zosimo sacerdote della Chiesa della Beata Vergine Maria, che era la Cattedrale.
Zosimo tenne l'ufficio di abate del monastero di S. Lucia per ben quarant'anni e diede tali prove di prudenza, di zelo e di ogni virtù che era da tutti ritenuto come uomo consumato nella difficile arte di governare. Venuto a morte il Vescovo di Siracusa, la maggior parte del Clero e del popolo voleva, come successore, Zosimo, stimatissimo per le sue virtù; altri, giudicandolo come uomo semplice e di poca levatura nelle cose del mondo, preferivano un certo Venerio. Non potendosi mettere d'accordo, i rappresentanti delle due parti, coi rispettivi eletti, furono a Roma. Era allora Sommo Pontefice S. Teodoro (642-649), il quale scelse Zosimo, che non voleva affatto quel peso e accettò per le insistenze di Elia, che fu suo arcidiacono e poi suo successore.
Consacrato Vescovo, fu accolto con grandissima letizia da tutta la città, che in breve tempo divenne un solo ovile sotto la guida del santo pastore. Quanto era superiore agli altri per la dignità e i meriti, tanto si faceva inferiore con l'umiltà. Unicamente sollecito della salute spirituale del suo gregge, lo amministrava con la parola e più con l'esempio, nell'esercizio delle virtù, specialmente della carità; sicchè, dice il suo biografo, egli era assai più amato per la sua mansuetudine che non gli altri per il loro rigore.
Narra il suo diacono Giovanni, che facevagli da segretario, che un giorno gli si presentò un povero, chiedendo l'elemosina. Zosimo ordinò a Giovanni che gli desse due monete. Avendogli quegli risposto di non averne, gli ingiunse di vendere il mantello e darne il ricavato al mendico. Mormorando il diacono per l'ordine troppo gravoso, Zosimo si tolse dalle spalle il suo mantello che era nuovo e gli ordinò di venderlo immediatamente. In quel mentre arrivò un giovane che, messosi in ginocchio ai suoi piedi, gli lasciò una buona somma di danaro. Il santo Vescovo riprese il gretto animo e la poca fede del suo diacono.
Benchè Vescovo e vecchio, non tollerava che alcuno lo servisse, ma faceva ogni cosa da sè. Un prete, di nome Mauro, che aveva cura della sua casa e gli era molto caro, vedendolo un pomeriggio dormicchiare sulla sedia molestato dalle mosche, prese un flabello e le cacciava. Come egli se ne accorse, lo sgridò dicendogli di impiegare piuttosto quel tempo nella preghiera.
Era assiduo nell'amministrare e nell'ammonire tutti i fedeli affidati alle sue cure. Restaurò il tempio in onore della Beata Vergine che era la sua Cattedrale; nella quale, dice il suo biografo, offriva il santo Sacrificio e faceva le sue preghiere. Avendolo splendidamente adornato e arricchito, lo consacrò l'anno quinto del suo episcopato e ottantaduesimo anno di età, con grandissima solennità e infinita allegrezza del popolo.
Gli ebrei, che erano allora numerosi in Siracusa, vedendo ciò, volevano riedificare la loro sinagoga, distrutta poco prima in una incursione dei saraceni, ma egli non lo permise. Nell'ultima malattia fu visitato da Euprassio, cubiculario dell'imperatore; il quale, vedutolo giacere sopra poverissima stuoia, gli fece portare degli eleganti trapunti. Il santo vi giacque un poco, ma poi ordinò di venderli e darne il denaro ai poveri. Tornato Euprassio, e vedendolo di nuovo su quella povera stuoia, gliene mosse lamento, ma Zosimo gli disse che in essa riposava meglio che in qualunque altro morbido letto.
Finalmente dopo tredici anni di episcopato e novanta di vita, avendo prima predetto al suo arcidiacono Elia che gli sarebbe succeduto, preso da febbre, placidamente spirò.
Fattolo venire, il Vescovo lo accolse con grande onore e riverenza e lo elesse Abate con grande stupore dei monaci, uno dei quali esclamò: "Si è avverato oggi il detto del profeta Isaia: Sopra chi riposerà il mio spirito, se non nell'umile, e sopra colui che teme la mia parola?" Il medesimo Vescovo ordinò Zosimo sacerdote della Chiesa della Beata Vergine Maria, che era la Cattedrale.
Zosimo tenne l'ufficio di abate del monastero di S. Lucia per ben quarant'anni e diede tali prove di prudenza, di zelo e di ogni virtù che era da tutti ritenuto come uomo consumato nella difficile arte di governare. Venuto a morte il Vescovo di Siracusa, la maggior parte del Clero e del popolo voleva, come successore, Zosimo, stimatissimo per le sue virtù; altri, giudicandolo come uomo semplice e di poca levatura nelle cose del mondo, preferivano un certo Venerio. Non potendosi mettere d'accordo, i rappresentanti delle due parti, coi rispettivi eletti, furono a Roma. Era allora Sommo Pontefice S. Teodoro (642-649), il quale scelse Zosimo, che non voleva affatto quel peso e accettò per le insistenze di Elia, che fu suo arcidiacono e poi suo successore.
Consacrato Vescovo, fu accolto con grandissima letizia da tutta la città, che in breve tempo divenne un solo ovile sotto la guida del santo pastore. Quanto era superiore agli altri per la dignità e i meriti, tanto si faceva inferiore con l'umiltà. Unicamente sollecito della salute spirituale del suo gregge, lo amministrava con la parola e più con l'esempio, nell'esercizio delle virtù, specialmente della carità; sicchè, dice il suo biografo, egli era assai più amato per la sua mansuetudine che non gli altri per il loro rigore.
Narra il suo diacono Giovanni, che facevagli da segretario, che un giorno gli si presentò un povero, chiedendo l'elemosina. Zosimo ordinò a Giovanni che gli desse due monete. Avendogli quegli risposto di non averne, gli ingiunse di vendere il mantello e darne il ricavato al mendico. Mormorando il diacono per l'ordine troppo gravoso, Zosimo si tolse dalle spalle il suo mantello che era nuovo e gli ordinò di venderlo immediatamente. In quel mentre arrivò un giovane che, messosi in ginocchio ai suoi piedi, gli lasciò una buona somma di danaro. Il santo Vescovo riprese il gretto animo e la poca fede del suo diacono.
Benchè Vescovo e vecchio, non tollerava che alcuno lo servisse, ma faceva ogni cosa da sè. Un prete, di nome Mauro, che aveva cura della sua casa e gli era molto caro, vedendolo un pomeriggio dormicchiare sulla sedia molestato dalle mosche, prese un flabello e le cacciava. Come egli se ne accorse, lo sgridò dicendogli di impiegare piuttosto quel tempo nella preghiera.
Era assiduo nell'amministrare e nell'ammonire tutti i fedeli affidati alle sue cure. Restaurò il tempio in onore della Beata Vergine che era la sua Cattedrale; nella quale, dice il suo biografo, offriva il santo Sacrificio e faceva le sue preghiere. Avendolo splendidamente adornato e arricchito, lo consacrò l'anno quinto del suo episcopato e ottantaduesimo anno di età, con grandissima solennità e infinita allegrezza del popolo.
Gli ebrei, che erano allora numerosi in Siracusa, vedendo ciò, volevano riedificare la loro sinagoga, distrutta poco prima in una incursione dei saraceni, ma egli non lo permise. Nell'ultima malattia fu visitato da Euprassio, cubiculario dell'imperatore; il quale, vedutolo giacere sopra poverissima stuoia, gli fece portare degli eleganti trapunti. Il santo vi giacque un poco, ma poi ordinò di venderli e darne il denaro ai poveri. Tornato Euprassio, e vedendolo di nuovo su quella povera stuoia, gliene mosse lamento, ma Zosimo gli disse che in essa riposava meglio che in qualunque altro morbido letto.
Finalmente dopo tredici anni di episcopato e novanta di vita, avendo prima predetto al suo arcidiacono Elia che gli sarebbe succeduto, preso da febbre, placidamente spirò.
San
Zosimo,
opera di
Antonello da Messina, presso il Duomo
di Siracusa
http://www.siracusaweb.com/main/siracusa/personaggi/il-vescovo-san-zosimo.html
http://www.santiebeati.it/dettaglio/47850
dalla pagine facebook dell'utente "santi italo greci "
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