San Filippo di Agira, tra i santi
dell’Alto Medioevo dell’Italia meridionale è uno dei più popolari, è anche noto
e venerato in terra macedone nel IX secolo, in Palestina nel XI e dagl’inizi
del XIV secolo a Zebbug nell’isola di Malta. E’ detto di Agira e per
distinguerlo dagli altri santi di nome Filippo e perché svolse la sua missione
in questa cittadina del centro della Sicilia. Cittadino dell’impero bizantino,
santo italogreco, a seconda del centro in cui è venerato è inoltre
indicato come San Filippo il Costantinopolitano, il Trace, il Grande (per
distinguerlo da San Filippo diacono palermitano, detto San Filippo il Giovane
), il Siriaco, ‘u niuru (nero). Figlio di ricchi proprietari di armenti, venne
in Sicilia per incarico di un papa romano durante la diaspora dall’Oriente
verso l’Italia meridionale di monaci ed eremiti verificatisi tra VII e VIII
sec. e ha avuto da Dio il dono del miracolo e la forza di vincere le forze del
male simboleggiate dal demonio. La sua visione universale di cristianesimo, le
sue caratteristiche di vita che ci sono state tramandate, come ha
affermato San Giovanni Paolo II, lo pongono nella «lunga ieratica teoria di
uomini e donne, che» in terra di Sicilia «in mezzo a difficoltà e persecuzioni,
hanno vissuto in semplicità ed integralità il Vangelo», che non fa distinzione
alcuna tra gli uomini. Assieme a tantissimi altri santi della Magna Grecia,
Filippo di Agira è, come il patriarca ecumenico Bartolomeo I lo ha definito,
palese esempio di unità «avendo vissuto l’esperienza meravigliosa e indicibile
che la Santa Chiesa di Cristo era universalmente una ed indivisa»
Tratto
da
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Al
tempo dell’imperatore Arcadio, nella provincia di Tracia c’era un uomo di nome
Teodosio, siro di stirpe e di lingua, che avevapreso in moglie la nobildonna
Augia. Avevano tre figli, i quali erano commercianti di bestiame. Il giorno
dell’esaltazione della Crocequesti erano soliti andare a Costantinopoli, dove
stavano i genitori, per celebrare insieme la festa. Ma un triste giorno,
mentretraversavano il fiume Sàngari in piena, la corrente li portò via. La loro
madre non trovò pace, né di giorno né di notte, finché leapparve il Creatore
del mondo, nelle sembianze d’un vecchio che le diceva: “Togliti il lutto,
alzati e impasta tre pani con fior difarina e offri a Dio i tuoi doni in
letizia”. Augia si alzò e fece proprio così; e quando Teodosio si uni a lei,
concepì e partorì unmaschio e lo chiamò Filippo. Quando il bambino giunse all’età
di sette anni, la madre gli fece tagliare i capelli e lo consegnò allaChiesa, e
quando Filippo giunse ai ventuno anni, ve lo lasciò come diacono. Egli
progrediva nella pace interiore e nella conoscenza,istruendosi nella scienza
ecclesiastica in lingua siriaca. Volendo conoscere la tradizione apostolica dei
Romani, insieme al monacoEusebio, decise di recarsi nell’antica Roma. Un giorno
il Papa invitò Filippo a celebrare, e poiché
questi
si scusò dicendo di non saper
dire
nemmeno una parola in lingua latina, il Papa disse: “Nel nome di Cristo nostro
Dio, apri la bocca ed esprimiti con parole latine”.Filippo aprì la bocca e
subito si trovò a dire in lingua latina:
Nella
pace del Signore, preghiamo
, e
ciò che segue. Trascorsi là tre mesie dodici giorni, Filippo era scoraggiato,
perché in chiesa poteva esprimersi in latino, ma per ogni altro affare non
poteva dir parola. IlPapa allora gli disse: “Diacono Filippo, parla anche tu
come noi”. Subito usci un fuoco dalla lingua del Patriarca e toccò le suelabbra;
e in modo manifesto a tutti egli leggeva usando parole latine. Lo prese allora
e lo ordinò presbitero; e dandogli in mano unvolume scritto disse: “Ricevi
questo decreto apostolico. Quando nel tuo viaggio di ritorno passerai in
Sicilia, troverai in quei luoghiun posto, di nome Arghirion, dove avvenne una
migrazione di spiriti provenienti da Gerusalemme che ora abitano in una cavità
dellaroccia, di fronte al monte chiamato Etna, che emette un fiume di fuoco.
Terrai dunque in mano il decreto, e non potrai tornare daituoi genitori finché
tu non abbia distrutti tutti gli spiriti”. Filippo ricevette il decreto
affidatogli e subito si imbarcò con il monacoEusebio; raggiunse per mare
Reggio, si recò poi a Messina e, proseguendo a piedi, giunse al luogo assegnatogli.
Si sedette in unagrotta ove c’erano tre colonne e tre gradini, tagliati da
pietre perfette; là Filippo stava seduto e compì guarigioni per due giorni.
Poisalì di fronte all’Etna: fece una benedizione con il volume che teneva in
mano e apparve la turba dei demoni che, come pietre,rotolavano giù. Fuggendo,
gridavano: “Guai a noi! Il presbitero Filippo ci caccia anche da qua!” Un
giorno Filippo stava facendo unafervente preghiera per una fanciulla tormentata
da uno spirito. Il beato Filippo le toccò la mano e disse: “Esci e vattene nel
luogoche ti è stato preparato!” Lo spirito gridò: “Filippo, esco dalla
fanciulla, ma non uscirò mai da questo luogo con i miei compagni,bensì vi
abiterò con te, fino all’ultimo giorno!” Subito la fanciulla divenne sana. C’era
molta folla di oppressi da spiriti immondi, innumero di circa quattrocento, i
quali divennero sani. Come era costume fra quella gente prima dell’arrivo del
santo, per timore deglispiriti gli uomini portavano loro doni; infatti i
demoni, trasformatisi a somiglianza umana, come se un padre defunto chiedesse a
unfiglio di offrirgli delle sostanze di sua proprietà, dicevano: “Figlioli,
date anche a noi dei beni a vostra disposizione!” Questo uomoammirevole
innalzava in diversi luoghi edifici sacri. Un giorno uscì per scendere dalle
parti settentrionali di quel luogo a pregare, egli venne incontro un uomo con
sua moglie, i quali piangevano di un pianto violento, e dissero: “Pietà di noi!
Nostro figlio ha bevutoalla fonte Mamoniea ed è morto all’istante”. Egli andò
di corsa alla sorgente, fece sul morto il segno di croce con il
volumeapostolico e lo chiamò: “Giovanni, Giovanni, Giovanni, nel nome di Dio,
sorgi!” E subito il giovane sorse come da un sonno; egli loconsegnò alla madre
dicendo: “Da’ gloria al Signore Dio. E tu, spirito immondo, se vuoi rimaner
qui, non recar più alcun danno; seinvece persisti, ti incolga il castigo di
venir legato con cinghie di ferro dallo Spirito Santo e da Gabriele, comandante
in capo dellePotenze divine; e così starai legato sino alla fine del
mondo”.Filippo se ne stava seduto tenendo in mano il vangelo, quand’ecco venne
un certo Atanasio, morso da una vipera: il suo corpo eraormai tutto piagato. Il
servo di Dio sputò a terra, mischiò la polvere con la saliva, gli spalmò la
ferita e subito divenne sano.Una donna aveva in ventre un feto morto da quattro
giorni e, non potendo partorire, era ormai vicina alla morte. Passò Filippo,
presedell’acqua con le due mani, la versò in una tazza e ordinò che la bevesse.
E subito uscì i il feto imputridito.Un giorno, verso mezzodì venne un pecoraio;
Filippo prese della polvere dalla terra, fece su di essa il segno della croce
con il volumee gli disse: “Spargi questa sostanza nell’ovile e quando verranno
le belve dici: Il presbitero Filippo, nel nome del Signore, vi comandadi stare
lontane”. Il pastore fece come gli era stato comandato e le bestie pericolose
furono scacciate piene di paura.Una donna che aveva un flusso ininterrotto di
sangue, venne da lui che stava celebrando, e pregò il suddiacono perché le
dessel’acqua in cui il santo aveva lavato le sue mani, e gli porse un
asciugatoio di lino, perché egli asciugasse le sue mani. Il suddiaconoprese
l’acqua e la diede alla donna. Questa, dopo aver bevuto, fu sanata. Poi portò a
casa sua l’asciugatoio e, trovando una talegravemente malata, le mise addosso
l’asciugatoio, dicendo:
“
Nel
nome di Dio e del santo sacerdote Filippo, sorgi dal tuo letto e va’al suo
sacro tempio”. E quella fu subito sanata.Un uomo aveva una figlia oppressa da
elefantiasi. Venne ai piedi di Filippo, piangendo: “Santo padre, sia guarita la
tua serva!” Egliordinò al diacono di portargli il velo che si pone sui
Presantificati, e di avvolgervi completamente la fanciulla per circa un’ora.
Pregòper lei e la fanciulla diventò rilucente di uno splendore più vivo
dell’oro, e andò a casa sua glorificando Dio.Un giorno Filippo celebrava la
festa dell’apostolo Pietro, quando venne un uomo di nome Leonzio, che aveva una
ferita inputrefazione. Filippo si lavò le mani e disse al diacono: “Va’ alla
porta centrale della chiesa, impasta con questa acqua la polvereche sta là, fa’
un unguento con tale fango e ponilo sulla ferita”. E quello guarì.Un tale portò
un giumento che non poteva essere addomesticato. Il santo sorrise e fece un
segno di croce sull’animale, dicendo:“Obbedisci al tuo padrone; non colpirlo
più con morsi e calci”. E il giumento divenne più mansueto di una pecora.Vicino
al tempio del santo c’era un’arca, e col permesso di Dio vi abitava uno spirito
il quale, verso mezzogiorno, privava della vistagli uomini che vi passavano. Un
tale, colpito da una grave malattia, venne a quest’arca per riposarsi e subito
fu privato della vista.Lo portarono per mano alla porta del tempio, ed egli
gridò: “Santo di Dio, ho fatto molti
stadi
per
venire da te ed essere guarito, mafui privato della vista nell’arca che sta
vicino al tuo venerabile tempio, mentre vi stavo seduto verso mezzogiorno”. Il
santo, pieno disdegno, disse: “Dico a te, spirito immondo che privi della vista
gli uomini: sarai cieco d’ora innanzi e sino alla fine del mondo,abiterai
dentro all’arca ridotto in miopia e fuori di essa non potrai aggredire alcun
uomo o bestia”. E quell’uomo fu liberato dallacecità, ricevendo allo stesso
tempo anche la guarigione dalla malattia.Un uomo fu morso da un cane
arrabbiato. Il beato Filippo ordinò che portassero erba, la bruciassero e,
disciolta in acqua, laintroducessero nelle sue ferite. E quell’uomo
guarì.L’arconte di Agrigento accusò dodici uomini di cospirazione. Essi però
pagarono i soldati che li conducevano a Catania, perché lifacessero passare dal
sacerdote Filippo. Giunti al suo tempio, levarono lamenti: “Pietà! Ingiusta è
l’accusa scritta contro di noi!” Egli mostrarono l’atto d’accusa, sigillato con
il piombo. Il santo di Dio disse: “Per la potenza di Dio, questa pergamena sia
scritta cosìnel suo interno:
Questi
uomini li si vuole condannare ingiustamente, perché il loro arconte è contro di
loro
”.
Giunsero quegli uominidal governatore e questi, letta la pergamena, disse:
“Siano sciolti i prigionieri e tornino di corsa a casa loro”. I prigionieri se
neandarono dando gloria al Signore Dio che li aveva liberati. Colui che li
aveva mandati ingiustamente, quando li vide tornare, fu presodall’ira; e subito
si impadronì di lui un demonio assai molesto. Gli dissero allora quegli uomini:
“Va’ ai piedi del sacerdote Filippo, eanche tu sarai liberato dallo spirito”.
Egli si recò di corsa al tempio gridando: “Pietà di me, servo di Dio Filippo!”
Il santo disse allospirito: “Esci e allontanati da costui, per la potenza di
Cristo”. E quegli fu subito risanato, e ricevette dal santo il comando di
nonaccusare più falsamente nessuno per motivi d’interesse.L’igumena del
Monastero dei Santi Sergio e Bacco era oppressa da uno spirito. Andò dal santo
e, mentre quegli stava pregando, diedeun morso al lembo del suo mantello: in
quel momento divenne sana.Tre uomini, provenienti dalla Lidia, vennero in
Sicilia per comprare grano, ma Satana suggerì a uno di loro di rubare il denaro
cheavevano in comune. Sconcertati per aver perso il denaro e sentendo parlare
di Filippo, si recarono in fretta da lui e gli dissero:“Avevamo in comune una
somma di denaro per degli affari, ma ci fu rubato”. Il santo disse: “Prendete
una manata di fango”. Essipresero una manciata di fango, ed egli disse di
nuovo: “Aprite le mani”. Quando due di essi stesero le mani, apparvero come
lavatecon acqua limpida; a colui invece che aveva commesso il furto, il fango
si era seccato e gli tratteneva le dita, sì da non lasciarglielestendere.
Gridando disse: “Servo del Signore, sia sanata la mia mano!” E subito la mano
fu sanata ed egli restituì il denaro.Un giorno Filippo andò a pregare con il
monaco Eusebio nel tempio dell’apostolo Pietro. Verso mezzanotte si udì uno
spirito chediceva: “Saltate giù! saltate giù! Scappate! il nostro persecutore è
salito sul monte e un fuoco ci distrugge”. Allora Filippo disse:“Sono migrati
qui spiriti immondi da una regione lontana. Stiamo immobili in preghiera,
finché Dio li scacci di qua”. E mentre
stavano
pregando usci dal tempio un fuoco, come un fiume in piena, che li scacciò via.
Quando infatti a Catopidunte, di notte o amezzogiorno, si sentiva il grido per
la caduta di un demonio, una pietra scendeva giù rotolando e uccideva o un uomo
o un animale.Ma d’allora tutti poterono passare da lì restando illesi.Un uomo
di Palermo era senza figli. Raggiunse Agira e si gettò ai piedi di Filippo
dicendo: “Padre, tu sai perché sono venuto”. Ilsanto disse: “Certo, lo so;
torna a casa tua”. Quell’uomo, tornato a casa, si uni alla moglie ed ella
concepì, e generò un maschio chechiamò Filippo. Quando il bambino ebbe circa
otto anni, lo condusse dal sacerdote Filippo; egli con gioia lo prese per mano
e loportò nel tempio, lo benedisse e gli disse: “Torna nella tua terra e
costruisci un tempio del Signore”. Il bambino Filippo prese dalpresbitero
Filippo, come ricordo, una delle sue venerabili tuniche, un asciugatoio e la
fascia con cui si cingeva i suoi santi fianchi;partito dunque di là, trovò per
strada un uomo che era stato paralizzato dal veleno d’un serpente. Volendo il
bambino completare imiracoli del santo, svolse la cintura che aveva preso dal
santo, e ne cinse quell’uomo. E in quel momento quegli sorse sano comeprima. I
palermitani, come seppero che le tuniche del santo erano state portate nella
città di Palermo e che si ottenevano guarigioniper mezzo di esse, furono pieni
di gioia inesprimibile. Subito un monaco, oppresso da uno spirito, mentre
Filippo giungeva perattraversare la prima porta della città, gridò: “Il
presbitero Filippo tu porti con te, o diacono Filippo! Io mi affretto ad andare
da luiper essere liberato da uno spirito che si è impadronito di me”. Ma quando
quegli arrivò, Filippo era già morto.Dopo aver infatti compiuto i divini
misteri, il santo si coricò nella sua arca e disse: “Questo è il mio riposo per
i secoli dei secoli”.Visse 63 anni.Subito
il monaco Eusebio fuggì per timore del toparca Orbiano, riparò ad Alessandria,
e affidò al patriarca Apollinare una relazionesulla vita del beato
Filippo.Perché il servo di Dio risplendesse anche dopo morte, venne alla
veneranda arca il monaco Evlavio di Palermo, tormentato da unospirito. Il santo
stese la mano con il volume, e fece un segno di croce: e subito quello divenne
sano. Al quattordicesimo giorno dallamorte venne un certo Eutropio,
semiparalizzato. Si strofinò contro la bara e subito divenne sano: tutti quanti
vengono alla sua santabara sono liberati da tentazioni, pericoli, spiriti,
calunnie, guerre intestine, malattie, sterilità dei campi, ira di Dio e del
Governo.Quaranta giorni prima della sua dormizione, Filippo era apparso anche
al nobile Belisario che venne ad Agira, per mostrargli la piantaa forma di croce di una costruzione
ecclesiastica. Lo stesso Belisario costruì due arche, una per il monaco
Eusebio, e una per ilbeato
Filippo; poi costruì anche il venerando tempio
La vita
Di lingua e cultura siriaca, nacque per un miracolo concesso ai suoi genitori che avevano perduto i tre figli nella piena del fiume Sagarino, mentre ritornavano a casa con il loro gregge. Offerto dal padre e dalla madre a Dio, Filippo all’età di ventuno anni venne a Roma, ottenendo lungo il viaggio da Dio la fine della tempesta che minacciava di fare affondare la nave. A Roma, dopo avere ricevuto miracolosamente la facoltà di parlare in latino, venne consacrato presbitero ed ebbe da un papa, del quale non si conosce il nome, la missione di evangelizzare la Sicilia centro orientale e liberare Agira dalla terribile infestazione dei diavoli, per mezzo di un oros apostolikòs affidatogli dallo stesso papa, probabilmente la cosidetta “preghiera di San Filippo” utilizzata da San Fantino in Macedonia per guarire un malato. Da Roma raggiunse Messina e quindi Agira. Qui trovò riparo in una grotta fuori dall’abitato ov’erano tre colonne e tre gradini, tagliati da pietre perfette; là stava seduto, secondo l’abitudine. Dopo due giorni salìto sulla sommità del monte liberò dai demoni, grazie alla sua preghiera, l’allora Argirium, dove visse la maggior parte della sua vita e morì probabilmente all’età di 63 anni. San Filippo è santo che compie miracoli in vita e in morte a testimonianza della grande predilezione di Dio. La sua figura ha come lineamenti distintivi storicamente netti e inequivocabili di presbitero taumaturgo e persecutore dei demoni. In vita la sua fama di persecutore dei demoni e di santo che compie miracoli gli procurò molto fama per tutta la Sicilia. L’agiografia del IX sec. ne descrive venti in vita e in morte tra i quali la guarigione di uno storpio, di una emorroissa, la resurrezione di un giovane presso la fontana Maimone di Agira, morto per un sortilegio del demonio, la liberazione di una giovane dalla possessione del demonio, e quella di dodici cittadini di Agrigenti da una condanna ingiusta. Uno dei più noti miracoli è la nascita del suo discepolo San Filippo diacono palermitano, venerato ad Agira come compatrono..
Le reliquie
Ad Agira fu sepolto, secondo la tradizione, nell’arca inferiore delle due costruite nella cripta/cateva, dove le sue ossa hanno riposato per secoli. Sulla tomba fu costruita una chiesa a forma di croce su precisa indicazione del Santo da un suo nobile devoto della regione di nome Belisario. L’ultima e più rinomata inventio delle sue reliquie è avvenuta unitamente a quelle di San Filippo Diacono, San Eusebio monaco e San Luca Casali. Per la contraddittorietà dei documenti, il ritrovamento non è databile con esattezza, ma deve collocarsi nell’ultimo quinquennio del 1500. Il riconoscimento canonico delle reliquie è avvenuto da parte di mons. Filippo Giordì nel 1604 durante la sua visita dell’allora abbazia di Santa Maria Latina di Gerusalemme o di San Filippo de Argyrione, su incarico regio, mentre la loro prima riposizione nell’attuale cassa di argento è del 17 luglio del 1617.
Persecutore dei demoni
La lotta, le sfide e lo scontro anche fisico con il demonio sono nota caratterizzante nella iconografia. La tradizione leggendaria narra tra l’altro che San Filippo, legato dal diavolo da pesantissime catene se ne sia immediatamente liberato, mentre satana legato con i suoi capelli o alcuni fili della sua barba, sia ricorso all’aiuto dei fratelli demoni dell’inferno, dove San Filippo li ha cacciati, ritornando nero per la fuliggine. La tradizione ad Agira narra anche che dopo una lotta fisica in una grotta durata tutta una notte, il demonio sconfitto fuggi provocando un buco nella roccia che, pertanto, viene detta rutta pirciata (grotta bucata). Si narra altresì ad Agira che San Filippo vinse il diavolo nel lancio più lontano della roccia che ora si trova nella cappella detta Pietra di San Filippo. Lo storico Tommaso Fazello recatosi ad Agira nel 1541 testimonia di avere assistito nella sua chiesa, nella giornata del 12 maggio, alla liberazione contemporaneamente di ben duecento indemoniati per lo più di sesso femminile.
L’agiografia
San Filippo è conosciuto grazie ad un consistente gruppo di scritti, in prosa e poesia, agiografici e innografici in lingua greca e, in particolare, da due agiografie e un Canone. Altri dati che ci aiutano a conoscere san Filippo, il suo contesto storico, il suo ambiente di fede, vengono dalla vita di San Luca Casali di Nicosia e da un altro gruppo di testi agiografici su San Leone Luca da Corleone, San Cristoforo, la moglie Kalì ed i loro figli Saba e Macario anch’essi santi, Luca di Armento, Vitale da Castronovo, vissuti nel IX o nel X secolo, formatisi nel convento di Agira e da qui transitati in Calabria e Lucania dove diffusero il culto di san Filippo e fondarono monasteri con il suo nome. Le due Vite che non ci danno due ricostruzioni storiche della personalità/figura di San Filippo, rispettano, però, le coordinate agiografiche diffuse dal Delehaye e indicate dai Bollandisti, come necessarie e indispensabili per stabilire la storicità di un santo: il luogo di sepoltura, il giorno e il mese della morte di san Filippo. Le Vite sono state scritte in tempi assai distanti l’una dall’altra, contraddistinte dalla diversa consistenza, sono dal valore molto dissimile, sono portavoce di due differenti tradizioni. Il Bìos più antico e più ampio, scritto nel IX-X secolo (880-900), forse nello scriptorium del monastero di Agira, è attribuito a un monaco di nome Eusebio, che si dice compagno del santo e ritenuto santo egli stesso. Il Bìos più recente è stato scritto verosimilmente nel monastero di san Filippo il Grande di Messina nel XIII-XIVsec, tre/quattrocento anni dopo quello di Eusebio, è per tramite del Canone palesemente dipendente da quello e ne segue la trama narrativa, è assai più breve, è stato attribuito erroneamente all’arcivescovo di Alessandria Atanasio ((295-373), autorevole autore della vita di Sant’Antonio. Eusebio colloca San Filippo ai tempi dell’imperatore Arcadio che governò dal 395 al 408 d.C, il falso San Atanasio ai tempi dell’imperatore Nerone che regnò dal 54 al 68 d.C, e lo dice mandato dall’apostolo Pietro.
La vexata questio
Le due Vite, spesso analizzate con una metodologia non sempre adeguata e corretta, non ci fanno conoscere chi siano stati in realtà i loro autori. Le due diverse datazioni a partire del XVI secolo hanno generato due correnti di pensiero che sono state, per secoli aspramente contrapposte, ma che ora sono entrambe superate da una terza scientifica acquisizione che risulta più verosimile. L’attuale Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, mons. Cesare Pasini, autore della edizione critica di entrambi le Vite su San Filippo, ricostruite nel testo quanto più vicino possibilie ai testi originari, ha rivoluzionato le posizioni esistenti. Nelle sue diverse pubblicazioni, dopo aver seguito la storia dei codici riportanti la Vita in greco di San Filippo, fondandosi sul Bìos di Eusebio, ritenuto il solo attendibile per uno studio scientifico, con argomentazioni pertinenti e motivate nel 1981, ribatite nel convegno di Agira del 1999, ritenute valide dalla storiografia scientifica militante e del tutto condivisibili, Pasini ha dimostrato che san Filippo di Agira non sarebbe potuto vivere nè nel I secolo nè nel V, ma lungo il VII secolo, forse toccando il primo decennio dell’VIII secolo. Tale periodo fu contrassegnato da una forte migrazione di persone verso la Sicilia e l’Italia meridionale sospinte dalle impossibili condizioni di vita imposte dalle scelte politiche degli imperatori di Oriente.
Il culto
Il suo dies natalis per la vita a fianco di Dio è il 12 maggio, giorno della morte, in un anno storicamente non precisabile, divenuto nella più che millenaria mai interrotta tradizione, dies festus. Il modello di vita di San Filippo fu assunto come esempio e praticato dai monaci che, secondo la loro tradizione, costruirono un convento accanto alla chiesa che custodiva le sue reliquie. Il monastero, di cui San Filippo è solo eponimo, diventò ben presto il più famoso del suo tempo in Sicilia e centro di irradiazione nel X secolo della sua pratica di vita. La greca Agyrion, la romana Agirium, in onore di San Filippo dall’inizio del basso medioevo, per un millennio è stata chiamata San Filippo di Argirione o di Argirò e sanfulippani i suoi abitanti. Il suo culto è radicato fortemente lungo la costa ionica della Sicilia da Capo Passero a Capo Peloro, della Calabria da Laurito a Pellaro a Gerace, e della Basilicata. E’ caratterizzato da intensa e profonda fede con manifestazioni particolarissime: ad Agira (viaggi dei devoti scalzi con grossi ceri votivi nella Processione del Perdono) a Calatabiano (discesa e salita di corsa dal castello, ‘a calata e ‘a cchianata); a Limina (il santo corre per circa 6 km e fa i “giri”/balla). In Sicilia non esiste provincia che non abbia una chiesa dedicata a San Filippo di Agira. Gli altari o le cappelle a lui dedicati non si contano.
Uno stereotipo inesistente
La tradizione che gli agirini da sempre preferiscono la datazione della venuta di San Filippo nel I secolo mandato da San Pietro papa è destituita da ogni fondamento ed è nata con la fine del XV e gli inizi del XVI secolo con la diffusione della Vita pseudoatanasiana, sino ad allora sconosciuta. A dimostrarlo sono i codici esistenti presso la cattedrale di Palermo in uso sino a tutto il 1400 e 1500 che riportano solamente la datazione eusebiana. La tradizione che fa risalire “l’antichità della propria Chiesa locale all’epoca apostolica o nei primi tre secoli permane ancora oggi in pubblicazioni, pur ricche di erudizione, ma preoccupate solo di difendere, contro l’evidenza scientifica, queste “venerande” e “pie” tradizioni”( Mons. Gaetano Zito). Allo stato attuale della ricerca storica, la tradizione che vuole San Filippo venuto ai tempi di san Pietro va annoverata, quindi, nel numero di quelle leggende locali finalizzate ad accrescere il prestigio del santo o della istituzione cui si riferiscono, non di certo alla ricostruzione storica, che non toglie nulla alla fede per il santo, ma anzi lo colloca in una visione più umana e realistica.
L’iconografia
L’iconografia ricorrente più antica lo rappresenta di pelle bianca, barbato, per lo più stante e benedicente in abiti sacerdotali nella foggia bizantina o romana o nell’atto di liberare un posseduto dal demonio, raffigurato come drago con ali di pistrello, a volte con volto umanoide. In qualche opera più recente, XVIII sec., il diavolo ha forme umane con coda e corna. A Laurito San Filippo viene presentato con mitria e pastorale, da leggersi più come insegne pontificali di un abate che non come quelle di un vescovo, per l’antica provenienza monastica del culto in quel luogo. Spesso il demonio è posto sotto i piedi del Santo legato con grosse catene. In opere create dal XVI secolo, in particolare modo nell’aria territoriale alle pendici dell’Etna, simbolo emblematico dell’inferno nel Medioevo, è rappresentato con mani e faccia neri. San Filippo è invocato per la liberazione dei posseduti del demonio, per le guarigioni, nei terremoti, per la siccità ed in ogni difficoltà personale ritenuta insuperabile.
Di lingua e cultura siriaca, nacque per un miracolo concesso ai suoi genitori che avevano perduto i tre figli nella piena del fiume Sagarino, mentre ritornavano a casa con il loro gregge. Offerto dal padre e dalla madre a Dio, Filippo all’età di ventuno anni venne a Roma, ottenendo lungo il viaggio da Dio la fine della tempesta che minacciava di fare affondare la nave. A Roma, dopo avere ricevuto miracolosamente la facoltà di parlare in latino, venne consacrato presbitero ed ebbe da un papa, del quale non si conosce il nome, la missione di evangelizzare la Sicilia centro orientale e liberare Agira dalla terribile infestazione dei diavoli, per mezzo di un oros apostolikòs affidatogli dallo stesso papa, probabilmente la cosidetta “preghiera di San Filippo” utilizzata da San Fantino in Macedonia per guarire un malato. Da Roma raggiunse Messina e quindi Agira. Qui trovò riparo in una grotta fuori dall’abitato ov’erano tre colonne e tre gradini, tagliati da pietre perfette; là stava seduto, secondo l’abitudine. Dopo due giorni salìto sulla sommità del monte liberò dai demoni, grazie alla sua preghiera, l’allora Argirium, dove visse la maggior parte della sua vita e morì probabilmente all’età di 63 anni. San Filippo è santo che compie miracoli in vita e in morte a testimonianza della grande predilezione di Dio. La sua figura ha come lineamenti distintivi storicamente netti e inequivocabili di presbitero taumaturgo e persecutore dei demoni. In vita la sua fama di persecutore dei demoni e di santo che compie miracoli gli procurò molto fama per tutta la Sicilia. L’agiografia del IX sec. ne descrive venti in vita e in morte tra i quali la guarigione di uno storpio, di una emorroissa, la resurrezione di un giovane presso la fontana Maimone di Agira, morto per un sortilegio del demonio, la liberazione di una giovane dalla possessione del demonio, e quella di dodici cittadini di Agrigenti da una condanna ingiusta. Uno dei più noti miracoli è la nascita del suo discepolo San Filippo diacono palermitano, venerato ad Agira come compatrono..
Le reliquie
Ad Agira fu sepolto, secondo la tradizione, nell’arca inferiore delle due costruite nella cripta/cateva, dove le sue ossa hanno riposato per secoli. Sulla tomba fu costruita una chiesa a forma di croce su precisa indicazione del Santo da un suo nobile devoto della regione di nome Belisario. L’ultima e più rinomata inventio delle sue reliquie è avvenuta unitamente a quelle di San Filippo Diacono, San Eusebio monaco e San Luca Casali. Per la contraddittorietà dei documenti, il ritrovamento non è databile con esattezza, ma deve collocarsi nell’ultimo quinquennio del 1500. Il riconoscimento canonico delle reliquie è avvenuto da parte di mons. Filippo Giordì nel 1604 durante la sua visita dell’allora abbazia di Santa Maria Latina di Gerusalemme o di San Filippo de Argyrione, su incarico regio, mentre la loro prima riposizione nell’attuale cassa di argento è del 17 luglio del 1617.
Persecutore dei demoni
La lotta, le sfide e lo scontro anche fisico con il demonio sono nota caratterizzante nella iconografia. La tradizione leggendaria narra tra l’altro che San Filippo, legato dal diavolo da pesantissime catene se ne sia immediatamente liberato, mentre satana legato con i suoi capelli o alcuni fili della sua barba, sia ricorso all’aiuto dei fratelli demoni dell’inferno, dove San Filippo li ha cacciati, ritornando nero per la fuliggine. La tradizione ad Agira narra anche che dopo una lotta fisica in una grotta durata tutta una notte, il demonio sconfitto fuggi provocando un buco nella roccia che, pertanto, viene detta rutta pirciata (grotta bucata). Si narra altresì ad Agira che San Filippo vinse il diavolo nel lancio più lontano della roccia che ora si trova nella cappella detta Pietra di San Filippo. Lo storico Tommaso Fazello recatosi ad Agira nel 1541 testimonia di avere assistito nella sua chiesa, nella giornata del 12 maggio, alla liberazione contemporaneamente di ben duecento indemoniati per lo più di sesso femminile.
L’agiografia
San Filippo è conosciuto grazie ad un consistente gruppo di scritti, in prosa e poesia, agiografici e innografici in lingua greca e, in particolare, da due agiografie e un Canone. Altri dati che ci aiutano a conoscere san Filippo, il suo contesto storico, il suo ambiente di fede, vengono dalla vita di San Luca Casali di Nicosia e da un altro gruppo di testi agiografici su San Leone Luca da Corleone, San Cristoforo, la moglie Kalì ed i loro figli Saba e Macario anch’essi santi, Luca di Armento, Vitale da Castronovo, vissuti nel IX o nel X secolo, formatisi nel convento di Agira e da qui transitati in Calabria e Lucania dove diffusero il culto di san Filippo e fondarono monasteri con il suo nome. Le due Vite che non ci danno due ricostruzioni storiche della personalità/figura di San Filippo, rispettano, però, le coordinate agiografiche diffuse dal Delehaye e indicate dai Bollandisti, come necessarie e indispensabili per stabilire la storicità di un santo: il luogo di sepoltura, il giorno e il mese della morte di san Filippo. Le Vite sono state scritte in tempi assai distanti l’una dall’altra, contraddistinte dalla diversa consistenza, sono dal valore molto dissimile, sono portavoce di due differenti tradizioni. Il Bìos più antico e più ampio, scritto nel IX-X secolo (880-900), forse nello scriptorium del monastero di Agira, è attribuito a un monaco di nome Eusebio, che si dice compagno del santo e ritenuto santo egli stesso. Il Bìos più recente è stato scritto verosimilmente nel monastero di san Filippo il Grande di Messina nel XIII-XIVsec, tre/quattrocento anni dopo quello di Eusebio, è per tramite del Canone palesemente dipendente da quello e ne segue la trama narrativa, è assai più breve, è stato attribuito erroneamente all’arcivescovo di Alessandria Atanasio ((295-373), autorevole autore della vita di Sant’Antonio. Eusebio colloca San Filippo ai tempi dell’imperatore Arcadio che governò dal 395 al 408 d.C, il falso San Atanasio ai tempi dell’imperatore Nerone che regnò dal 54 al 68 d.C, e lo dice mandato dall’apostolo Pietro.
La vexata questio
Le due Vite, spesso analizzate con una metodologia non sempre adeguata e corretta, non ci fanno conoscere chi siano stati in realtà i loro autori. Le due diverse datazioni a partire del XVI secolo hanno generato due correnti di pensiero che sono state, per secoli aspramente contrapposte, ma che ora sono entrambe superate da una terza scientifica acquisizione che risulta più verosimile. L’attuale Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, mons. Cesare Pasini, autore della edizione critica di entrambi le Vite su San Filippo, ricostruite nel testo quanto più vicino possibilie ai testi originari, ha rivoluzionato le posizioni esistenti. Nelle sue diverse pubblicazioni, dopo aver seguito la storia dei codici riportanti la Vita in greco di San Filippo, fondandosi sul Bìos di Eusebio, ritenuto il solo attendibile per uno studio scientifico, con argomentazioni pertinenti e motivate nel 1981, ribatite nel convegno di Agira del 1999, ritenute valide dalla storiografia scientifica militante e del tutto condivisibili, Pasini ha dimostrato che san Filippo di Agira non sarebbe potuto vivere nè nel I secolo nè nel V, ma lungo il VII secolo, forse toccando il primo decennio dell’VIII secolo. Tale periodo fu contrassegnato da una forte migrazione di persone verso la Sicilia e l’Italia meridionale sospinte dalle impossibili condizioni di vita imposte dalle scelte politiche degli imperatori di Oriente.
Il culto
Il suo dies natalis per la vita a fianco di Dio è il 12 maggio, giorno della morte, in un anno storicamente non precisabile, divenuto nella più che millenaria mai interrotta tradizione, dies festus. Il modello di vita di San Filippo fu assunto come esempio e praticato dai monaci che, secondo la loro tradizione, costruirono un convento accanto alla chiesa che custodiva le sue reliquie. Il monastero, di cui San Filippo è solo eponimo, diventò ben presto il più famoso del suo tempo in Sicilia e centro di irradiazione nel X secolo della sua pratica di vita. La greca Agyrion, la romana Agirium, in onore di San Filippo dall’inizio del basso medioevo, per un millennio è stata chiamata San Filippo di Argirione o di Argirò e sanfulippani i suoi abitanti. Il suo culto è radicato fortemente lungo la costa ionica della Sicilia da Capo Passero a Capo Peloro, della Calabria da Laurito a Pellaro a Gerace, e della Basilicata. E’ caratterizzato da intensa e profonda fede con manifestazioni particolarissime: ad Agira (viaggi dei devoti scalzi con grossi ceri votivi nella Processione del Perdono) a Calatabiano (discesa e salita di corsa dal castello, ‘a calata e ‘a cchianata); a Limina (il santo corre per circa 6 km e fa i “giri”/balla). In Sicilia non esiste provincia che non abbia una chiesa dedicata a San Filippo di Agira. Gli altari o le cappelle a lui dedicati non si contano.
Uno stereotipo inesistente
La tradizione che gli agirini da sempre preferiscono la datazione della venuta di San Filippo nel I secolo mandato da San Pietro papa è destituita da ogni fondamento ed è nata con la fine del XV e gli inizi del XVI secolo con la diffusione della Vita pseudoatanasiana, sino ad allora sconosciuta. A dimostrarlo sono i codici esistenti presso la cattedrale di Palermo in uso sino a tutto il 1400 e 1500 che riportano solamente la datazione eusebiana. La tradizione che fa risalire “l’antichità della propria Chiesa locale all’epoca apostolica o nei primi tre secoli permane ancora oggi in pubblicazioni, pur ricche di erudizione, ma preoccupate solo di difendere, contro l’evidenza scientifica, queste “venerande” e “pie” tradizioni”( Mons. Gaetano Zito). Allo stato attuale della ricerca storica, la tradizione che vuole San Filippo venuto ai tempi di san Pietro va annoverata, quindi, nel numero di quelle leggende locali finalizzate ad accrescere il prestigio del santo o della istituzione cui si riferiscono, non di certo alla ricostruzione storica, che non toglie nulla alla fede per il santo, ma anzi lo colloca in una visione più umana e realistica.
L’iconografia
L’iconografia ricorrente più antica lo rappresenta di pelle bianca, barbato, per lo più stante e benedicente in abiti sacerdotali nella foggia bizantina o romana o nell’atto di liberare un posseduto dal demonio, raffigurato come drago con ali di pistrello, a volte con volto umanoide. In qualche opera più recente, XVIII sec., il diavolo ha forme umane con coda e corna. A Laurito San Filippo viene presentato con mitria e pastorale, da leggersi più come insegne pontificali di un abate che non come quelle di un vescovo, per l’antica provenienza monastica del culto in quel luogo. Spesso il demonio è posto sotto i piedi del Santo legato con grosse catene. In opere create dal XVI secolo, in particolare modo nell’aria territoriale alle pendici dell’Etna, simbolo emblematico dell’inferno nel Medioevo, è rappresentato con mani e faccia neri. San Filippo è invocato per la liberazione dei posseduti del demonio, per le guarigioni, nei terremoti, per la siccità ed in ogni difficoltà personale ritenuta insuperabile.
La vita di S.Filippo d'Agira
http://www.agira.org/Pubblicazioni/la-vita-di-san-filippo-dagira.html
Del beato Filippo il Cacciaspiriti Preghiera di benedizione per una casa
www.filippodagira.it è un portale di approfondimento sulla figura di San Filippo d’Agira.
Il progetto è realizzato da devoti e studiosi che hanno a cuore il culto e la valorizzazione del Santo, nonché la promozione dei territori dove quest’ultimo è venerato.
Saint PHILIPPE, originaire de Thrace, prêtre, apôtre et exorciste à Agira en Sicile (Vème siècle).
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91317
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