martedì 9 maggio 2017

Santi di Sikelia per il 10 Maggio primo millennio



Risultati immagini per ic cx ni k 

Santi Alfio,Filadelfo e Cirino fratelli di sangue e martiri a Lentini in Sicilia insieme con i Santi Onesimo ed Erasmo ed altri 14 compagni  al tempo di Decio  tra il 250 e il 251

Tratto da

http://www.santiebeati.it/dettaglio/90308

Le notizie che possediamo sulla vita e sul martirio dei tre fratelli, Alfio, Filadelfo e Cirino, il cui culto è molto diffuso in quasi tutta la Sicilia Orientale fin dall'alto medioevo, sono tutte contenute in un documento, che gli studiosi delle vite dei Santi fanno risalire al secondo decennio della seconda metà del secolo X, al 960 circa: si tratta di una lunga e minuziosa narrazione scritta da un monaco, certamente basiliano, di nome proprio Basilio, e con verosimiglianza a Lentini in provincia di Siracusa, come si evince dalla precisa indicazione dei luoghi, delle tradizioni e dei costumi della comunità là esistente. Il manoscritto, che si compone di più parti, alla fine della terza parte si chiude con questo periodo, ovviamente in greco: "Con l'aiuto di Dio venne a fine il libro dei SS. Alfio, Filadelfo e Cirino, scritto per mano del monaco Basilio".
Il prezioso scritto si conserva nella Biblioteca Vaticana, segnato col numero 1591, proveniente dal monastero di Grottaferrata, nei pressi di Roma.
Secondo il manoscritto citato i nostri Santi hanno subito il martirio nella persecuzione di Valeriano e precisamente nel 253.
I tre fratelli sono nati a Vaste, in provincia di Lecce, il padre Vitale apparteneva a famiglia patrizia e la madre, Benedetta, affrontò direttamente e spontaneamente l'autorità imperiale per manifestare la propria fede e sottoporsi al martirio. Il prefetto Nigellione, giunto a Vaste per indagare sulla presenza di cristiani, compie i primi interrogatori e, viste la costanza e la fermezza dei tre fratelli, decide di inviarli a Roma insieme con Onesimo, loro maestro, Erasmo, loro cugino, ed altri quattordici. Da Roma, dopo i primi supplizi, vengono mandati a Pozzuoli, dal prefetto Diomede, il quale sottopone alla pena di morte Erasmo, Onesimo e gli altri quattordici e invia i tre fratelli in Sicilia da Tertullo, a Taormina; qui vengono interrogati e tormentati e poi mandati a Lentini, sede ordinaria del prefetto, con l'ordine che il viaggio sia compiuto con una grossa trave sulle spalle. I tre giovani sono liberati dalla trave da una forte tempesta di vento; passano da Catania, dove vengono rinchiusi in una prigione, che ancora oggi è indicata con la scritta "Sanctorum Martyrum Alphii Philadelphi et Cyrini carcer", in una cripta sotto la chiesa dei Minoritelli; in questo viaggio, secondo un'antica tradizione molto diffusa, confortata peraltro da un culto mai interrotto, sono passati per Trecastagni, perché la normale via lungo la costa era impraticabile a causa di una eruzione dell'Etna. Nel cammino da Catania a Lentini avvengono vari prodigi e conversioni: si convertono addirittura i venti soldati di scorta e il loro capo Mercurio, che Tertullo fa battere aspramente e uccidere. Entrando in Lentini i tre fratelli liberano un bambino ebreo indemoniato e ammalato, convertono alla fede molti ebrei che abitano in quella città e che successivamente sono condannati alla lapidazione. Presentati a Tertullo sono sottoposti prima a lusinghe e poi ad ogni genere di supplizi: pece bollente sul capo rasato, acutissimi chiodi ai calzari, strascinamento per le vie della città sotto continue battiture. Sono prodigiosamente guariti dall'apostolo Andrea e operano ancora miracoli e guarigioni fino a quando Tertullo non ordina che siano sottoposti al supplizio finale: Alfio con lo strappo della lingua, Filadelfo posto su una graticola rovente e Cirino immerso in una caldaia di pece bollente. I loro corpi, trascinati in un luogo detto Strobilio vicino alle case di Tecla e Giustina, e gettati in un pozzo, ricevono dalle pie donne sepoltura in una grotta, ove in seguito viene edificata una chiesa.



Tratto da

http://sottolapietra.blogspot.it/p/i-tre-santi-a.html



Dopo la morte, la storia delle reliquie dei Tre fratelli si avvolge nel mistero, allo stesso modo è strettamente collegata con la storia di San Fratello.



Secondo gli storici fu Costantino, tredicesimo vescovo di Lentini intorno al 787 d.C., che intimorito dai pericoli di una imminente invasione musulmana, volle in gran segreto il trasferimento delle sacre reliquie.

A questo punto ci sono diversi documenti contradditori. Un documento ecclesiastico fa risalire al 1516 il ritrovamento delle reliquie dei Tre Santi nel monastero di San Filippo di Fragalà nel comune di Frazzanò, accompagnate da un manoscritto in greco antico.



La storia ipotizzata dagli studiosi narra che fu lo stesso Costantino Vescovo di Lentini a scrivere il manoscritto che accompagnava le reliquie:



Nell'anno del Signore Nostro Gesù Cristo, benedetto sia in eterno, io Costantino, vescovo dell'augusta Città di Lentini, fui costretto con grande dolore a portare con me, tutte le venerate reliquie dei Santi Patroni della chiesa Lentinese. I tempi in cui ho vissuto, furono assai gravi e tristi per tutti i cristiani. I Musulmani sono ormai alle porte della nostra amata terra di Sicilia. Anche la mia amata città è ormai in pericolo. Per questo, in forza della mia autorità ho traslato i Santi corpi dei miei Martiri, in luoghi più sicuri. Ho deciso pertanto di dirigermi, notte tempo, verso il Monastero della Gran Madre di Dio, Santa Maria dei Palati, della antica città di Alunzio, mia casa natale. Le gloriose reliquie che accuratamente avvolsi in drappi liturgici e accuratamente chiusi in casse con il presente scritto, sono dei miei diletti Santi Protettori:  Alfio, Filadelfo e Cirino e con loro anche le gloriose Vergini e Martiri Tecla, Giustina, Eutralia, Epifania, Eutropia, Isidora, i valorosi compagni dei tre fratelli, i Martiri Onesimo, Erasmo, ed ancora i Santi Cleonico, Caritone, Neofito, Mercurio, i sette fratelli testimoni muti di Cristo e tanti Martiri gloriosi. Diletti figli che vi accingete a venerare questi insigni fratelli della fede, ricordatevi di me che dalla furia devastatrice dei mori li ho salvati e pregate nostro Signore Gesù Cristo, perchè interceda presso il Padre, Affinchè mi accordi il perdono dei miei peccati. Vi benedico Costantino vescovo.



L'abate, informatone, si premurò di far tradurre il documento che confermò essere quelle ossa i resti umani dei tre giovani fratelli che erano stati martirizzati a Lentini. Grande fu la gioia dei monaci che, dopo una solenne processione, conservarono le reliquie nella loro chiesa, sotto l'altare da tempo consacrato ai tre martiri. La notizia ben presto giunse a Catania e poi a Lentini, dove in breve rivendicarono le reliquie dei Santi.



La spedizione decisiva giunse il 29 agosto 1517, di fronte al convento di Fragalà. Le reliquie furono alla fine consegnate dall'abate agli ambasciatori Lentinesi.



A Lentini si narra che il 2 settembre 1517, ottanta cavalieri entrarono al galoppo in città portando la cassetta con le reliquie dei santi Alfio, Filadelfo e Cirino. Questa fu consegnata ai sacerdoti della chiesa di Lentini e dopo una solenne processione custodita nella Chiesa dei Martiri.

Seguendo l’ipotesi degli storici, è probabile che a San Fratello le ossa furono portate dai monaci basiliani di San Filippo di Fragalà per sottrarli alle devastazioni arabe, giunte ormai anche alle porte del monastero. Non ci sono informazioni per capire se le ossa furono portate presso una costruzione o sotterrati in un punto indicato. Resta il fatto che la tradizione del luogo narra che fu un pastore a ritrovare le Sacre Reliquie dopo che in sogno S. Alfio gli aveva indicato il luogo esatto dove scavare. Un'altra storia attribuisce il ritrovamento direttamente ai Normanni che ripopolarono il Monte Vecchio intorno all’anno 1000.



Da tutto ciò si potrebbe dedurre che le ossa nonostante ebbero vita breve nel territorio di San Fratello, vestirono un ruolo significativo visto che nel XII secolo alcuni indizi ci fanno supporre già della presenza del Santuario dei Tre Santi sul Monte Vecchio e l’affermazione della denominazione “Tre Santi Fratelli/San Filadelfio” nel territorio dell’attuale San Fratello.

Sarebbe ragionevole pensare che, dopo il ritrovamento, le ossa tornarono al monastero di San Filippo di Fragalà e solo parte di queste reliquie vennero lasciate alla vicina città ai piedi della Roccaforte. Ma si pongono delle domande: "A Lentini nessuno sapeva nulla di questo ritrovamento?"

Visto che il reclamo ufficiale avvenne solamente dopo il ritrovamento del 1516 presso il monastero di San Filippo di Fragalà.



Da un’ipotetica data del XII secolo fino al fatidico 1516 ci sono vari testi che indicano il territorio di San Fratello già dedicato ai Tre Santi: "E' possibile che nessuna spedizione fu inviata alla ricerca delle ossa dei Santi?"

Tratto da

http://www.lentinionline.it/lentini_ss_santi.htm



La Storia dei Martiri: I fratelli, Alfio, Filadelfo e Cirino nascono da Vitale e Benedetta, genitori cristiani, nel III secolo d.C., nella cittadina di Vaste in provincia di Lecce. Furono Martiri della persecuzione romana contro i Cristiani, accusati all'epoca di provocare la generale rovina in cui era caduto l'impero romano. Nel 250 l'imperatore Decio emano' un editto con cui si esigeva che ogni persona sospettata di cristianesimo dovesse offrire incenso ad una qualsiasi divinita' romana, compreso l'imperatore. Il rifiuto di adorare l'imperatore sarebbe stato in sostanza il rifiuto di sottomettersi all'impero e i recalcitranti sarebbero stati condannati a morte. Ed in questo contesto storico alla fine del 251, mentre era a capo dell'impero Treboniano Gallo, succeduto a Decio, un plotone di soldati romani si presentarono a Vaste in Puglia nella casa patrizia di Vitale e Benedetta da Locuste. Hanno l'ordine di tradurre in catene i loro 3 giovani figli, rei di avere elusa la legge con la continua testimonianza di quella fede che avevano assimilato in famiglia. Vennero prima interrogati da Nigellione, delegato dell'imperatore per l'Italia meridionale, il quale, impotente a fiaccarne le loro convinzioni, li fece trasferire a Roma, convinto che, lontani dall'influenza del loro precettore Onesimo, sarebbero stati piu' cedevoli ai voleri delle autorita' imperiali. Qui giunti e rinchiusi nel carcere Memertino ai piedi del Campidoglio, subiscono un altro processo ad opera del prefetto Licinio, conclusosi con un nulla di fatto. Ma, se da un canto non si vuole infierire sui tre giovani fratelli, espressione di una delle piu' ragguardevoli famiglie dell'impero, dall'altro si pretende la loro sottomissione. Ecco perche' vengono trasferiti a Pozzuoli, ove neanche Diomede riesce a piegarli e successivamente in Sicilia, ove dettava legge Tertullo, giovane patrizio romano, che destinato come preside dell'isola, aveva acquistato fama di funzionario integerrimo ed autoritario. Sbarcati a Messina il 25 agosto del 252, i 3 fratelli subiscono un primo processo a Taormina, poi durante il loro doloroso e lungo pellegrinaggio, passano da Trecastagni, alle falde dell'Etna e infine vengono condotti a Lentini, sede di una delle dimore preferite da Tertullo, che per spezzarne la resistenza li volle a se vicini il 3 settembre 252, giorno del loro arrivo, affidandoli al suo vicario Alessandro, con il compito di sostituirlo nell'opera di persuasione durante i giorni in cui sarebbe stato fuori citta'. Viveva allora a Lentini Tecla, di nobile famiglia e ricca proprietaria, cugina di Alessandro e da oltre 6 anni colpita da paralisi alle gambe. Appunto per questo, saputo dei prodigi in nome di Cristo, che durante il tragitto da Roma a Lentini, avevano accompagnato i 3 fratelli,chiese al cugino di poter incontrare quei giovani per un ultimo tentativo di implorare, loro tramite, la sua guarigione. Richiesta che, dato l'immenso affetto che Alessandro nutriva per Tecla, venne esaudita con suo grande rischio in uno dei giorni di assenza di Tertullo. I 3 fratelli rimasero commossi alla vista di quella bella giovane immobilizzata sul letto le promisero che avrebbero pregato per lei. Durante la stessa notte a Tecla comparve in sogno l'apostolo Andrea che, segnatala con un segno di croce, la rassicuro' che sarebbe guarita grazie all'intercessione di quei giovani incarcerati da Tertullo. Cosi' fu. Ella si sveglio' guarita ed ancora con la complicita' dello sbigottito Alessandro, si volle recare subito al carcere per ringraziare i 3 giovinetti che d'allora continuo' a visitare ogni giorno di nascosto, assistendoli, confortandoli e portando loro da mangiare. La sua opera di assistenza purtroppo duro' poco, giacche' Tertullo, arresosi di fronte allo loro inflessibile costanza nella fede in Cristo, emano' la sua inappellabile sentenza, seguita dall'immediata esecuzione: dopo averli fatto girare ammanettati e frustati per le vie di Lentini, esposti allo scherno della plebe inferocita ed urlante, ad Alfio venne strappata la lingua, Filadelfo fu bruciato su una graticola, Cirino fu immerso in una caldaia di olio bollente. Era il 10 maggio del 253 ed Alfio aveva 22 anni e 7 mesi, Filadelfo 21, Cirino 19 e 8 mesi. Su ordine di Tertullo i loro corpi, martirizzati e privi di vita, furono legati con funi e trascinati in una foresta, chiamata "strobilio" per la gran quantita' di pini esistenti. Le spoglie vennero buttate in un pozzo secco, vicino alla casa di Tecla, che ,ormai convertita alla religione di Cristo, nella notte tra il 10 e 11 maggio, accompagnata dalla cugina Giustina e da 11 servi cristiani tra cui 5 donne, estrasse i corpi e, trasportatili in una campagna vicina, diede loro degna sepoltura, sfruttando una piccola grotta che e' quella esistente ancora nella chiesa di Sant'Alfio e sulla quale successivamente nel 261, placatesi le persecuzioni, venne eretto un grande tempio ed essi dedicato. Ancora oggi il 9,10 e 11 maggio di ogni anno si ricorda il martirio con una solenne festa Descrizione: http://www.lentinionline.it/bot_foto.gifche coinvolge l'intera popolazione di Lentini.

La Chiesa e i Martiri: Si concludeva cosi' la breve vita terrena dei tre Santi, ma il loro sangue non era stato versato invano: costitui' il seme di quella Chiesa Leontina che ebbe il privilegio di essere elevata a sede vescovile, privilegio' che tenne sino al 790. Il primo vescovo di Lentini fu Neofito, nuovo nome di quell'Alessandro, vicario di Tertullo, convertitosi anch'egli al cristianesimo e consacrato dallo steso Sant'Andrea nel 259. Seguirono Rodippo (290), Crispo (305), Teodosio Maratonide (338), Feliciano (372), Herodion (407), Teodosio (438), Crescenzio (496), Luciano I (538), Alessandro (600), Lucido (643), Luciano II (649), Costantino (787), con cui si chiude la serie storicamente accertata. Fu appunto quest'ultimo, intimorito dai pericoli di una imminente invasione musulmana, a volere in gran segreto il trasferimento delle sacre reliquie nel suo convento di Fragala' al principio del 9° secolo. e da allora i lentinesi non ne ebbero piu ' notizie. Sino al 22 settembre del 1516 quando alcuni operai, nell'abbattere un muro del monastero di Fragala', trovarono nascosta in un sacco di tela una cassetta contenente ossa umane ed un manoscritto in greco antico. Informato l'abate, questi si premuro 'di far tradurre il documento che confermo 'essere quelle ossa i resti umani dei 3 giovani fratelli che erano stati martirizzati a Lentini. Grande fu la gioia dei monaci che, dopo una solenne processione, conservarono le reliquie nella loro chiesa sotto l'altare da tempo consacrato ai 3 martiri. La notizia ben presto giunse a Catania e poi a Lentini, dove si decise di mandare 5 sacerdoti ed 1 laico alla Badia di Fragala' per sondare gli umori di quei monaci e nello stesso tempo per studiare la topografia del convento nel caso si dovesse optare per un ricorso alla forza. La missione non ebbe purtroppo un esito felice: sulla loro richiesta i monaci non si pronunciarono apertamente, avallarono diritti, chiesero di sentire prima i loro superiori. Al ritorno a Lentini questa presa di posizione fu illustrata dagli sconfitti ambasciatori ai loro concittadini che, desiderosi di avere al piu' presto i resti dei propri Martiri protettori, votarono all'unanimita' in assemblea di armare una spedizione per avere con la forza quello che non erano riusciti ad ottenere con la forza di quella legge naturale che dava loro il diritto al possesso delle sacre reliquie. Questa, al comando di Giovanni Musso, giunse sul far della notte del 29 agosto, di fronte al Convento di Fragala'. Dopo aver bussato ripetutamente e rassicurato i monaci delle loro intenzioni, i lentinesi, visti vani i tentativi di pacifico accesso, decisero l'azione di forza. In breve entrarono nel cortile. Ai monaci, impauriti per quella brusca invasione di armati, parteciparono ancora una volta il nobile scopo della loro missione, che altro non era di ritornare in possesso delle reliquie dei loro Santi protettori; reliquie che alla fine furono loro consegnati dall'abate. il 2 settembre 1517 quindi, 80 cavalieri entrarono al galoppo a Lentini, accolti dagli applausi, e portavano, sorretta da "fra servo di Dio" la cassetta con le reliquie dei Santi Alfio, Filadelfo e Cirino. Questa fu consegnata ai sacerdoti della chiesa di Lentini e dopo una solenne processione custodita nella Chiesa dei Martiri. Ma se il cittadino lentinese era stato soddisfatto nelle sue aspirazioni, la chiesa leontina, non poteva chiudere questo capitolo dell asua nobile storia con quell'atto di forza 'extra legem'. Mando' vari doni ai monaci di Fragala' e successivamente, tramite alla brillante arringa di difesa di Don Costantino, inviato espressamente dal senato Lentinese in Vaticano, chiese e ottenne dal sommo pontefice Leone X la conferma della titolarita' del possesso delle reliquie e la remissione di ogni censura.



Leggere anche




I Santi Martiri di Lentini

http://www.centamore.it/TreSanti/I_Santi_Martiri.asp

LA STORIA DEI SANTI MARTIRI: ALFIO FILADELFO E CIRINO


http://www.webalice.it/tedevi/salfio/LA%20STORIA%20DEI%20SANTI%20MARTIRI.htm




10 MAGGIO SANTI FRATELLI ALFIO,FILADELFO E CIRINO, MARTIRI A LENTINI Canone del tono IV ( senza acrostico) Di San Bartolomeo il Giovane da Rossano


sta in








Sante Tecla Giustina vergini ed Isidora   martire  a Lentini (tra il 250 e il 260



Tratto da http://ordovirginumsicily.blogspot.it/2012/01/le-sante-vergini-consacrate-del-mese-di_19.html



Tecla e Giustina nacquero, vissero e morirono a Lentini città in provincia di Siracusa, nell’arcidiocesi di Siracusa. Erano cugine di ricca e nobile stirpe. Isidora, madre di Tecla, fervente cristiana, subì il martirio e la figlia, colma di fervore per l’esempio della madre, si consacrò a Dio nella verginità, dedicandosi alla cura e alla protezione dei cristiani perseguitati. Ma una malattia che le paralizzò le gambe  la costrinse a rimanere a letto per sei lunghi anni. Intanto, a Lentini, al cospetto di Tertullo, arrivarono in catene tre giovani cristiani: Alfio, Filadelfo e Cirino.  Alessandro, ministro di Tertullo, informò la cugina Tecla del potere taumaturgico dei tre santi fratelli. Ed ella, mossa dal desiderio, chiese di poterli incontrare. In gran segreto ebbe modo di pregare con loro e di ascoltare la loro esortazione a mantenere salda la fede. Per grazia di Dio Tecla ritornò a camminare e, in segno di riconoscenza, si impegnò a visitarli di nascosto portando loro conforto materiale e consolazione spirituale, curando le loro ferite dovute alle continue torture e dando loro, alla fine, degna sepoltura in una grotta di sua proprietà. In questa esemplare opera di misericordia fù accompagnata dalla cugina Giustina, che cieca da un occhio ebbe la grazia della guarigione. Quando cessarono le persecuzioni  le stesse pensarono di costruire due chiese: una sopra la tomba dei santi fratelli martiri e l’altra dedicata alla beata Vergine Maria, cercando, insieme al cugino Alessandro, convertitosi al cristianesimo, di ravvivare la vita della comunità cristiana di Lentini. A tal proposito Tecla scrisse una lettera al vescovo di Roma affinchè tale comunità potesse ritornare ad essere guidata da un degno Pastore. Fu designato a tale missione proprio Alessandro e quando Everio, vescovo di Catania, presiedette la celebrazione di dedicazione della Chiesa della Vergine Maria, vedendo Tecla prostatasi dinanzi, esclamò: "Godi, o Signora, che hai consumato il corso delle prove e hai mantenuto la fede, gioisci amica dei martiri, compagna dei santi, che servisti nella loro vita e in loro memoria templi innalzasti. Sei veramente beata perché hai trovato la pace: Cristo Signore." Entrambe le sante resero serenamente lo spirito il 10 gennaio , Giustina nel 262 e Tecla nel 264 d.C. . La volta della Chiesa madre di Lentini è arricchita da un affresco in cui Giustina è al fianco di Tecla, la loro effige è anche rappresentata sulle ante del prezioso armadio della sagrestia.  Non si trova più la loro menzione nel nuovo Martirologio Romano, tuttavia ad ottobre la contrada Santuzzi, nel comune di Carlentini, al confine con quello di Lentini, festeggia come Santa Patrona e titolare della parrocchia S. Tecla vergine lentinese. 


Nessun commento:

Posta un commento