Saint LEON le Thaumaturge, originaire de Ravenne, évêque de Catane en Sicile (vers 787). (Office traduit en français par le père Denis Guillaume au tome II des Ménées.)
Santo Leone nato a Ravenna e poi
Vescovo di Catania (nel 789)
tratto da http://www.siciliajournal.it/eliodoro-ovvero-a-leggenda-del-vescovo-che-brucio-lanticristo/
Nato a Ravenna da nobile famiglia
cristiana, forse nella prima metà dell’8° secolo (725 ?), Leone, a 23 anni,
dopo avere abbracciato la vita religiosa, era divenuto discepolo del celebre
metropolita Cirillo che reggeva le sorti della comunità religiosa di Reggio (in
Calabria). Uomo santo, quest’ultimo, noto e venerato anche in altre città del Tema di Sicilia (Provincia bizantina che nell’8° secolo
comprendeva anche la Calabria). La comunità cristiana catanese aspettò circa
quindici anni prima di conoscere il successore di Sabino, il loro ultimo
vescovo; ma quando Leone fu indicato come possibile episcopus, era talmente famoso che i fedeli lo ritennero subito
degno di sedere sul seggio, che era stato di san Berillo, con il nome di Leone
II.
Non è chiaro il motivo per cui la
sede vescovile restò vuota per così tanto tempo, ma appare plausibile visto
che, nei decenni in cui è riferita la storia, Roma e Costantinopoli erano già
in piena lotta iconoclasta. Inoltre, fra il 7° e l’8° secolo si era accentuata
in Sicilia la penetrazione dell’elemento ecclesiastico greco-bizantino che
faceva capo al patriarcato di Costantinopoli, ma la dipendenza giuridica delle
diocesi latine, almeno fino al 731, era ufficialmente dal patriarcato di Roma.
Nell’8° secolo, a Costantinopoli, dominavano le figure degli imperatori Leone
III Isaurico (717-741) e del
figlio Costantino V Copronimo
(720-775). Era un momento delicato della vita dell’impero d’Oriente e della
stessa Sicilia, dato che su di essi andava aumentando la pressione
dell’espansionismo arabo momentaneamente bloccato alle porte di Costantinopoli
nel 717-718. La situazione interna non era meno tesa; invece che fare fronte
comune contro la montante ondata musulmana l’imperatore di Costantinopoli pensò
bene di alimentare le discordie pubblicando nel 726 un editto in cui dichiarò
il culto delle immagini sacre alla stregua di quello di idoli e ordinò la
distruzione di queste immagini nelle chiese. È proprio del 730 la promulgazione
del decreto imperiale definitivo che mise al bando le immagini nel mondo
cristiano (iconoclastia). Ma la solidità del legame della Chiesa latina siciliana
con la liturgia di Roma si dimostrò proprio in questa occasione. La
maggioranza dei monaci prende le difese delle icone e delle reliquie, che sono
per loro fonte di sopravvivenza e di ricchezza
Non a caso, a cavallo di
quel periodo, salirono sul trono di Pietro, ben cinque pontefici siciliani:
sant’Agatone (678-681), san Leone II (682-683), Conone (686-687), san Sergio
(687-701) e Stefano III (768-772). Le comunità cristiane siciliane quindi non
aderirono né al primo (726) né al secondo (730) decreto contro il culto delle
immagini dell’imperatore, e subirono, a partire appunto dal 731, la sua
ritorsione, che colpì non solo la Sicilia, ma anche la Calabria, l’Acaia,
l’Illirio e l’Epiro. Infatti, subito dopo che papa Gregorio III da Roma
manifestò il suo dissenso dichiarando legittimo il culto delle immagini,
l’imperatore Leone III Isaurico
confiscò le rendite della chiesa romana nei territori dell’Italia bizantina e
ne sottopone le diocesi al patriarcato di Costantinopoli. Questo è il contesto
storico in cui si dovrebbero inserire le azioni del nostro personaggi
Tratto da http://www.santiebeati.it/dettaglio/92495
Leone, nacque a Ravenna, nel 720
d.C. Sin da bambino sentiva il richiamo di Dio, si narra che la madre lo vide
in ginocchio assorto in preghiera all'età di due anni. Ancora giovane entrò
nell'ordine dei monaci benedettini e si trasferì a Reggio Calabria. Qui rimase
fin quando fu eletto Vescovo di Catania, si narra che i catanesi, dovendo
eleggere un nuovo Vescovo, avessero avuto in sogno da un angelo che a Reggio
Calabria vivesse un uomo, Leone in odore di santità, che sarebbe stato la
persona giusta per ricoprire la carica di Vescovo. Inizialmente Leone, non
ritenendosi degno, non volle accettare, ma dopo le insistenze dei catanesi,
divenne Vescovo di Catania. In quegli anni, in tutto l'Impero Bizantino era in
atto la feroce distruzione delle immagini sacre "iconoclastia".Coloro
che non ubbidivano all'editto che metteva al bando le icone, ritenute segno di
idolatria, venivano incarcerati e spesso finivano sul patibolo. Il Vescovo di
Catania si oppose apertamente alle leggi imperiali. Per questo il governatore
bizantino della Sicilia ordinò l'arresto di Leone che fu costretto a lasciare
Catania e a rifugiarsi sulle montagne. Vagò per anni nelle boscose cime dei
Nebrodi, nei dintorni di Longi e Sinagra, protetto dal popolo che vedeva in lui
il fiero oppositore alle leggi inique dell'Impero.
Giunse, infine, a Rometta. Qui, sulle vicine montagne peloritane, visse da eremita in una grotta da lui stesso scavata. Dopo molti anni ritornò a Catania dove riprese il suo seggio vescovile e a lottare sempre con più energia contro le leggi iconoclaste. Nella città etnea si spense il 20 febbraio del 789.
Giunse, infine, a Rometta. Qui, sulle vicine montagne peloritane, visse da eremita in una grotta da lui stesso scavata. Dopo molti anni ritornò a Catania dove riprese il suo seggio vescovile e a lottare sempre con più energia contro le leggi iconoclaste. Nella città etnea si spense il 20 febbraio del 789.
Tratto da
Secondo
la tradizione al tempo del vescovado di Leone, Catania era asserragliata da un
perfido mago, un negromante, Eliodoro , i cui poteri straordinari gli
consentivano addirittura di spostarsi volando, da Costantinopoli a Catania a
dorso di un elefante, lo stesso che la tradizione popolare addita come
l’elefante di Piazza Duomo, il simbolico Liotru nome che infatti deriva
dalla storpiatura di Eliodoro.
Un
giorno, mentre San Leone celebrava gli Uffici Divini nell’antica chiesa di
Santa Maria di Bettlemme, che sorgeva in loco dell’attuale Cattedrale ,
Eliodoro e i suoi discepoli entrarono nel tempio bestemmiando e pronunciando blasfemie verso la religione
cristiana e il Vescovo. San Leone da parte sua non si scompose e completò le
Celebrazioni, al termine delle quali si rivolse al mago per porgli una sfida.
Fu arso un rogo di fronte alla chiesa, e chi dei due avrebbe attraversato le
fiamme e ne sarebbe uscito incolume, sarebbe stato colui la cui dottrina
predicata è verità e degna di fede. Il primo ad attraversare il fuoco fu il
Santo vescovo, e tra lo stupore e la meraviglia dei presenti rimase illeso. Lo
seguì il perfido Eliodoro, che nonostante il suo ricorso alla magia, rimase
prigioniero delle fiamme, immobilizzato anche dalla stola che Leone gli
lanciò. Così Catania fu liberata dalle oscure trame del mago, e rimase fedele
al suo vescovo e alla dottrina cristiana
Tratto da
http://www.parrocchialongi.org/san-leone-vescovo
S. Leone, detto per gli innumerevoli miracoli operati,
il Taumaturgo, nacque a Ravenna. Trascorsa la fanciullezza e la gioventù fra
gli studi più seri e l’esercizio delle virtù cristiane, fu ordinato sacerdote a
23 anni e preposto al clero metropolitano dal Vescovo di Ravenna.
Mal sopportando, nella sua grande umiltà, le dimostrazioni di stima e di venerazione che il popolo gli prestava, una notte, eludendo la vigilanza dei suoi, fuggì alla volta di Reggio Calabria dove restò nel silenzio e nella solitudine.
Ma Cirillo, vescovo di Reggio, intuendo la santità del giovane presbitero, lo elevò alla dignità di Arcidiacono. La fama delle sue virtù si propagò subito in tutta la Calabria e la Sicilia.
Allora i Vescovi venivano eletti dal popolo e la Divina Provvidenza volle che alla morte di S. Sabino, i catanesi non potessero accordarsi sulla elezione del nuovo presule. Finalmente nella determinazione comune di fare tre giorni di digiuno e di preghiere allo Spirito Santo, dopo i quali tutti furono d’accordo nell’eleggere il Sacerdote Leone, arcidiacono di Reggio Calabria. Questi credendosi indegno rifiutò, ma il vescovo Cirillo gli comandò di accettare e, venuta la conferma da Roma, fu Consacrato.
Leone si diede subito alla riforma della disciplina ecclesiastica, alla conversione dei peccatori ed alla estirpazione degli ultimi resti di paganesimo.
Un certo Eliodoro, mago potente, con le sue stregonerie, che esercitava con l’aiuto del demonio, aveva disturbato la vita religiosa in Catania; fomentava il mal costume, metteva in ridicolo il Vescovo e le Sacre funzioni. Il santo pastore pregava Dio che liberasse la città da tanto male ed aumentava le sue penitenze a questo scopo. Un giorno durante il solenne pontificale, entrò nella chiesa Eliodoro, cercando di disturbare il sacro rito. S. Leone, nella maestà degli abiti pontificali, compì subito gli esorcismi contro le legioni di demoni che certamente erano incorporati nel mago, e avvinghiandogli il collo con la sua stola lo trasse fuori di chiesa e, fatto preparare un gran fuoco, lo arse vivo; né trasse la mano e la stola finché non lo vide ridotto in perfetta cenere. Il Vescovo restò miracolosamente illeso, e le sue vesti e la sua stola rimasero intatte. Il popolo ne fu impressionato, mentre i seguaci del mago si affrettarono a chiedere perdono e misericordia, che fu loro concessa.
Dalle narrazioni, in latino, della vita del nostro santo, apprendiamo che nel più bel sito di Catania si trovava un tempio pagano sormantato da due statue di ammirabile bellezza e grandezza. Non si era mai potuto abbattere questo tempio perché, appena si cominciavano i lavori, terribili terremoti e fulmini potenti ne impedivano il proseguimento. Il santo presule, indisse delle preghiere e dei digiuni speciali, e si recò in quel luogo seguito da gran popolo. Ivi prostratosi in fervente orazione, e compiuti gli esorcismi contro i demoni, a gran voce comandò loro di allontanarsi immediatamente. Con gran frastuono si vide subito il tempio rovinare e diventare un ammasso di macerie. Questo tempio era quello di Cerere o Demeter, le cui rovine si vedevano fino al 1556.
S. Leone , l’8 marzo del 778, eresse sui ruderi del distrutto tempio, una croce in onore dei 40 martiri di e la contrada ne pigliò il nome.
Molti furono i miracoli operati da lui e molto popolo, anche da lontano accorreva in Catania, per ottenere guarigioni e grazie.
Negli ultimi anni si ritirò in vita solitaria, nel piccolo convento che egli stesso aveva costruito, attaccato alla chiesa di S. Lucia, fuori la porta di Aci.
Ammalatosi, volle attorno a sé il clero e i rappresentanti del popolo a cui raccomandò la saldezza nella fede e la pratica delle evangeliche virtù, e ricevuti gli ultimi sacramenti il 20 Febbraio 785 rese l’anima a Dio (ecco perché la chiesa ne celebra la festa il 20 febbraio).
Si narra che una nobile Signora siracusana era venuta in Catania, per ottenere dal santo Vescovo, la guarigione di una malattia. Appena passata la porta Ariana, avendo saputo che il corpo del grande santo veniva portato alla sepoltura, accelerato il passo, con gran fede, andò a toccarne le sacre vesti e ne restò all’istante guarita.
IL santo fu sepolto nella chiesa di S. Lucia. La sua tomba, prima dell’occupazione saracena, era veneratissima, anzi i Menei greci aggiungono che dalla sua urna scaturiva un olio miracoloso. Il suo corpo, assieme a quello di S. Agata, fu trasportato a Costantinopoli da Giorgio Maniace. Oggi si trova a Roma, dietro l’altare maggiore della chiesa di S. Martino ai Monti, ivi trasportato dai monaci greci che per lungo tempo ufficiarono questa chiesa. Esso è unito ai corpi di altri santi e non può identificarsi; però si hanno delle insigni reliquie: un osso del braccio(conservato nella chiesa di S. Nicolò all’Arena in Catania); altre due reliquie sono a Saracena (un osso del pollice, chiuso in una bellissima teca d’argento, e un altro che pende dal collo della bellissima statua del santo). Altra reliquia, che si trovava in Catania, fu regalata dal Cardinale Dusmet a Leone XIII nel primo anniversario della sua elezione: 20 Febbraio 1879.
Mal sopportando, nella sua grande umiltà, le dimostrazioni di stima e di venerazione che il popolo gli prestava, una notte, eludendo la vigilanza dei suoi, fuggì alla volta di Reggio Calabria dove restò nel silenzio e nella solitudine.
Ma Cirillo, vescovo di Reggio, intuendo la santità del giovane presbitero, lo elevò alla dignità di Arcidiacono. La fama delle sue virtù si propagò subito in tutta la Calabria e la Sicilia.
Allora i Vescovi venivano eletti dal popolo e la Divina Provvidenza volle che alla morte di S. Sabino, i catanesi non potessero accordarsi sulla elezione del nuovo presule. Finalmente nella determinazione comune di fare tre giorni di digiuno e di preghiere allo Spirito Santo, dopo i quali tutti furono d’accordo nell’eleggere il Sacerdote Leone, arcidiacono di Reggio Calabria. Questi credendosi indegno rifiutò, ma il vescovo Cirillo gli comandò di accettare e, venuta la conferma da Roma, fu Consacrato.
Leone si diede subito alla riforma della disciplina ecclesiastica, alla conversione dei peccatori ed alla estirpazione degli ultimi resti di paganesimo.
Un certo Eliodoro, mago potente, con le sue stregonerie, che esercitava con l’aiuto del demonio, aveva disturbato la vita religiosa in Catania; fomentava il mal costume, metteva in ridicolo il Vescovo e le Sacre funzioni. Il santo pastore pregava Dio che liberasse la città da tanto male ed aumentava le sue penitenze a questo scopo. Un giorno durante il solenne pontificale, entrò nella chiesa Eliodoro, cercando di disturbare il sacro rito. S. Leone, nella maestà degli abiti pontificali, compì subito gli esorcismi contro le legioni di demoni che certamente erano incorporati nel mago, e avvinghiandogli il collo con la sua stola lo trasse fuori di chiesa e, fatto preparare un gran fuoco, lo arse vivo; né trasse la mano e la stola finché non lo vide ridotto in perfetta cenere. Il Vescovo restò miracolosamente illeso, e le sue vesti e la sua stola rimasero intatte. Il popolo ne fu impressionato, mentre i seguaci del mago si affrettarono a chiedere perdono e misericordia, che fu loro concessa.
Dalle narrazioni, in latino, della vita del nostro santo, apprendiamo che nel più bel sito di Catania si trovava un tempio pagano sormantato da due statue di ammirabile bellezza e grandezza. Non si era mai potuto abbattere questo tempio perché, appena si cominciavano i lavori, terribili terremoti e fulmini potenti ne impedivano il proseguimento. Il santo presule, indisse delle preghiere e dei digiuni speciali, e si recò in quel luogo seguito da gran popolo. Ivi prostratosi in fervente orazione, e compiuti gli esorcismi contro i demoni, a gran voce comandò loro di allontanarsi immediatamente. Con gran frastuono si vide subito il tempio rovinare e diventare un ammasso di macerie. Questo tempio era quello di Cerere o Demeter, le cui rovine si vedevano fino al 1556.
S. Leone , l’8 marzo del 778, eresse sui ruderi del distrutto tempio, una croce in onore dei 40 martiri di e la contrada ne pigliò il nome.
Molti furono i miracoli operati da lui e molto popolo, anche da lontano accorreva in Catania, per ottenere guarigioni e grazie.
Negli ultimi anni si ritirò in vita solitaria, nel piccolo convento che egli stesso aveva costruito, attaccato alla chiesa di S. Lucia, fuori la porta di Aci.
Ammalatosi, volle attorno a sé il clero e i rappresentanti del popolo a cui raccomandò la saldezza nella fede e la pratica delle evangeliche virtù, e ricevuti gli ultimi sacramenti il 20 Febbraio 785 rese l’anima a Dio (ecco perché la chiesa ne celebra la festa il 20 febbraio).
Si narra che una nobile Signora siracusana era venuta in Catania, per ottenere dal santo Vescovo, la guarigione di una malattia. Appena passata la porta Ariana, avendo saputo che il corpo del grande santo veniva portato alla sepoltura, accelerato il passo, con gran fede, andò a toccarne le sacre vesti e ne restò all’istante guarita.
IL santo fu sepolto nella chiesa di S. Lucia. La sua tomba, prima dell’occupazione saracena, era veneratissima, anzi i Menei greci aggiungono che dalla sua urna scaturiva un olio miracoloso. Il suo corpo, assieme a quello di S. Agata, fu trasportato a Costantinopoli da Giorgio Maniace. Oggi si trova a Roma, dietro l’altare maggiore della chiesa di S. Martino ai Monti, ivi trasportato dai monaci greci che per lungo tempo ufficiarono questa chiesa. Esso è unito ai corpi di altri santi e non può identificarsi; però si hanno delle insigni reliquie: un osso del braccio(conservato nella chiesa di S. Nicolò all’Arena in Catania); altre due reliquie sono a Saracena (un osso del pollice, chiuso in una bellissima teca d’argento, e un altro che pende dal collo della bellissima statua del santo). Altra reliquia, che si trovava in Catania, fu regalata dal Cardinale Dusmet a Leone XIII nel primo anniversario della sua elezione: 20 Febbraio 1879.
(Vita di S. Leone del
Caetano e di G.Blosi)
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