sabato 29 ottobre 2016

per il 30 ottobre Saint MARCIEN, disciple de l'Apôtre Pierre, évêque de Syracuse en Sicile, martyr par la main des Juifs.





 30 ottobre • Memoria del santo ieromartire MARCIANO, primo vescovo di Siracusa.

San Marciano era discepolo dell’Apostolo Pietro e ricevette da lui l’ordinazione venendo inviato come vescovo nella regione di Siracusa in Sicilia. Egli stupì tutti i pagani che li si trovavano con i suoi miracoli e gettò giù gli altari degli idoli con la sola sua preghiera. Fu così che gli abitanti del luogo divennero rapidamente figli della luce grazie alla predicazione del santo e la nuova nascita nel Santo Battesimo. Ma i giudei che abitavano la città furono presi da una furiosa gelosia allo spettacolo dei successi di Marciano e gli diedero la morte, offrendogli così la ricompensa dei suoi lavori attraverso la corona del martirio.
Il Braccio reliquiario di San Marciano, primo vescovo e martire di Siracusa è in argento, parzialmente dorato, lavorato a sbalzo ed inciso, in modo da formare rombi e gigli, simbolo della purezza e della verginità dei Santi. Dalla manica, di forma conica, attraverso un delicato merletto, fuoriesce la mano benedicente alla maniera greca. Le tre dita simboleggiano la Trinità mentre le altre due unite rappresentano l’unione della natura umana e divina del Cristo. Un’iscrizione in lettere onciali, riferisce che il reliquiario, contenente un frammento dell’osso del braccio di San Marciano, fu commissionato da Richard Palmer, Vescovo di Siracusa. Il reliquiario fu trasferito a Messina dallo stesso prelato, divenuto Arcivescovo della città nel 1182.

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San Marciano era discepolo dell’Apostolo Pietro e ricevette da lui l’ordinazione venendo inviato come vescovo nella regione di Siracusa in Sicilia. Egli stupì tutti i pagani che li si trovavano con i suoi miracoli e gettò giù gli altari degli idoli con la sola sua preghiera. Fu così che gli abitanti del luogo divennero rapidamente figli della luce grazie alla predicazione del santo e la nuova nascita nel Santo Battesimo. Ma i giudei che abitavano la città furono presi da una furiosa gelosia allo spettacolo dei successi di Marciano e gli diedero la morte, offrendogli così la ricompensa dei suoi lavori attraverso la corona del martirio.
La tradizione narra che il corpo di san Marciano venne custodito all'interno della cripta dedicata al santo, in seguito sovrastata dalla basilica d'epoca bizantina. La tradizione attesta che qui stette il corpo del martire per otto secoli, fino a quando Siracusa venne conquistata dagli Arabi, nell'878. Altre fonti però affermano che ciò avvenne durante il primo tentativo di conquista della città, nell'827-828. Per porre dunque il corpo del protovescovo al sicuro, i siracusani presero l'urna con i resti mortali di Marciano e la condussero in Grecia, nella basilica di San Teodoro di Patrasso, nell'Acaia.
Come dall'Acaia le reliquie finirono a Gaeta, resta un mistero che le fonti non contribuiscono a dissolvere. Una tradizione narra che mercanti gaetani, frequentando l'Oriente, giunsero con le loro navi nel luogo in cui si trovava questo sacro deposito e, acquistandolo, lo condussero nella loro città, a Gaeta. I gaetani elessero quindi Marciano come loro primo santo protettore, poiché sant'Erasmo vi sarebbe giunto solamente nel X secolo. In tempi odierni le reliquie di Marciano trovano collocazione nella cattedrale dei Santi Erasmo e Marciano e di Santa Maria Assunta, dedicata ai due santi patroni di Gaeta, all'interno della cappella ipogea denominata succorpo.
Alcune reliquie del santo rimasero però a Siracusa. Nel duomo di questa città venne infatti custodito il braccio-reliquiario di san Marciano, il quale venne donato in seguito, nel XII secolo, dal vescovo inglese Richard Palmer, allora a capo della chiesa siracusana, al tesoro del duomo di Messina; sua collocazione definitiva.




  
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La sua più antica raffigurazione è del secolo VIII-IX quindi del periodo bizantino e si trova nelle catacombe di S. Lucia.
E' da aggiungere, che chissà  per quale via sono giunte a Gaeta, certamente per mare, alcune reliquie di s. Marciano di Siracusa, che sono nella cripta o Soccorpo della cattedrale, insieme a quelle di altri sei santi; esso è venerato come compatrono di Gaeta insieme a s. Erasmo



Si tratta della prima immagine nota di san Marciano,Il protovescovο di Siracusa viene raffigurato con barba e capelli candidi e il capo circondato da un’aureola dorata perlinata. Indossa una stretta tunica di cui si intravede la manica aderente sotto l’ampia veste liturgica, la clamide rossa o phelonion, e un omophorion bianco segnato da tre croci ad estremità patenti, insegna vescovile.La mano sinistra, velata dal panneggio in gesto di rispetto, sorregge il codex della Sacra Scrittura dalla legatura gemmata, mentre la destra si leva nel gesto benedicente graeco more.


30 Ottobre  Saint MARCIEN, disciple de l'Apôtre Pierre, évêque de Syracuse en Sicile, martyr par la main des Juifs.

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 Risultati immagini per icone di san marciano di siracusa


 La Vita di S. Marciano scritta dal Gaetani




 
I santi siciliani nel Menologio di Basilio II: Marciano (o Marcello) di Siracusa; Pancrazio di Taormina e Filagrio di Cipro

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Mosaico di san Marciano (XII secolo) sulla navata del duomo di Monreale: accanto all'ultima immagine dell'Antico Testamento e sotto l'effige del re Salomone

San Marciano inserito tra i santi nel presbiterio del Duomo di Monreale, ultima grande fondazione normanna voluta da Guglielmo II (1183). Il santo qui porta la veste purpurea dei martiri e indossa l'omoforion. La legenda in latino è stata modificata per un maldestro restauro da Marcianus in Marcialis.
Riguardo ai legami tra Siracusa e Monreale, giova ricordare che Siracusa, riconquistata dai Normanni nel 1086, è rifondata come Diocesi nel 1093; dall’11 aprile 1188, per volere di Re Gugliemo II e di Papa Clemente III, diventa suffraganea di Monreale.


 Χριστού τον ευνούν Μαρκιανον οικετην 
διά βρόχου κτεινουσιν οι Χριστοκτονοι

sabato 22 ottobre 2016

per il 23 ottobre -Saint JEAN, évêque de Syracuse en Sicile (609).

MYSTAGOGY



Saint JEAN, évêque de Syracuse en Sicile (609).

À Syracuse en Sicile, vers 609, saint Jean, évêque, dont le pape saint Grégoire le Grand a loué les mœurs, la justice, la sagesse, le conseil avisé et le souci des biens de l’Église.
Martyrologe romain

 A Siracusa, san Giovanni, vescovo, di cui il papa san Gregorio Magnò lodò la condotta morale, il senso di giustizia, la saggezza, il provvido consiglio e la dedizione agli impegni della Chiesa.

 ...fragment d'une lettre de saint Grégoire adressée à Jean, évêque de Syracuse, et dans laquelle le saint Pape répond aux clameurs qui s'étaient élevées en Sicile..." (source: Institutions liturgiques - Dom Prosper Gueranger, abbé de Solesmes - chap VII)

sabato 15 ottobre 2016

venerdì 14 ottobre 2016

15 Ottiobre Saint SABIN, évêque de Catane en Sicile (vers 760).


MYSTAGOGY




Saint SABIN, évêque de Catane en Sicile (vers 760).

Fu il predecessore di San Leone, dalla cui Vita si ricavano alcune
notizie. Ordinato vescovo per le sue note virtù, fu l'XI vescovo di Catania;
insigne per fama di santità attirò molti nuovi seguaci della fede.
Il suo nome ricorre nei Sinassari, nei Menologi greci e nel Breviario
Gallicano.
Dopo alcuni anni abbandonò l'episcopato per una vita di preghiera e
penitenza in un monastero ( forse nel territorio di Zafferana Etnea ).
Morì il 15 ottobre del 760.


 

giovedì 6 ottobre 2016

Santi feste e memorie di Sicilia/Sikelìa al 7 ottobre

L'immagine può contenere: disegno

7 OTTOBRE
SINASSI DELLA SS. MADRE DI DIO NAUPACTIOTISSA

SS. ICONA DELLA SS. MADRE DI DIO “ NAUPACTIOTISSA” CHE SI TROVAVA NELLA CHIESA DI SAN MICHELE A PALERMO


La chiesa ortodossa di tradizione greca al 7 ottobre celebra la sinassi della SS. Madre di Dio "Naupactiotissa" o di Naupacto. Il 7 ottobre 1571 la coalizione delle Nazioni Cristiane, sbaragliava a Lepanto /Naupacto ( golfo di Cortinto) le forze turche. 
La nostra icona, è più antica di circa cinque secoli.
Tale icona era venerata dalla confraternita palermitana dei naupactensi ( fabbricatori di navi) nella chiesa dell'arcistratega Michele, costruita nel 1048 circa ( prima della conquista normanna) e veniva portata processionalmente, ogni mese, dai confratelli dalla suddetta chiesa a casa di un confratello, dove veniva recitato il santo ufficio ( probabilmente la paraclisis) 
Detta confraternita, inquanto cristiana, pagava all' autorità mussulmana un tributo, detto gesia, per poter continuare ad essere ...cristiana .
L'icona si trova in un codice greco custodito nella Cappella Palatina del palazzo reale di Palermo.
 
Il tipo iconografico è del tipo aghiosotirissa ( aghios soros - della santa cassa) - Maria da sola in atteggiamento di supplica ( vedi le Deisis)

mercoledì 5 ottobre 2016

Santi di Sicilia/Sikelìa per il 5 ottobre



MYSTAGOGY

saints pour 5  octobre du calendrier ecclésiastique


Saints PLACIDE, moine, FIRMAT, moine et diacre, FAUSTIN, moine, DONAT, moine, GORDIEN, moine, vingt-huit autres moines, EUTYCHE et VICTORIN, frères de saint Placide et sainte FLAVIE, vierge et soeur de saint Placide, tous martyrs à Messine en Sicile par la main de pirates païens (541).


Martirologio Romano (5 ottobre): A Messina, in Sicilia, il natale dei
santi Martiri Placido Monaco (uno dei discepoli del beato Benedetto
Abate), dei suoi fratelli Eutichio e Vittorino, e della loro sorella
Flavia Vergine, e così pure di Donato, Firmato Diacono, Fausto ed
altri trenta Monaci, i quali tutti, per la fede di Cristo, furono
uccisi dal corsaro Mamuca.
Sarebbe stato martirizzato con i fratelli Flavia, Eutichio e
Vittorino e altri trenta compagni sotto Diocleziano, anche se altre
fonti sostengono che furono uccisi dai pirati Saraceni comandati da
Mamucha.
Nell'XI secolo, infatti, Pietro Diacono confuse la storia del Placido
martire con quella del Placido monaco benedettino, fino ad allora
venerato come Confessore, e riunì le biografie dei due santi in uno
scritto chiamato Passio S. Placidi, in cui si narrava la storia del
discepolo di San Benedetto, vissuto nel VI secolo d.C., ucciso a
Messina dai Saraceni con i tre fratelli e trenta monaci.
Da questo momento, quindi, i due santi vennero identificati con
un'unica persona.
È venerato con i Compagni il 5 ottobre. È patrono di Messina assieme
alla Madonna della Lettera.
È il Santo Patrono anche di Poggio Imperiale in provincia di Foggia,
oltre che di Biancavilla e Castel di Lucio, nonché dell'Arcidiocesi
di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela


Era il 541 d.C. quando i pirati musulmani guidati dal Generale
Mamuca sbarcarono nei pressi delle rive del Faro e si avvicinarono
verso la cinta muraria della Città.
Eccoli quindi giunti nei pressi del monastero di San Placido. I
Monaci non poterono opporre la benchè minima resistenza. I Barbari
circondarono l'edificio, appiccarono il fuoco, come d' uso e misero a
soqquadro tutto il monastero.
San Placido si fece avanti perché fossero risparmiati tutti gli
altri, ma tutti i monaci furono fatti prigionieri e giustiziati. Il
motivo della condanna fu il negato assenso dei Monaci ad adorare i
loro idoli e la ferma volontà di restare fedeli alla religione
cristiana.
San Placido esortò con la parola tutti ad essere fedeli al Cristo e
alla Fede in cui erano consacrati e per questo gli viene strappata la
lingua. Ciò nonostante grazie alla sua Fede continuò strenuamente ad
incoraggiare tutti.Verso Flavia, sorella di Placido, il tiranno
Mamuca, in un primo tempo ebbe parole di lode per la sua bellezza,
nella speranza di renderla rinnegatrice della propria fede, ma
sconfitto passò alle minacce. Ben presto si accorse che quella
giovinetta aveva un coraggio indomabile, ed egli, il Forte si sentì
umiliato dalle risposte e dalla costanza della giovinetta.
Decapitò tutti legandoli tra di loro: S.Placido, Vittorino, Eutichio
e Flavia, Fausto e Firmato.
Donato venne ucciso nel primo assalto al monastero, mentre Gordiano
riuscì a fuggire.
I Fratelli Martiri vennero condotti sulla spiaggia, dove oggi c'è la
Batteria Masotto ( Passeggiata a mare), e qui furono
giustiziati.All'alba i messinesi assistettero alla scena del
monastero distrutto, della campagna vicina devastata, e trovarono
sulla spiaggia i corpi eroici dei Martiri immersi nel loro sangue.
Tornò finalmente Gordiano accompagnato da un folto gruppo di
messinesi valorosi, ma ormai era tardi poterono solo assistere
raccapricciati alla visione di quella scena terrificante.
Si strapparono i capelli per non aver potuto fare nulla per evitare
la tragedia e si sentirono impotenti di fronte a simile orrore. Pieni
di commozione seppellirono nella Chiesa di San Giovanni, i tre
gloriosi fratelli e la sorella, mentre gli altri Monaci vennero
seppelliti nella spiaggia.
Arrivano poi sul luogo i parenti e i conoscenti dei Monaci uccisi,
vennero anche gli amici di Placido, per venerare i santi luoghi e le
gloriose sepolture. Il monastero e la Chiesa di San Giovanni
resteranno a caratteri indelebili nelle pagine della storia di
Messina a ricordo di questo avvenimenti.
Il Martirio di San Placido e dei suoi compagni, come detto, suscitò
ancora più grande devozione nei messinesi, i quali si affrettarono a
riordinare la Chiesa dove presto trovarono onorata sepoltura i
fratelli e riordinarono anche il Monastero. La vita e l'esempio di
San Placido continuò anche dopo la sua morte, ed i semi sparsi dal
suo esempio continuarono a germogliare dando grandi frutti in ogni
dove della Città e soprattutto nell'animo, nelle opere e nella vita
degli abitanti di Messina. Nel 1363 a dodici miglia dal centro della
città, quattro nobili messinesi, Leonardo De Astasiis, Roberto De
Gilio, Mario De Speciariis, e Giovanni di Santa Croce, sopra una
elevata collina (Pezzolo) costruirono un monastero benedettino in
onore di San Placido che dal torrente che vi scorreva vicino prese
il nome Calonerò e al quale fu dato da Papà Urbano V il titolo di
Abbazia e per la quale quale Federico III stabilì che venissero
portate offerte in natura, offerte confermate successivamente da Re
Martino. Il Monastero ebbe florida vita sino al 1600. Per un lungo
periodo non si ebbe più notizia dei sepolcri che custodivano i corpi
di San Placido e dei fratelli, le vicende e la dominazione saracena
ne avevano fatto scomparire ogni traccia. Le vicende erano coperte
dalla coltre dell'oblio e il mistero del tempo velava ogni cosa, la
verità sembrava persa per sempre e i pochi ricordi erano diventati
leggenda. La storia e la verità sembravano per sempre sepolte. Pur
tuttavia rimaneva costante la fede dei messinesi per quei giovani
santi martiri di cui la tradizione aveva tramandato le eroiche
gesta e forte era la convinzione che i resti mortali si ritrovassero
sepolti nella Chiesa di San Giovanni dei Cavalieri Gerosolomitani,
dove sorgeva il convento, vicino alle mura nella zona dell'Oliveto.
La svolta fu nel 1586, quando fu eletto a Gran Priore dei
Gerosolomitani Fra Rinaldo de Naro, Siracusano. Egli un giorno notò
che la Chiesa, addossata alle mura del Palazzo Priorale e
all'Ospedale era scarsamente illuminata. Quella Chiesa, come tutte
quelle antiche, aveva le Absidi rivolte ad Oriente, perché anche
l'arte asservisse ad alta finalità ascetica, quella cioè di far
guardare il celebrante verso Oriente, cioè verso Gesù Cristo Oriente dall'Alto .Il Gran Priore, quindi volle aprire tre belle e grandi
porte dalla parte del mare, sistemando l'altare maggiore dalla parte
opposta, verso Ponente. Mentre si eseguivano i lavori, di demolizione
dell'altare maggiore, scavando in profondità sotto il lato destro di
esso a 14 palmi, cioè circa 3.50 mt. di profondità alcuni sterratori
trovarono un sepolcro di marmo lungo 12 palmi (mt. 3) e largo 5
(mt.1.50). Lo aprirono e vi rinvennero quattro corpi umani spiranti
soavissimo odore: 3 erano collocati uno accanto all'altro e un
quarto era sito in senso trasversale ai piedi di costoro. Accanto poi
si videro parecchi altri corpi che tenevano accanto al capo e al
petto ampolle di vetro di creta piene di sangue e di terra intrisa di
sangue. Il corpo collocato in senso trasversale era evidentemente di
una fanciulla e sul petto del corpo di mezzo fu trovato un vasetto
con dentro una lingua. Questo fatto in particolare, si sapeva che a
San Placido era stata strappata la lingua, fece riemergere al ricordo
i fatti storici di quella che era diventata solo trasmissione orale Quei corpi
erano sicuramente quelli dei Martiri Messinesi Placido, dei Fratelli
e della Sorella Flavia. Diffusasi la notizia per la città, fu un
accorrere di fedeli senza numero, felici di avere finalmente
ritrovate le S.S. Reliquie che nei tempi passati invano erano state
cercate. Entò allora in azione l'"Opus Dei", l'opera di Dio, che
volle glorificare i suoi martiri. Ed ecco che quel ritrovamento
provocò il moltiplicarsi di prodigi e guarigioni miracolose al
contatto coi sacri copri e bevendo dell'acqua scaturita nel luogo dove si erano trovati quei sacri corpi.
L'Arcivescovo del tempo, Mons. Antonio Lombardo osservò e relazionò
di quei fatti con quella diligenza e preoccupazione che il caso
richiedeva, raccolse documenti e testimonianze e con prudenza
infine si recò a Roma per esporre dell'avvenimento al Papa Sisto V. La Commissione Arcivescovile, incaricata di indagare i fatti era presieduta
dall'Abate e Canonico D. Giulio Cesare Minutolo, Vicario Generale e
ne faceva parte anche D. Silvestro Maurolico. Il Papa fece studiare
la relazione da una commissione di Cardinali che espressero il
parere che certamente il ritrovamento effettuato era delle preziose
reliquie di San Placido dei fratelli Euticchio e Vittorino, nonchè
della sorella Flavia oltre che di altri 30 monaci martirizzati da
Mammucca nell'anno 541 d.C. Il Papa concesse che ogni anno si
celebrasse oltre la festa del martirio quella del ritrovamento delle
Ss.Reliquie il 4 Agosto. Furono memorabili i festeggiamenti che in
tale ricorrenze preparavano i messinesi: archi di trionfo, funzioni,
processioni, luminarie. Di tutto ciò se ne fece ampia relazione anche
a Filippo II di Spagna. nel contempo a Messina fu eretto il nuovo
Tempio di S. Giovanni di Malta in onore dei Santi Martiri. In
particolare fu molto curato il Sacello, collocato sull'altare
dell'abside corale, dove in artistiche casse rivestite di broccati
d'oro, di velluti e damaschi rari furono riposte le sacre Reliquie.
Sul pavimento del Sacello furono incisi i nomi dei Senatori del
tempo: Antonio Giacomo di S. Basilio - D. Palmerio Di Giovanni - D.
Francesco Marullo - Giovanni Pietro Arena - D. Giacomo Campolo -
Giovanni Tuccari. Mentre procedevano i lavori di ricostruzione della
Chiesa, il 6 giugno 1608 poco distanti dal sepolcro di San Placido si
rinvennero altri corpi con i soliti vasi di vetro e di terracotta
ripieni di sangue.
Si pensò subito a Reliquie di altri Martiri uccisi in successive
incursioni ed infatti i nuovi prodigi e miracoli operati da Dio al
contatto dei Sacri Corpi confermarono tale convinzione. Anche questa
volta Papa Paolo V informato del ritrovamento dall'Arcivesco Mons.
Bonaventura Secusio confermò che si trattava del rinvenimento del
corpo di altri santi Martiri i quali meritavano il culto insieme con
quelli precedentemente scoperti.
I lavori di ricomposizione definitiva delle sacre Ossa nel Sacello si
completarono nel 1624. Le varie alterne vicende del tempo lasciarono
sempre le Sacre Reliquie nel loro intatto Sacello assistite sempre
dalla sincera devozione dei messinesi, così fino al 1908.
Il terremoto pur distruggendo buona parte della Chiesa di S. Giovanni
di Malta, incredibilmente lasciò al suo posto il Sacello, custodito
nella superstite abside ed opportunamente chiusa e sistemata da Sua
Eccellenza Mons. Angelo Paino, Arcivescovo ed Archimandrita di
Messina nel 1925.