martedì 27 giugno 2017

Sikelia saints pour le 28 juin du calendrier ecclésiastique










TE  DEUM  -Inizio dell'inno dal Vat. Reg. Lat. 11 fol. 230v (730-765 circa)
Santo Papia (in alcuni codici Papino) martire in Sicilia sotto Diocleziano




Saint PAPPIAS, martyr sous Dioclétien, peut-être en Sicile (entre 284 et 305).

Tratto da

http://regio18.blogspot.com/2012/06/san-papino-o-pappiano-o-papia-martire.html



Ricordato dai Sinassari bizantini al 28 giugno ed è riportato nella stessa data nel Martirologio Romano di Gregorio XIII (aggiornato e rivisto da Clemente X e Clemente XI, edito in italiano nel 1702). L’odierno Martirologio Romano (edito nel 2001) non menziona più il Martire Papio

Alcuni agiografi lo vogliono armeno, altri di Segesta, ma è incerto se la città fosse quella siciliana o spagnola. La tradizione lo dice martirizzato in Sicilia nel 303, sotto l'Imperatore Diocleziano, nel luogo detto La Bruca (oggi Brucoli ) perché non volle sacrificare agli dei. Fu sospeso a un palo, battuto con le verghe e quindi decapitato. Era festeggiato il 17 giugno a Milazzo (ME) come antico Patrono: la data corrisponde al giorno della sua traslazione, come riportano gli Acta Sanctorum Junii: «Ditem autem ejusdem mensis XVII esse nove alicuijus translationis vel dedicationis apud Mylas celebrate».

 Tracce di questo culto è una Chiesa a lui intitolata nel 1620, con una pala d’altare settecentesca con S. Papino, con la Vergine e altri Santi.





Tratto da

http://www.santiebeati.it/dettaglio/96642



Sconosciuto agli antichi martirologi occidentali, fu introdotto nel M. Romano dal Baronio (con la grafia Papio), sull’autorità dei Sinassari bizantini che lo commemorano sotto il nome di Pappia il 28 giugno.
La passio è andata perduta, ma dalla breve sintesi che ne riportano i menologi, e dalla quale il Baronio trasse il suo latercolo, si può facilmente dedurre che il danno non è grave, poiché si tratta del solito canovaccio di luoghi comuni e fantastici senza alcun elemento serio e degno di fede.
Secondo questo scritto Pappio fu arrestato durante la persecuzione di Diocleziano; poiché non volle sacrificare agli idoli fu crudelmente tormentato in diversi modi; uscito illeso da tutte le prove con l’aiuto di un angelo che lo proteggeva, fu infine decapitato.
La mancanza di indicazioni topografiche non permette di stabilire a quale città Pappia debba attribuirsi. Egli tuttavia è festeggiato, con il nome però di Papino, il 17 giugno come patrono di Milazzo (provincia di Messina), dove fin da tempi antichissimi esisteva una chiesa a lui dedicata. Il Lanzoni prospetta l’ipotesi che il patrono di Milazzo debba identificarsi con uno degli omonimi venerati a Cipro o a Tomi, il cui culto sarebbe stato trasferito in Sicilia.



Saint PAPPIAS, martyr sous Dioclétien, peut-être en Sicile (entre 284 et 305). 
Ricordato dai Sinassari bizantini al 28 giugno ed è riportato nella stessa data nel Martirologio Romano di Gregorio XIII (aggiornato e rivisto da Clemente X e Clemente XI, edito in italiano nel 1702). L’odierno Martirologio Romano (edito nel 2001) non menziona più il Martire
 La tradizione lo dice martirizzato in Sicilia nel 303, sotto l'Imperatore Diocleziano, nel luogo detto La Bruca (oggi Brucoli ) perché non volle sacrificare agli dei. Fu sospeso a un palo, battuto con le verghe e quindi decapitato. Era festeggiato il 17 giugno a Milazzo (ME) come antico Patrono: la data corrisponde al giorno della sua traslazione, come riportano gli Acta Sanctorum Junii: «Ditem autem ejusdem mensis XVII esse nove alicuijus translationis vel dedicationis apud Mylas celebrate».



giovedì 22 giugno 2017

Sikelia santi sinassario del 23 giugno





http://oca.org/saints/lives/2014/06/23/101788-martyr-agrippina-of-rome


Santa Agrippina  martire a Roma e venerata in Sicilia con le Sante Paola Bassa ed Agatonica martiri in Sicilia sotto Valeriano (verso il 257)
DOPO LA TUA LOTTA A ROMA, CRISTO DIO NOSTRO TI DONA ALLA SICILIA, COME PREZIOSISSIMO TESORO; LA’ GIUNTA, MARTIRE CELEBRATA, CON LA TUA PRESENZA SCACCI LA MALIGNA TURBA DEI DEMONI. PERCIO’ NOI TI DICIAMO BEATA E FESTEGGIAMO OGGI LA TUA SANTA LOTTA, O AGRIPPINA, GRANDE LOTTATRICE

Vespro e Mattutino del 23 giugno: Memoria della santa martire Agrippina (italiano)

Sta in

http://www.ortodossia.it/w/index.php?option=com_content&view=article&id=2261:vespro-e-mattutino-del-23-giugno-memoria-della-santa-martire-agrippina-italiano&catid=182:giugno&lang=it

Απολυτίκιον: Αγία Αγριππίνα

https://www.youtube.com/watch?time_continue=3&v=RbHbrJ6rsuc


Tratto da
https://santiebeatidisicilia.wordpress.com/a/agrippina-santa-martire/
Nobile ragazza romana morta di spada sotto Valeriano ( 253-260). Sepolta nella Basilica di San Paolo fuori le mura, fu traslata a Mineo  dalle vergini Bassa, Cleonica e Agatonica.La nobile Eupressia fece edificare nel 263 presso la sua casa un  Oratorio, consacrato dal vescovo Severino di Catania,per la guarigione  della figlia Teognia. il tempio fu ricostruito nel 1693 con una statua lignea di Vincenzo  Archifel.
Festeggiata in tutta la Sicilia il 23 Giugno, a Mineo l'ultima Domenica di Agosto.
Il Menologio imperiale attinse le notizie da un Inno del IX secolo,


Tratto da
https://it.wikipedia.org/wiki/Agrippina_di_Mineo

Agrippina nacque nel 243 da una nobile famiglia cristiana. Il 23 giugno del 258 sotto il regno dell'imperatore Valeriano, fu martirizzata. Venne torturata in varie maniere: percossa con nodosi bastoni, flagellata, quasi soffocata sotto un grosso masso e messa sull'eculeo, fino alla decapitazione.
Il suo corpo fu sepolto a Roma nel cimitero di San Paolo fuori le mura  In seguito fu traslato da tre ragazze, Bassa, sorella di Agrippina, Paola ed Agatonica in Sicilia. Il corpo della santa giunse a Mineo via Agrigento in Contrada Lamia (Grotta di Sant'Agrippina) , un luogo infestato da demoni fino all'arrivo del sacro corpo. In seguito venne portato ad opera della matrona romana Eupresia in città. Era il 17 maggio del 263.
l primo evento miracoloso si verifica proprio in casa di Eupresia: la figlia paralitica Teogonia venne prodigiosamente guarita. Secondo la tradizione le spoglie di Sant'Agrippina vennero occultate sotto la chiesa a lei dedicata
Agrippina è venerata a Mineo, dove la chiesa dedicata conserva una statua lignea della santa risalente al XVI secolo e attribuita a Vincenzo Archifel  Il culto è attestato a Ferla, Scicli, Nicosia , Enna  Palermo
Fuori dai confini italiani il suo culto si incontra nel mondo ortodosso (Grecia, Russia e a Boston negli StatI Unitidove il culto è stato importato dagli emigrati menenini.

Tratto da http://www.paternogenius.com/pagine/Virgillito/pagine/San%20Biagio/Santa%20Agrippina%2001.htm
Santa, martire di Roma. Il Martirologio Romano, il 23 giugno, commemora Santa Agrippina che, morta a Roma, sarebbe stata trasferita a Mineo in Sicilia.
Questa santa, che ebbe grandissimo culto in Sicilia, dove in varie diocesi si recitava in suo onore un Ufficio proprio e la Messa aveva un Oremus proprio per il regno di Sicilia, è special­mente venerata a Mineo, di cui è patrona.
Dai Greci le è stato dedicato un inno liturgico, databile probabilmente al secolo IX . Esiste pure una vita di Agrippina (BHL, I, p.29, n.173) che, scritta probabilmente nel secolo VIII, narra come la santa vergine, di nobile famiglia, dedicatasi alle opere di carità, fu martirizzata a Roma, sotto Valeriano il 23 giugno, sepolta nella basilica di S.Paolo e indi, da un monaco, trasferita in Sicilia, e come le sue reliquie furono ricevute da S.Gregorio di Agrigento e trasportate a Mineo, dove un tale Severino, vescovo di Catania, fu invitato a consacrare una chiesa in suo onore al tempo di Costantino.
A Mineo esiste, infatti, una cripta di S. Agrippina.
"Questo racconto" dice il Lanzoni è inverosimile se posto sotto Valeriano e Costantino, verosimilissimo nell' VIII-IX secolo". Allora, infatti, i monaci greci di Sicilia erano in buonissime rela­zioni con i monaci romani, in parte anch' essi di origine greca; un celebre S.Gregorio pontificò veramente a Girgenti nei secoli VII -VIII, e, tra la fine del secolo VIII ed il principio del IX secolo, un tale Severo fu vescovo di Catania.
Per spiegare la popolarità della santa fra i Greci, Papebrochio  suppone una traslazione delle sue reliquie al tempo dei saraceni, ma di questa traslazione non si ha prova alcuna; i Greci, d' altron­de, hanno spesso commemorato molti santi siciliani.
 



Sfânta Muceniță Agripina - Icoană sec. XX, Mănăstirea Panahrantou, Megara (Grecia) - Colecția Sinaxar la Sfinții zilei (icoanele litografiate se găsesc la Catedrala Mitropolitană din Iași


DOPO LA TUA LOTTA A ROMA, CRISTO DIO NOSTRO TI DONA ALLA SICILIA, COME PREZIOSISSIMO TESORO; LA’ GIUNTA, MARTIRE CELEBRATA, CON LA TUA PRESENZA SCACCI LA MALIGNA TURBA DEI DEMONI. PERCIO’ NOI TI DICIAMO BEATA E FESTEGGIAMO OGGI LA TUA SANTA LOTTA, O AGRIPPINA, GRANDE LOTTATRICE



Troparion — Tone 4

Your lamb Agrippina calls out to You, O Jesus, in a loud voice: / "I love You, my Bridegroom, and in seeking You I endure suffering. / In baptism I was crucified so that I might reign in You, / and I died so that I might live with You. / Accept me as a pure sacrifice, / for I have offered myself in love." / Through her prayers save our souls, since You are merciful.

Kontakion — Tone 4

Podoben: “Today You have shown forth...” / The day has come on which the Church commemorates your radiant contest and martyrdom. / She calls upon all to cry to you with gladness: / “Rejoice, all-honored virgin-martyr Agrippina.”




Glasul 4
Mieluşeaua Ta, Iisuse, Agripina, strigă cu glas mare: pe Tine, Mirele meu, te iubesc și pe Tine căutându-Te mă chinuiesc și împreună mă răstignesc și împreună mă îngrop cu Botezul Tău; și pătimesc pentru Tine, ca să împărățesc întru Tine; și mor pentru tine, ca să viez pentru Tine; ci, ca o jertfă fără de prihană, primește-mă pe mine ceea ce cu dragoste mă jertfesc Ție. Pentru rugăciunile ei, ca un milostiv, mântuiește sufletele noastre.

 Apropiindu-se ziua cea purtătoare de lumină a chinurilor tale cele luminoase, întru care cinstind pe acestea, Biserica cea dumnezeiască cheamă pe toţi ca să strige ţie cu bucurie: Bucură-te fecioară şi Muceniţă Agripina, Preacinstită.

mercoledì 21 giugno 2017

Sikelia saints pour le 22 juin du calendrier ecclésiastique

https://i0.wp.com/www.ilpanteco.it/wordpress/wp-content/uploads/2013/03/storia2-3.jpg


saints pour le 22 juin du calendrier ecclésiastique

Saint BASILE, higoumène du monastère grec de l'île de Pantellaria à 100 km au sud-ouest de la Sicile (fin VIIIème- début IXème siècles)

 

per quanto riguarda il monastero

Tratto da
https://www.facebook.com/permalink.php?id=351315031557079&story_fbid=840433805978530
Possediamo oggi, in una traduzione slava antica parziale, il Typicon di fondazione del Monastero bizantino di Pantelleria , che per quanto è possibile sapere, non risulta pervenuto nella redazione greca originaria . Di tale testo, noto agli specialisti da quando (1885) I . Mansvetov, al quale si deve il rinvenimento , lo pubblicò da un manoscritto dell'Accademia Teologica di Mosca , si è occupato ultimamente per l'importanza che ha come riflesso della religiosità italo-greca nel mondo slavo ortodosso I . Dujcev ( Cfr. Ivan Dujcev Il Tipico del monastero di S. Giovanni nell'isola di Pantelleria. 3-17 in Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata Anno 1956 n.4 ) , traducendolo in italiano col titolo tramandato, in cui figura il toponimo " Patelarea " e, quale autore, il " Santo Padre nostro Presbitero ed Igumeno Giovanni " . Il nome e le attribuzioni di questo Santo erano già conosciuti prima del rinvenimento del Typico, e il liturgista I . Martinov nel suo Annus ecclesiasticus graeco-slavicus (1863) lo registrava alla nota 1 di p . 440 on data 3 agosto come « conf(essor), hig(umenus) monasterii Patelarae» Menzione dello stesso Giovanni troviamo pe r il 3 e 4 agosto nel Sinassario Costantinopolitano ; per il 3 agosto in altri sinassari bizantini , e precisamente nei codici 18 e 37.
Un canone in suo onore, a l7 agosto, nel Meneo della parte più antica (sec . XI) del cod . Paris . Coisl . 218, attribuito a Giuseppe.
I1 suo nome ricorre più volte in un anonimo Canone (22 giugno) di antica tradizione criptense edito nel 1972 da A. Acconcia Longo, in onore di Basilio suo successore.
Prima del Martinov, la memoria del Santo era riportata alla stessa data nel Sinassario di Nicodemo l'Agiorita (1819) .
E' ancora ricordato alla data 26 dicembre nel Sinassario Costantinopolitano .
Circa la corrispondenza del toponimo a Pantelleria, sostenuta dal Mansvetov e ribadita da E . Golubinskij , il consenso degli studiosi è unanime . Nel Canone il nome di Giovanni è presentato come
" personaggio di altissima statura morale " ; Basilio è menzionato il 22 giugno come " igumeno s. monast(erii) Patelariae "
Il Golubinskij riteneva che il titolo di " Confessore " tributato a Giovanni riportasse al tempo dell' iconoclasmo . Il Canone in onore di Basilio offre spunti per una datazione anteriore alla dominazione saracena nell'isola. Pare che si possa ipotizzare la nascita della comunità monastica pantesca ad opera di Giovanni nel sec VIII, dopo il 726 . L'isola era considerata all'inizio del sec. IX, nell'ottica imperiale bizantina, luogo di esilio ed espiazione. Negli anni 803/806 vi furono relegati, per ordine di Niceforo I, Eutimio di Sardi , Teofilatto di Nicomedia, Eudossio d'Amorio, secondo l'attendibile testimonianza congiunta di una Vita di Eutimio, scritta poco dopo la sua morte (26 dic . 831) da Metodio patriarca di Costantinopoli e tramandata in un Menologio del sec, IX . L'innografo insiste sul pericolo incombente di incursioni da parte di nemici atei (con tutta verosimiglianza saraceni) ,
Non è da escludere che l'isola ospitasse allora qualcuno di quei capi della rivolta armena del 790 che, come apprendiamo da Teofane, furono relegati, con una scritta infamante sul viso. Giovanni pare sia morto martire . Non è qui il caso di riportare le dissertazioni secolari sull'origine del nome dell'Isola di Pantelleria e sul suo significato: Yrnm, Cossyra, Bent al-Ryon, Patalareia, Bantalariiyah , Pantellaria ed i vari significati ( conchiglia, figlia del vento, tettoia, rete, pantano, canestro, tegame, padella, salina ).
Nella zona del lago, chiamata oggi " Specchio di Venere " a circa 2 Kilometri in direzione del centro urbano, in Contrada Cubebe, sono osservabili gli avanzi di un edificio a pianta trapezoidale, identificato, sin dal suo rinvenimento, con il Monastero fondato da Giovanni Confessore e denominato San Basilio .
Tali avanzi sono parzialmente interrati.

( da: Giuseppe Scalia "Le Kuriate e Pantelleria osservazioni onomastico etimologiche " ).

Leggere anche
Segni dell’Architettura Antica  sul Gran Monastero
di S. Giovanni di Pantelleria Giuseppe Sechi

https://www.um.edu.mt/library/oar/bitstream/handle/123456789/8649/Segni%20dell%E2%80%99Architettura%20Antica.pdf?sequence=1&isAllowed=y.

martedì 20 giugno 2017

Sikelia sinassario del 21 giugno




Siracusa sotterranea
Le catacombe di Santa Lucia e i Quaranta Martiri di Sebaste

Particolare dell'affresco (VIII secolo)

 SANTI DI SIKELIA  21 GIUGNO

Saints RUFIN, MARCIE, HIPERELE (HIERPERIDE), SATURNINE, STERTIE (STERGIE) et HIERIE (HIEREMIE), martyrs à Syracuse en Sicile.

sabato 17 giugno 2017

Santo Calogero di nazionalità Greca eremita a Sciacca in Sicilia-Sikelia Santi per il 18 Giugno





Risultati immagini per icona di San Calogero

L'icona di San Calogero nell'omonima grotta a Sciacca


Santo Calogero di nazionalità Greca eremita a Sciacca in Sicilia
Le notizie sulla sua vita sono così confuse tanto che si è pensato che potessero riferirsi a più santi con lo stesso nome. Con il nome Calogero che etimologicamente significa " bel vecchio " venivano infatti designate quelle persone che vivevano da eremiti. E Calogero è venerato in Sicilia presso Sciacca, nel monastero di Fregalà presso Messina, e in altre città. L'unica cosa sicura su di lui è l'esistenza in Sicilia di un santo eremita, con poteri taumaturgici. A Fragalà è stata scoperta alla testimonianza più antica legata al suo culto, alcune odi scritte nel IX secolo da un monaco di nome Sergio, da cui risulterebbe che Calogero proveniva da Cartagine e morì nei pressi di Lilibeo. le lezioni dell'Uffizio, stampate nel 1610, lo dicono invece proveniente da Costantinopoli ed eremita sul monte Gemmariano

Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/58100
Secondo la tradizione, giacché mancano documentazioni certe, Calogero nacque verso il 466 a Calcedonia sul Bosforo, una cittadina dell’antica Tracia, che nel 46 d.C. divenne provincia romana e che poi seguì le sorti dell’impero bizantino; fin da bambino digiunava, pregava e studiava la Sacra Scrittura e secondo gli ‘Atti’ presi dall’antico Breviario siculo-gallicano, in uso in Sicilia dal IX secolo fino al XVI, egli giunse a Roma in pellegrinaggio, ricevendo dal papa Felice III (483-492), il permesso di vivere in solitudine in un luogo imprecisato.
Qui egli ebbe una visione angelica o un’ispirazione celeste, che gli indicava di evangelizzare la Sicilia; tornato dal papa ottenne l’autorizzazione di recarsi nell’isola, con i compagni Filippo, Onofrio e Archileone, per liberare quel popolo dai demoni e dall’adorazione degli dei pagani.
Mentre Filippo si recò ad Agira e Onofrio e Archileone si diressero a Paternò, Calogero si fermò durante il viaggio a Lipari, nelle Isole Eolie, dove su invito degli abitanti si trattenne per qualche anno, predicando il Vangelo ed insegnando loro come ricevere i benefici per i loro malanni, utilizzando le acque termali e stufe vaporose; ancora oggi un’importante sorgente termale porta il suo nome, come pure le grotte dai vapori benefici.
Durante la sua permanenza nell’isola di Lipari, ebbe anche la visione della morte del re Teodorico († 526) che negli ultimi anni aveva preso a perseguitare quei latini che riteneva un pericolo per il suo regno, fra i quali furono vittime il filosofo Boezio (480-524) suo consigliere, il patrizio romano capo del Senato, Simmaco († 524) e il papa Giovanni I († 526).
Ciò è riportato nei ‘Dialoghi’ del papa s. Gregorio I Magno, la visione si era avverata nell’esatto giorno ed ora della morte del re, e Calogero vide la sua anima scaraventata nel cratere del vicino Vulcano.
In seguito ad altra visione, Calogero lasciò Lipari per sbarcare in Sicilia a Syac (Sciacca), chiamata dai romani ‘Thermae’ per i bagni termali, presso i quali sorgeva; convertì gli abitanti e poi decise di cacciare per sempre “le potenze infernali” che regnavano sul vicino monte Kronios, consacrato al dio greco Kronos, che per i romani era il dio Saturno.
Sul monte Giummariaro, altro nome derivante dagli arabi che lo chiamarono monte “delle Giummare”, dalle palme nane che crescevano sui suoi fianchi e che poi prese il nome di Monte San Calogero, come oggi è conosciuto insieme al nome Cronio, il santo eremita prese ad abitare in grotte e spelonche e intimò ai demoni di lasciare quei luoghi.
Gli ‘Atti’ dicono che il monte sussultò fra il fragore di urla e poi tutto si quietò in una pace di paradiso; Calogero si sistemò in una grotta adiacente a quelle vaporose, che come a Lipari, anche qui esistono abbondanti.
In detta grotta vi è murata sulla roccia, l’immagine in maiolica di s. Calogero, posta sopra un rustico altare, che si dice costruito da lui stesso; l’immagine è del 1545 e rappresenta l’eremita con la barba che tiene nella mano destra un libro e un ramo-bastone, ai suoi piedi vi è un fedele inginocchiato e una cerbiatta accasciata e ferita da una freccia.
L’immagine si rifà ad un episodio degli ultimi suoi giorni, essendo ormai ultranovantenne, egli non riusciva più a cibarsi, per cui Dio gli mandò una cerva, che con il suo delicato latte lo alimentava; un giorno un cacciatore di nome Siero, scorgendo l’animale, prese l’arco e trafisse con una freccia la cerva, la quale riuscì a trascinarsi all’interno della grotta di Calogero, morendo fra le sue braccia.
Il cacciatore pentito e piangente, riconobbe nel vegliardo colui che l’aveva battezzato anni prima, chiese perdono e Calogero lo portò nella vicina grotta vaporosa, dandogli istruzioni per le proprietà curative di quel vapore e delle acque che sgorgavano da quel monte. Il cacciatore Siero, divenuto suo discepolo, salì spesso sul monte a visitarlo, ma 40 giorni dopo l’uccisione della cerva, trovò il vecchio eremita morto, ancora in ginocchio davanti all’altare; secondo la tradizione era morto nella grotta fra il 17 e il 18 giugno 561 ed era vissuto in quel luogo per 35 anni.
Diffusasi la notizia accorsero gli abitanti delle cittadine vicine, che lo seppellirono nella grotta stessa, poi trasferito in altra caverna di cui si è persa la memoria lungo i secoli.
Nel IX secolo un monaco che si firmava Sergio Cronista, cioè abitante del monte Cronios o Kronios, compose in lingua greca alcuni inni in suo onore, in cui veniva citato che s. Calogero non era approdato a Sciacca come si riteneva, ma a Lilybeo, l’odierna Marsala, senza indicare dove fosse morto, ma sollecitando a visitare e onorare la grotta in cui il santo era vissuto, scacciando i demoni e operando tante guarigioni di ammalati.
Uno studioso contemporaneo Francesco Terrizzi, sostiene che s. Calogero, perduti i compagni martirizzati dai Vandali, si recò dapprima a Palermo passando poi per Salemi, Termini Imerese, Fragalà, Lipari, Lentini, Agrigento, Naro e infine Sciacca; si spiegherebbe così le tante tradizioni e le diverse grotte abitate e attribuite ad un unico e medesimo santo.
C’è da aggiungere che le reliquie del santo, secondo un’altra tradizione, erano state successivamente trasferite in un monastero a tre km dalla grotta, nel 1490 furono traslate a Fragalà (Messina) dal monaco basiliano Urbano da Naso e poi nell’800 a Frazzanò (Messina), nella chiesa parrocchiale; qualche sua reliquia è custodita anche nel santuario di San Calogero, sorto vicino alla sua grotta sull’omonimo monte di Sciacca nel XVII secolo e che è meta di pellegrinaggi.
Ad ogni modo s. Calogero è veneratissimo in tutta la Sicilia e in tutte le città sopra citate è onorato con suggestive processioni e celebrazioni, tipiche della religiosità intensa dei siciliani, quasi tutte si svolgono nel giorno della sua festa il 18 giugno.
Tratto da
https://siciliaisoladaamare.wordpress.com/la-figura-di-san-calogero-di-pellegrino-mortillaro/
Particolarmente venerata è, a Sciacca, la figura dell’eremita Calogero per il fatto che nel territorio di Sciacca egli si soffermò a lungo, morendovi nell’anno 561 dopo 35 anni di permanenza sul Monte Cronio, monte che in suo ricordo prende anche la denominazione di Monte San Calogero.
La sua vicenda si snoda alla fine del V secolo, periodo in cui la religione cristiana, pur essendo penetrata nell’interno della Sicilia secondo le direttrici Catania-Gela e Siracusa-Agrigento, stentava a consolidarsi ad ovest di tali zone. Si colloca proprio in questo contesto l’arrivo a Sciacca di San Calogero, la cui azione di apostolato fu fondamentale per la diffusione del cristianesimo in questa parte dell’isola.
I pochi documenti sulla sua figura si fondano soprattutto sugli Inni del monaco Sergio del secolo IX: essi risalgono al tempo dell’invasione musulmana e sono stati ritrovati nel 1600 in un vecchio codice nel monastero basiliano di S. Filippo di Fragalà, in provincia di Messina. Tali documenti indicano Calogero profugo in Sicilia da Calcedonia (città sullo Stretto del Bosforo, di fronte a Costantinopoli). Dopo le persecuzioni dei primi secoli, si andavano diffondendo nel quarto secolo le eresie circa la divinità e la natura stessa del Cristo, sicché, dopo una serie di altri Concilii, proprio a Calcedonia si era tenuto il Concilio del 451: qui furono prese in esame le empie dottrine del vescovo Ario, secondo cui Cristo altri non era che una semplice creatura umana, per quanto vicina a Dio. Le tensioni religiose furono ulteriormente aggravate dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 e dalla rottura dei rapporti del Patriarca di Costantinopoli col Papa, sfociata nello scisma del 483- 518 e nella persecuzione di quei vescovi che non vollero sottomettersi alla volontà del Patriarca. Fu proprio in questo clima arroventato che nacque, anche se non sappiamo la data precisa, San Calogero. Dopo i fatti accennati, non potendo più professare tranquillamente la fede cattolica, un gruppo di fedeli, di cui facevano parte Calogero (che non apparteneva alla gerarchia ecclesiatica), Gregorio e Demetrio (indicati come vescovo e diacono), si diresse in Sicilia e sbarcò a Lilibeo (Marsala). La scelta del luogo fu sicuramente dettata dal fatto che il vescovo di questa città era stato il Presidente del Concilio di Calcedonia e, pertanto, in questa sede si era certi di trovare quella devozione alla Santa Trinità che era stata affermata in quel Concilio. Oltretutto la Sicilia nel 491-496 sotto Teodorico viveva uno stato di relativa calma dopo la ferocia bestiale delle incursioni vandale del 440 e di quelle che si succedettero dal 455 al 533, salvo la pausa prima accennata.
Una volta in Sicilia, Gregorio rimase a Lilibeo col suo diacono (poi cadranno martirizzati dalle scorrerie dei Vandali), mentre Calogero iniziò la sua opera di evangelizzazione spostandosi tra Salemi, Palermo, Termini Imerese, Fragalà, Lipari, Lentini, Agrigento, Naro e Sciacca, lasciando ovunque il segno del suo passaggio, come testimoniano le tante grotte e località legate al suo nome, tanto che si diffuse la credenza che ci siano stati più di un Santo con questo nome. Addirittura in qualche posto come Agrigento, Naro, Campofranco, S. Salvatore di Fitalia (dove è patrono) si parla di un “Nero Taumaturgo”, definito erroneamente “nero” sol perché creduto proveniente dall’Africa. Del resto la mancanza di documenti fino al 1600, quando furono trovati gli Inni di Sergio, favorì certamente qualche falsa credenza.
Sempre secondo i già citati Atti, San Calogero, dopo 35 anni di permanenza sul monte, stremato dalle fatiche, dagli anni, dai digiuni e dalle penitenze, si chiuse in isolamento, cibandosi solo del latte della cerva che “l’arciere Sierio” inconsapevolmente uccise. Calogero sopravvisse ancora 40 giorni alla perdita dell’animale, finché Sierio lo trovò morto la sera del 17 giugno del 561. La salma del Santo fu seppellita dagli abitanti di Sciacca nella stessa grotta che lui aveva abitato e a continuarne l’opera rimase, come suo successore e suo erede spirituale, lo stesso Sierio.


CANONE A SAN CALOGERO
 di Sergio monaco

Il cui acrostico è:
“O Padre Calogero il monaco Sergio ti offre questo inno epodico.”
 sta in
http://padridellachiesa.blogspot.it/2014/06/18-giugno-saint-caloger-calocere.html

tratto da
https://santiebeatidisicilia.wordpress.com/c/calogero-santo-eremita/
Racconta una leggenda che un cacciatore di Naro, in Sicilia, inseguendo una cerva ferita, capitò in una grotta dove viveva un vecchio nero come la pece. L’eremita disse di essere Calogero, fratello di Diego e Gerlando, due santi venerati rispettivamente a Canicattì e ad Agrigento.
Per desiderio espresso di Calogero (il nome nella etimologia greca vuol dire semplicemente “bel vecchio”, e con questo appellativo venivano indicati gli eremiti), il cacciatore tacque per alcuni anni la notizia; poi quando gli abitanti di Naro si recarono in processione alla grotta, del santo eremita trovarono soltanto le ossa.
Ma ad Agrigento, smentendo in parte la leggenda di Naro, si parla addirittura di quattro santi eremiti col nome di Calogero, patroni di Naro, di Agrigento, di Licata e di Sciacca. Al dire di un antico ritornello, i quattro non sarebbero ugualmente ben disposti a concedere grazie ai devoti, giacché ” S. Caloiru di Girgenti, li grazii li fa pri nienti; – S. Caloiru di Naru, li fa sempri pri dinaru “, il patrono di Agrigento le grazie le fa per niente, mentre quello di Naro le fa sempre per denaro!
Il santuario più rinomato e più popolare per il culto di S. Calogero è quello di Gemmariaro, o Cronio, un monte a ridosso della cittadina termale di Sciacca.
A Fragalà, in provincia di Messina, è stata scoperta la testimonianza più antica del culto di S. Calogero: alcune odi, scritte da un monaco di nome Sergio, del IX secolo, nelle quali si parla di un vecchio eremita, vissuto in una spelonca e dotato di eccezionali poteri taumaturgici contro gli spiriti maligni. S. Calogero sarebbe arrivato in Sicilia da Cartagine e spinto dal desiderio di appartarsi si sarebbe celato dentro una spelonca nei pressi di Lilibeo.
Un altro testo, utilizzato anche dalle lezioni dell’Uftìcio, e concordante sostanzialmente col precedente, dice che S. Calogero, nativo di Costantinopoli, dopo una giovinezza trascorsa nello studio della Scrittura e negli esercizi ascetici, venne a Roma a far visita al papa e da questi ottenne il permesso di vivere da eremita, in Sicilia, dove si recò in compagnia di Onofrio, Filippo e Archileone.
Lasciando proseguire i compagni per Paternò e Agira, Calogero sostò nell’isola di Lipari. Più tardi, rispondendo al richiamo di una angelica visione, dalle Eolie avrebbe fatto vela per Sciacca, dove scelse a dimora una grotta sul monte Gemmariaro.
Visse per altri trentacinque anni, in solitaria meditazione, interrotta di tanto in tanto per scendere a predicare la parola di Dio in mezzo al popolo, operandovi prodigi di ogni genere.
—————————————————————————————————————————————————
UNA NOTA BIOGRAFICA CURATA DA ENZO GIUNTA

Il personaggio conosciuto come “San Calogero” probabilmente aveva altro nome.
“Calogeri” 1, infatti, erano religiosi che seguivano con particolare scrupolo la regola di San Basilio ed attuavano la vita monastica con estremo rigore, in termini di penitenze e privazioni. Loro caratteristica era quella di abitare, da eremiti, sui monti; in particolare, in Grecia, stavano sul monte Atos.
Il nostro eremita sarebbe un calcedone fuggito in Sicilia, insieme ad altri cristiani 2, a causa delle persecuzioni degli imperatori Diocleziano e Massimiano.
Nell’isola, però, sarebbero stati oggetto di analoghe persecuzioni, conclusesi, per i compagni di Calogero, con il martirio.
Calogero, invece, riparò sul monte Eurako 3, oggi San Calogero, dove condusse vita contemplativa, curando anche l’evangelizzazione del territorio circostante, in particolare di Terme 4 e di Caccamo.
Secondo la tradizione durante il suo soggiorno scacciò i diavoli che infestavano il monte, lasciando impressa l’impronta del suo piede sulla roccia 5 e fece sgorgare, quasi sulla sommità, una sorgente  di acqua limpida, a fronte di quella amara fatta scaturire dal diavolo. Infine, si sarebbe trasferito sul monte Cronio, nei pressi di Sciacca, dove morì.
Sulla vetta della montagna i Termitani costruirono una piccola chiesa a lui dedicata, di cui oggi sono visibili pochissimi ruderi. Fino alla metà del Novecento, nei pressi della chiesetta si notava ancora, seppure mutilata, la statua del santo, scolpita nella pietra, che qualche irresponsabile ha poi buttato nel cosiddetto ed inaccessibile “canalone del diavolo”.
È bene precisare che il corpo del San Calogero custodito nel Duomo di Termini Imerese fin dal 1665 è quello di Calogero Eunuco, messo a morte a Milano nel 253 d.C., sotto l’imperatore Decio.
Questi, e non quello che dimorò a Terme, è annoverato tra gli antichi patroni della città 6 ed in suo onore, fin dai tempi di Federico II 7, nei giorni 17/19 giugno si teneva una fera franca 8.
Oggi, il monte San Calogero ricade tra i territori di Caccamo, Sciara e Termini Imerese, ma in passato fu motivo di contrasto tra i Signori di Caccamo e la Città demaniale di Termini.
I Caccamesi, per esempio, solevano ricordare la festa di San Calogero il 18 giugno di ogni anno, recandosi, bandiere al vento, sulla sommità del monte e facendo un chiasso indiavolato, quasi a voler testimoniare il loro diritto sulla montagna 9.
Tale comportamento, ovviamente non era gradito ai Termitani i quali, nell’anno 1477, riuscirono a fare abolire la festa dal Vicerè del tempo.
di ENZO GIUNTA
NOTE
1 Calogero potrebbe avere etimologia greca: cioè “buon (o “virtuoso”) vecchio” ovvero “ invecchiato nella virtù”. Recentemente è stato sostenuto che per i bizantini kalògheros non era un nome proprio, ma significava “monaco”.
2 Nell’anno 300 d.C.
3 Che con i suoi 1.326 mt. sovrasta la città e che ha il primato di essere la montagna più alta con le pendici sul mare, di tutto il Mediterraneo.
4 Questo era, allora, il nome di Termini Imerese.
5 In base alla versione riferita da Niccolò Palmeri, i diavoli infestavano le sorgenti termali, impedendo l’ingresso.
6 La patrona principale è l’Immacolata, cui si aggiungono anche il Beato Agostino, Santa Marina e Santa Basilla.
7 Privilegio del giorno 8 giugno 1223.
8 In pratica, in un’area ben delimitata, si svolgeva una fiera (oggi la chiameremmo “ mercatino”) dove non si pagavano gabelle.
9 Giuseppe Lo Bianco Comparato, “Caccamo e la Sicilia”, 1978.
Fonte: http://siciliaisoladaamare.wordpress.com

Leggere anche

Un ponte tra Occidente e Oriente: il culto di San Calogero in Sicilia.

Sta in

http://carrettosiciliano.com/carmelo-nicoloso/194-un-ponte-tra-occidente-e-oriente-il-culto-di-san-calogero-in-sicilia


Nessuna descrizione della foto disponibile.

 
Saint CALOGER (CALOCERE, CALOYER, CALOCERUS, CALOGERUS), Grec de nation, ermite à Sciacca près d'Agrigente en Sicile (vers 486). On l'invoque surtout pour la guérison des énergumènes. 


 
Tropario di San Calogero modo 4
Coi ruscelli delle tue lacrime /rendesti fertile il suolo del deserto/ e coi gemiti profondi/

facesti fruttificare al centuplo le tue fatiche; /e divenisti un faro per il mondo intero /irradiando luce coi miracoli,/ o Calogero nostro Padre; /intercedi presso Cristo Dio/ affinché salvi le nostre anime

http://www.oodegr.com/tradizione/tradizione_index/vitesanti/calogerofilippo.htm


Saints GREGOIRE, évêque, DEMETRE, archidiacre, et CALOGERUS, higoumène, expulsés d'Afrique du Nord par les Vandales et réfugiés à Fragalata près de Messine en Sicile (Vème siècle).