martedì 31 gennaio 2017
lunedì 30 gennaio 2017
31 gennaio sinassario Sikelia prima millennio
Saint ATHANASE, Sicilien de nation, évêque de Méthone dans le Péloponnèse (vers 880).
Il Padre Antonio Scordino di venerata memoria cosi scrive
Atanasio vescovo di Methoni [31 gennaio]. Nato a Catania, fu vescovo di Methoni alla fine dell’VIII secolo
http://www.ortodossia.it/w/index.php?option=com_content&view=article&id=2820:santi-della-grande-grecia-prospetto-storico&catid=161:ellenismo-in-italia&lang=it
e poi
Rileggendo l’Epitafio di Atanasio, vescovo di Metone, di Pietro d’Argo (BHG 196), in "La Sicilia del IX secolo tra Bizantini e Musulmani". Atti del IX Convegno di Studi, Caltanissetta, 12-13 maggio 2012, Caltanissetta 2013, pp. 183-193
http://www.academia.edu/7141088/Rileggendo_l_Epitafio_di_Atanasio_vescovo_di_Metone_di_Pietro_d_Argo_BHG_196_in_La_Sicilia_del_IX_secolo_tra_Bizantini_e_Musulmani_._3
sabato 28 gennaio 2017
29 gennaio San Potamione (Potamio) di Agrigento Vescovo
Saint POTAMION, évêque d'Agrigente en Sicile (VIème siècle). Sarebbe successo a Felice-Macario (?).
ricordato da Leonzio e dal Metafraste perché nel 571 ammise S. Gregorio II tra i chierici, dopo averlo fatto istruire dal 567.
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91431
San Potamione, Vescovo della Città, durante l'impero di Giustiniano ed il regno di Teodorico
Potamione battezzò il futuro vescovo Gregorio
TRATTO da http://www.santiebeati.it/dettaglio/91431
Sarebbe successo a Felice-Macario
(?).
E’ ricordato da Leonzio e dal Metafraste perché nel 571 ammise S. Gregorio II tra i chierici, dopo averlo fatto istruire dal 567.
Viene raffigurato, nella serie dei ritratti dei vescovi che si vedono nel salone dell'episcopio agrigentino, mentre accoglie il piccolo Gregorio e, nella cattedrale, al lato destro dell'organo mentre lo battezza e poi quando lo ammette tra i chierici.
E' pure rappresentato in una trave del soffitto ligneo della cattedrale (1688?) e tra i sette santi vescovi agrigentini in una sala del palazzo vescovile.
Le notizie sulla sua vita provengono dalla biografia di S. Gregorio II, scritta dall'egumeno Leonzio, secondo il quale, battezzò S. Gregorio, lo fece istruire da Damiano e, accoltolo fra i chierici. lo affidò per l'ulteriore istruzione ed educazione all'arcidiacono Donato.
Poiché S. Gregorio fu eletto vescovo attorno al 590, come successore di Teodoro o Teodosio, si pensa che questi sarà stato successore di Potamione e possibilmente si potrebbe stabilire il suo episcopato attorno al 560.
Secondo il Pirro sarebbe vissuto nell'epoca tra Teodorico (518-526) e l'imperatore Giustiniano (527-565).
E’ ricordato da Leonzio e dal Metafraste perché nel 571 ammise S. Gregorio II tra i chierici, dopo averlo fatto istruire dal 567.
Viene raffigurato, nella serie dei ritratti dei vescovi che si vedono nel salone dell'episcopio agrigentino, mentre accoglie il piccolo Gregorio e, nella cattedrale, al lato destro dell'organo mentre lo battezza e poi quando lo ammette tra i chierici.
E' pure rappresentato in una trave del soffitto ligneo della cattedrale (1688?) e tra i sette santi vescovi agrigentini in una sala del palazzo vescovile.
Le notizie sulla sua vita provengono dalla biografia di S. Gregorio II, scritta dall'egumeno Leonzio, secondo il quale, battezzò S. Gregorio, lo fece istruire da Damiano e, accoltolo fra i chierici. lo affidò per l'ulteriore istruzione ed educazione all'arcidiacono Donato.
Poiché S. Gregorio fu eletto vescovo attorno al 590, come successore di Teodoro o Teodosio, si pensa che questi sarà stato successore di Potamione e possibilmente si potrebbe stabilire il suo episcopato attorno al 560.
Secondo il Pirro sarebbe vissuto nell'epoca tra Teodorico (518-526) e l'imperatore Giustiniano (527-565).
martedì 24 gennaio 2017
sinassario in Sikelia per il 25 gennaio
Saints FABIEN et SABINIEN, martyrs en Sicile.
Le martyrologe romain pour chaque jour de l'année, selon la réformation du calendrier li declara cristiani martiri catanesi intorno all'anno 269 collocandone la memoria al 31 dicembre
Il sinassario ROCOR da me consultato si limita a scrivere martiri in Sicilia e ne colloca la memoria al 25 gennaio
venerdì 20 gennaio 2017
21 gennaio Saint ZOSIME, évêque de Syracuse en Sicile (662)
http://www.johnsanidopoulos.com/2017/01/synaxarion-of-saint-zosimos-bishop-of.html
Santo Zosimo
Vescovo di Siracusa(verso il 662) –Martirologio Romano A Siracusa, san Zosimo, vescovo, che fu
dapprima umile custode della tomba di santa Lucia, poi abate del monastero del
luogo.
Zosimo,
vescovo (VII secolo) era un giovane monaco cui era stata affidata per la sua
inettitudine la custodia della tomba di Santa Lucia a Siracusa. Un giorno,
desideroso di rivedere i genitori, lasciò il monastero senza avvertire i
superiori. I genitori, vedendolo arrivare con aria di fuggitivo, lo
rimproverarono e lo riaccompagnarono al monastero. Venne perdonato dall'abate e
riconsegnato al suo compito di "guardiano della tomba", che tenne a
lungo perché considerato incapace di altre e più impegnative mansioni.
Alla morte dell'abate, i monaci si recarono dal vescovo per conoscere il nome del successore. Fra loro non c'era Zosimo, rimasto a casa come "inutile". Quando il vescovo ebbe davanti i monaci, chiese: "Ci siete tutti?". "No, - risposero - a casa c'è il guardiano della tomba di santa Lucia, ma è di poco conto". "Fatelo venire" ingiunse il vescovo. E quando Zosimo arrivò: "Ecco il vostro abate" affermò solennemente il vescovo.
Così Zosimo, tra la sorpresa di tutti, divenne abate del monastero dimostrando presto di quanta saggezza e virtù fosse ricco, a tal punto che il popolo lo volle quale proprio vescovo. Confermato da papa Teodoro, egli rimase sulla cattedra episcopale siracusana dal 647 al 662 guidando la diocesi con bontà e saggezza
Alla morte dell'abate, i monaci si recarono dal vescovo per conoscere il nome del successore. Fra loro non c'era Zosimo, rimasto a casa come "inutile". Quando il vescovo ebbe davanti i monaci, chiese: "Ci siete tutti?". "No, - risposero - a casa c'è il guardiano della tomba di santa Lucia, ma è di poco conto". "Fatelo venire" ingiunse il vescovo. E quando Zosimo arrivò: "Ecco il vostro abate" affermò solennemente il vescovo.
Così Zosimo, tra la sorpresa di tutti, divenne abate del monastero dimostrando presto di quanta saggezza e virtù fosse ricco, a tal punto che il popolo lo volle quale proprio vescovo. Confermato da papa Teodoro, egli rimase sulla cattedra episcopale siracusana dal 647 al 662 guidando la diocesi con bontà e saggezza
(Testo tratto da:Profili di Siracusani Illustri
Mons. Giuseppe Cannarella)
Mons. Giuseppe Cannarella)
Zosimo nacque da agiati parenti, che l'ottennero da
Dio con grandi preghiere. Quando ebbe compiuto l'età di sette anni, lo vollero
dedicare al servizio di Dio nel monastero benedettino di Santa Lucia al quale,
insieme col figlio, offrirono in dono un podere, che avevano lì presso.
Era allora abate del monastero Giovanni, di cui è menzione nel Regesto di S. Gregorio Magno nel luglio del 597; il quale morì poco dopo e gli successe Fausto che dal biografo è detto "santo, ricco di meriti e di virtù, di cui Zosimo si studiava di imitare la vita e i costumi".
Da lui Zosimo, ancor giovane, fu deputato alla custodia del sepolcro della santa. Preso però dall'amore dei parenti, fuggì a casa loro; ma essi, pii e buoni cristiani, lo persuasero a lasciarsi ricondurre al monastero. Qui la notte in sogno gli parve vedere la Santa, che adirata gli minacciava castighi per averla abbandonata. Ripresa la vita monastica, si diede con grande fervore all'esercizio delle virtù, specialmente della purezza, per la quale spiccò sopra tutti. Dopo aver passato trent'anni in questo tenore di vita, sempre crescendo in perfezione, venne a morire il suo abate San Fausto, pieno di anni e di meriti. Dovendosi passare alla scelta del successore, alcuni sollecitavano questa dignità; ma poi i monaci pensarono di rimettere l'elezione al Vescovo che era allora San Giovanni, cui il Papa del tempo S. Gregorio Magno aveva affidato incarichi per tutta la Sicilia perchè ben conosceva "di quale gravità, mansuetudine e santi costumi egli fosse". Si recarono perciò tutti a trovarlo, tranne Zosimo, che, alieno da ogni ambizione, era rimasto nelle sue consuete preghiere al sepolcro di Santa Lucia.
Era allora abate del monastero Giovanni, di cui è menzione nel Regesto di S. Gregorio Magno nel luglio del 597; il quale morì poco dopo e gli successe Fausto che dal biografo è detto "santo, ricco di meriti e di virtù, di cui Zosimo si studiava di imitare la vita e i costumi".
Da lui Zosimo, ancor giovane, fu deputato alla custodia del sepolcro della santa. Preso però dall'amore dei parenti, fuggì a casa loro; ma essi, pii e buoni cristiani, lo persuasero a lasciarsi ricondurre al monastero. Qui la notte in sogno gli parve vedere la Santa, che adirata gli minacciava castighi per averla abbandonata. Ripresa la vita monastica, si diede con grande fervore all'esercizio delle virtù, specialmente della purezza, per la quale spiccò sopra tutti. Dopo aver passato trent'anni in questo tenore di vita, sempre crescendo in perfezione, venne a morire il suo abate San Fausto, pieno di anni e di meriti. Dovendosi passare alla scelta del successore, alcuni sollecitavano questa dignità; ma poi i monaci pensarono di rimettere l'elezione al Vescovo che era allora San Giovanni, cui il Papa del tempo S. Gregorio Magno aveva affidato incarichi per tutta la Sicilia perchè ben conosceva "di quale gravità, mansuetudine e santi costumi egli fosse". Si recarono perciò tutti a trovarlo, tranne Zosimo, che, alieno da ogni ambizione, era rimasto nelle sue consuete preghiere al sepolcro di Santa Lucia.
Il Vescovo, avuti tutti i monaci dinanzi a sè, chiese
loro se mancasse alcuno. Gli fu risposto: nessuno. Avendo ripetuto la domanda
la seconda e la terza volta, i monaci risposero: nessuno, tranne l'ostiario del
monastero.
Fattolo venire, il Vescovo lo accolse con grande onore e riverenza e lo elesse Abate con grande stupore dei monaci, uno dei quali esclamò: "Si è avverato oggi il detto del profeta Isaia: Sopra chi riposerà il mio spirito, se non nell'umile, e sopra colui che teme la mia parola?" Il medesimo Vescovo ordinò Zosimo sacerdote della Chiesa della Beata Vergine Maria, che era la Cattedrale.
Zosimo tenne l'ufficio di abate del monastero di S. Lucia per ben quarant'anni e diede tali prove di prudenza, di zelo e di ogni virtù che era da tutti ritenuto come uomo consumato nella difficile arte di governare. Venuto a morte il Vescovo di Siracusa, la maggior parte del Clero e del popolo voleva, come successore, Zosimo, stimatissimo per le sue virtù; altri, giudicandolo come uomo semplice e di poca levatura nelle cose del mondo, preferivano un certo Venerio. Non potendosi mettere d'accordo, i rappresentanti delle due parti, coi rispettivi eletti, furono a Roma. Era allora Sommo Pontefice S. Teodoro (642-649), il quale scelse Zosimo, che non voleva affatto quel peso e accettò per le insistenze di Elia, che fu suo arcidiacono e poi suo successore.
Consacrato Vescovo, fu accolto con grandissima letizia da tutta la città, che in breve tempo divenne un solo ovile sotto la guida del santo pastore. Quanto era superiore agli altri per la dignità e i meriti, tanto si faceva inferiore con l'umiltà. Unicamente sollecito della salute spirituale del suo gregge, lo amministrava con la parola e più con l'esempio, nell'esercizio delle virtù, specialmente della carità; sicchè, dice il suo biografo, egli era assai più amato per la sua mansuetudine che non gli altri per il loro rigore.
Narra il suo diacono Giovanni, che facevagli da segretario, che un giorno gli si presentò un povero, chiedendo l'elemosina. Zosimo ordinò a Giovanni che gli desse due monete. Avendogli quegli risposto di non averne, gli ingiunse di vendere il mantello e darne il ricavato al mendico. Mormorando il diacono per l'ordine troppo gravoso, Zosimo si tolse dalle spalle il suo mantello che era nuovo e gli ordinò di venderlo immediatamente. In quel mentre arrivò un giovane che, messosi in ginocchio ai suoi piedi, gli lasciò una buona somma di danaro. Il santo Vescovo riprese il gretto animo e la poca fede del suo diacono.
Benchè Vescovo e vecchio, non tollerava che alcuno lo servisse, ma faceva ogni cosa da sè. Un prete, di nome Mauro, che aveva cura della sua casa e gli era molto caro, vedendolo un pomeriggio dormicchiare sulla sedia molestato dalle mosche, prese un flabello e le cacciava. Come egli se ne accorse, lo sgridò dicendogli di impiegare piuttosto quel tempo nella preghiera.
Era assiduo nell'amministrare e nell'ammonire tutti i fedeli affidati alle sue cure. Restaurò il tempio in onore della Beata Vergine che era la sua Cattedrale; nella quale, dice il suo biografo, offriva il santo Sacrificio e faceva le sue preghiere. Avendolo splendidamente adornato e arricchito, lo consacrò l'anno quinto del suo episcopato e ottantaduesimo anno di età, con grandissima solennità e infinita allegrezza del popolo.
Gli ebrei, che erano allora numerosi in Siracusa, vedendo ciò, volevano riedificare la loro sinagoga, distrutta poco prima in una incursione dei saraceni, ma egli non lo permise. Nell'ultima malattia fu visitato da Euprassio, cubiculario dell'imperatore; il quale, vedutolo giacere sopra poverissima stuoia, gli fece portare degli eleganti trapunti. Il santo vi giacque un poco, ma poi ordinò di venderli e darne il denaro ai poveri. Tornato Euprassio, e vedendolo di nuovo su quella povera stuoia, gliene mosse lamento, ma Zosimo gli disse che in essa riposava meglio che in qualunque altro morbido letto.
Finalmente dopo tredici anni di episcopato e novanta di vita, avendo prima predetto al suo arcidiacono Elia che gli sarebbe succeduto, preso da febbre, placidamente spirò.
Fattolo venire, il Vescovo lo accolse con grande onore e riverenza e lo elesse Abate con grande stupore dei monaci, uno dei quali esclamò: "Si è avverato oggi il detto del profeta Isaia: Sopra chi riposerà il mio spirito, se non nell'umile, e sopra colui che teme la mia parola?" Il medesimo Vescovo ordinò Zosimo sacerdote della Chiesa della Beata Vergine Maria, che era la Cattedrale.
Zosimo tenne l'ufficio di abate del monastero di S. Lucia per ben quarant'anni e diede tali prove di prudenza, di zelo e di ogni virtù che era da tutti ritenuto come uomo consumato nella difficile arte di governare. Venuto a morte il Vescovo di Siracusa, la maggior parte del Clero e del popolo voleva, come successore, Zosimo, stimatissimo per le sue virtù; altri, giudicandolo come uomo semplice e di poca levatura nelle cose del mondo, preferivano un certo Venerio. Non potendosi mettere d'accordo, i rappresentanti delle due parti, coi rispettivi eletti, furono a Roma. Era allora Sommo Pontefice S. Teodoro (642-649), il quale scelse Zosimo, che non voleva affatto quel peso e accettò per le insistenze di Elia, che fu suo arcidiacono e poi suo successore.
Consacrato Vescovo, fu accolto con grandissima letizia da tutta la città, che in breve tempo divenne un solo ovile sotto la guida del santo pastore. Quanto era superiore agli altri per la dignità e i meriti, tanto si faceva inferiore con l'umiltà. Unicamente sollecito della salute spirituale del suo gregge, lo amministrava con la parola e più con l'esempio, nell'esercizio delle virtù, specialmente della carità; sicchè, dice il suo biografo, egli era assai più amato per la sua mansuetudine che non gli altri per il loro rigore.
Narra il suo diacono Giovanni, che facevagli da segretario, che un giorno gli si presentò un povero, chiedendo l'elemosina. Zosimo ordinò a Giovanni che gli desse due monete. Avendogli quegli risposto di non averne, gli ingiunse di vendere il mantello e darne il ricavato al mendico. Mormorando il diacono per l'ordine troppo gravoso, Zosimo si tolse dalle spalle il suo mantello che era nuovo e gli ordinò di venderlo immediatamente. In quel mentre arrivò un giovane che, messosi in ginocchio ai suoi piedi, gli lasciò una buona somma di danaro. Il santo Vescovo riprese il gretto animo e la poca fede del suo diacono.
Benchè Vescovo e vecchio, non tollerava che alcuno lo servisse, ma faceva ogni cosa da sè. Un prete, di nome Mauro, che aveva cura della sua casa e gli era molto caro, vedendolo un pomeriggio dormicchiare sulla sedia molestato dalle mosche, prese un flabello e le cacciava. Come egli se ne accorse, lo sgridò dicendogli di impiegare piuttosto quel tempo nella preghiera.
Era assiduo nell'amministrare e nell'ammonire tutti i fedeli affidati alle sue cure. Restaurò il tempio in onore della Beata Vergine che era la sua Cattedrale; nella quale, dice il suo biografo, offriva il santo Sacrificio e faceva le sue preghiere. Avendolo splendidamente adornato e arricchito, lo consacrò l'anno quinto del suo episcopato e ottantaduesimo anno di età, con grandissima solennità e infinita allegrezza del popolo.
Gli ebrei, che erano allora numerosi in Siracusa, vedendo ciò, volevano riedificare la loro sinagoga, distrutta poco prima in una incursione dei saraceni, ma egli non lo permise. Nell'ultima malattia fu visitato da Euprassio, cubiculario dell'imperatore; il quale, vedutolo giacere sopra poverissima stuoia, gli fece portare degli eleganti trapunti. Il santo vi giacque un poco, ma poi ordinò di venderli e darne il denaro ai poveri. Tornato Euprassio, e vedendolo di nuovo su quella povera stuoia, gliene mosse lamento, ma Zosimo gli disse che in essa riposava meglio che in qualunque altro morbido letto.
Finalmente dopo tredici anni di episcopato e novanta di vita, avendo prima predetto al suo arcidiacono Elia che gli sarebbe succeduto, preso da febbre, placidamente spirò.
San
Zosimo,
opera di
Antonello da Messina, presso il Duomo
di Siracusa
http://www.siracusaweb.com/main/siracusa/personaggi/il-vescovo-san-zosimo.html
http://www.santiebeati.it/dettaglio/47850
dalla pagine facebook dell'utente "santi italo greci "
mercoledì 18 gennaio 2017
Sinassario del 19 gennaio -Sikelia
Saint BASSIEN (BASSIANUS), évêque de Lodi, suffragant de la métropole de Milan (413). Nato a Siracusa verso il 320 da Sergio, prefetto della città, fu mandato a Roma per completarvi gli studi. Qui, convertito alla religione cristiana da un sacerdote di nome Giordano, ricevette il battesimo. Richiamato in patria dal padre che lo voleva far apostatare, si rifugiò a Ravenna, dove fu ordinato sacerdote. Verso il 373, essendo morto il vescovo di Lodi, fu scelto a succedergli anche, come sembra, per un intervento soprannaturale. Bassiano fece edificare una chiesa dedicata ai SS. Apostoli, consacrandola nel 380 alla presenza di s. Ambrogio di Milano e di s. Felice di Como, e che piu tardi prese il suo nome. Partecipò nel 381 al concilio di Aquileia e, probabilmente, nel 390 a quello di Milano, nel quale fu condannato Gioviniano. La sua firma si trova insieme con quella di s. Ambrogio nella lettera sinodica inviata al papa Siricio. Nel 397 assisté alla morte e ai funerali dello stesso s. Ambrogio, del quale era amico. Morì nel 409,
San Bassiano vescovo (altrove chiamato San Bassano, ma per noi lodigiani San Bassàn), patrono della diocesi di Lodi. Si tratta di un Santo poco conosciuto, ma sbaglierebbe chi lo volesse trattare da Santo “minore”: è in realtà un grande Santo
Recita la sua iscrizione sepolcrale: “Governò la sua Chiesa per 35 anni e 20 giorni. A 90 anni di età, lasciando alla terra il suo corpo nella gioia salì al cielo quando erano consoli gli augusti Onorio per l'ottava volta e Teodosio per la terza.”. Dunque, nato nel 319, consacrato il 9 gennaio 374, tornato alla casa del Padre l’8 febbraio del 409. Le principali fonti su di lui sono la Vita Sancti Bassiani, opera agiografica del suo successore Andrea (ca. 971-1002) e La vita di San Bassiano, testo anonimo del XIII secolo in volgare antico che narra alcune affascinanti Tradizioni
Nacque Bassiano in quel di Siracusa, figlio del prefetto della città, Lucio, il quale, ambendo a farsi succedere dal figlio, lo mandò a studiare a Roma. Avvenne però, che il fanciullo si convertisse quattordicenne al cristianesimo e si facesse battezzare da un sacerdote di nome Gordiano. Quando lo seppe il padre, pagano, inviò dei suoi emissari a Roma per rapirlo e farlo abiurare con la forza.Mentre pregava nella chiesa di San Giovanni Battista il giovane fu però avvertito da un prodigio del cielo e fuggì verso Ravenna.
Durante il viaggio, narra la tradziione , si imbattè in una cerva coi suoi due cerbiatti, inseguiti da un gruppo di cacciatori e cani da caccia. I tre animali si accucciarono mansuetamente ai suoi piedi, quasi a mettersi sotto la sua protezione. I cacciatori spronarono comunque i cavalli all’indirizzo dei tre cervi, ma Bassiano pregò Iddio che non fosse fatto loro del male, e subito i cavalieri, colpiti da una misteriosa forza caddero a terra tramortiti. Riuscirono ad alzarsi soltanto quando ebbero ottenuto il perdono di Bassiano. Per questo l’iconografia rappresenta spesso il Santo in compagnia di questi animali. A Ravenna fu ordinato sacerdote e iniziò una vita di umiltà e carità a favore dei poveri nella più assoluta discrezione. Malgrado la quale la sua fama dovette comunque espandersi, tanto che un bel giorno gli arrivò la notizia che i fedeli di una cittadina chiamata Laus Pompeia lo reclamavano come proprio vescovo.
Laus Pompeia, antico villaggio gallico, divenuto città romana nell’89 a.C. per decreto del console Gneo Pompeo Strabone, in onore al quale aveva preso il nome, aveva già legato la propria fama alla storia della Chiesa: qui aveva avuto luogo il terribile martirio dei santi Nabore, Felice e Vittore, soldati africani che, proclamandosi fedeli all’Imperatore nella sfera civile e militare, ma a Cristo in quella spirituale, erano stati condannati a morte e decapitati nel 303: come luogo dell’esecuzione era stata scelta l’antica Laus in un tentativo intimidatorio nei confronti della fiorente comunità cristiana della città. A loro Sant’Ambrogio avrebbe dedicato l’inno Felix, Nabor, Victor pii.
Il tentativo non doveva avere avuto troppo successo, dato che 71 anni dopo i cristiani lodigiani erano più agguerriti che mai: la diocesi di Milano, la loro diocesi, era finita in mano ad un vescovo eretico, l’ariano Aussenzio. I lodigiani insorsero per rivendicare la propria fedeltà a Roma che era fedele alla sana dottrina e decisero di “mettersi in proprio”, reclamando un proprio vescovo. Secondo la leggenda, prodigi del cielo avrebbero indicato ai fedeli questo oscuro chierico ravennate, che fu a furor di popolo mandato a chiamare.
Il giorno della sua consacrazione, narra sempre la leggenda, Bassiano era in cammino verso la città, e si imbatté in un uomo affetto da una grave paralisi che gli aveva preso la lingua, rendendolo muto. Egli baciò l’anello al vescovo e, prodigiosamente, riprese a parlare. Quel giorno infuriava in città un’epidemia di lebbra. Bassiano si recò al lazzaretto e, piangendo, si inginocchiò e pregò il Signore per quegli ammalati, baciandoli ad uno ad uno. Insediatosi, passò tutta la notte in preghiera e al mattino una voce lo avvertì che l’epidemia era finita. In compenso, egli sarebbe stato sempre lebbroso, ma ad una gamba sola. Nel Medio Evo si diceva che tutti i vescovi di Lodi fossero lebbrosi ad una gamba ma proprio in virtù di questa loro sofferenza l’intera città fosse perennemente preservata da epidemie.
Poco dopo Aussenzio morì e anche la limitrofa diocesi di Milano tornò nella fede dei Padri ed ebbe il dono di avere come proprio vescovo il grande Sant’Ambrogio. Bassiano ed Ambrogio furono legati da un profondo vincolo di amicizia. Il primo gennaio 378 San Bassiano, Sant’Ambrogio e San Felice, ve-scovo di Como, consacrano, fuori le mura di Laus Pompeia, la prima basilica di Lodi, la Basilica Apostolorum o Basilica dei Dodici Apostoli. La lotta alle eresie li vide uniti e compatti dalla parte di Roma. Nel 381 il vescovo di Lodi partecipa al Concilio di Aquileia ed è fra coloro che condannano il vescovo ariano Palladio di Ratiara. Nel 390 partecipa al Sinodo milanese indetto da Ambrogio per contrastare la predicazione dell’eretico Gioviano ed è cofirmatario della lettera sinodale inviata a papa Siricio. Nel 397 alla morte di Ambrogio, Bassiano assiste al funerale dell’amico e sodale. L’8 febbraio 409 il primo vescovo di Lodi muore e nel 413 le sue reliquie sono sepolte nella Basilica dei Dodici Apostoli, da quel momento nota anche come Basilica di San Bassiano.
La Basilica sopravvisse anche ai due tremendi saccheggi ad opera delle soldataglie milanesi con cui, nel 1111 e nel 1158, i lodigiani dovettero pagare la loro fedeltà alla causa ghibellina. Nel sacco del 1158, nel quale la Basilica di San Bassiano e la più tarda Cattedrale di Santa Maria furono in pratica gli unici due edifici a non essere rasi al suolo, le reliquie del Santo furono trafugate e traslate a Milano. Il 3 agosto 1158 Federico Barbarossa in persona, per ricompensare i lodigiani della loro fedeltà, fonda sul Colle Eghezzone la nuova città di Lodi e il giorno stesso pone la prima pietra della Basilica Cattedrale della Vergine Assunta, o Duomo di Lodi, che sarà la nuova sede vescovile. Il 10 marzo 1162 l’Imperatore costringe Milano alla resa e riprende possesso anche delle venerate reliquie, che il 4 novembre 1163 vengono traslate nella cripta del Duomo con una solenne processione guidata dallo stesso Imperatore, dall’antipapa Vittore IV, dal patriarca di Aquileia e dall’abate di Cluny. Tutt’ora il Santo riposa in un sarcofago nella cripta.
L’antica Basilica dei Dodici Apostoli svetta ancora in mezzo alla campagna lodigiana, appena fuori dal paese di Lodi Vecchio, sorto sulle rovine della antica Laus Pompeia.
con qualche "opportuna correzione in sede di vocaboli " da
http://www.campariedemaistre.com/2013/01/san-bassan-la-vita-di-un-vescovo-tra.html
martedì 10 gennaio 2017
santi di Sikelia per 11 gennaio
San Senatro Monaco, venerato a Missanello
sec. X
Santo italo-greco, fratello di san Luca di Demenna, monaco,
, S.
Senatro (o Senatore) è venerato a Missanello, in Lucania in provincia di
Potenza. Egli è però nato in Sicilia a Demenna città siciliana presso
Alcara nella prima metà del X
secolo, da nobilissimi genitori di nome Giovanni e Tedibia, dai quali fu
educato nella fede e nella scienza divina. Solo a causa di
un'approssimazione geografica è chiamato in alcune fonti "il calabrese".
Vissuto prima nel Mercurion di Rossano, poi si stabilì fino alla morte nel monastero di S. Elia in Missanello, fondato da S. Vitale di Castronovo di Sicilia, anch'egli gran santo e taumaturgo siciliano approdato in Lucania per sfuggire le persecuzioni saracene e iconoclaste che imperversavano nella sua terra d'origine. A Missanello, piccolo comune di circa 600 abitanti, ancora oggi, si conservano le sue preziose reliquie. La festa ricorre l'11 gennaio, giorno in cui morì in un anno imprecisato intorno al Mille. Nessun dubbio tuttavia sulla sua esistenza e santità, testimoniate dalla devozione popolare immemorabile, dalla venerazione delle reliquie e dalla fama di miracoli ed attestata da un documento eccezionale: una “Bolla” di papa Eugenio III, datata 1 agosto 1151, nella quale si attesta che S. Senatro è vissuto a Missanello nel monastero di S. Elia e vi si riconosce solennemente il culto pubblico al Santo. La bella statua che lo ritrae, conservata nella chiesa parrocchiale, è del XVI secolo.
L'icona lo mostra come abate del monastero secondo una possibile e venerata tradizione
Vissuto prima nel Mercurion di Rossano, poi si stabilì fino alla morte nel monastero di S. Elia in Missanello, fondato da S. Vitale di Castronovo di Sicilia, anch'egli gran santo e taumaturgo siciliano approdato in Lucania per sfuggire le persecuzioni saracene e iconoclaste che imperversavano nella sua terra d'origine. A Missanello, piccolo comune di circa 600 abitanti, ancora oggi, si conservano le sue preziose reliquie. La festa ricorre l'11 gennaio, giorno in cui morì in un anno imprecisato intorno al Mille. Nessun dubbio tuttavia sulla sua esistenza e santità, testimoniate dalla devozione popolare immemorabile, dalla venerazione delle reliquie e dalla fama di miracoli ed attestata da un documento eccezionale: una “Bolla” di papa Eugenio III, datata 1 agosto 1151, nella quale si attesta che S. Senatro è vissuto a Missanello nel monastero di S. Elia e vi si riconosce solennemente il culto pubblico al Santo. La bella statua che lo ritrae, conservata nella chiesa parrocchiale, è del XVI secolo.
L'icona lo mostra come abate del monastero secondo una possibile e venerata tradizione
lunedì 9 gennaio 2017
santi per il 10 gennaio
Saintes THECLE et JUSTINE, vierges et missionnaires à Lentini en Sicile (IIIème siècle).
Le
due sante rientrano, nella grande storia del martirio dei tre Santi
Fratelli Alfio, Cirino e Filadelfo, martirizzati a Lentini sotto il
prefetto Tertullo.
Tecla era figlia della martire Santa Isidora e sorella di San Alessandro. Santa Giustina era loro parente.
Esse
erano cristiane, già prima delle venuta dei Tre Santi Fratelli. Tecla
fu da Loro sanata da una vecchia paralisi. Le due Sante si presero cura
dei tre Fratelli durante la loro prigionia a Lentini e una volta
martirizzati li seppellirono nella loro casa. In una loro proprietà
detta Anziani, seppellirono altri Santi martiri, vittime della
persecuzione . Qui innalzarono un tempio chiamato dei Santi venti
Soldati.
Erano
tanto riverite ed onorate in Lentini, che il prefetto Tertullo non
osò farle arrestare, perché tutta la città minacciava di sollevarsi.
Morirono in pace , dopo che fu cessata la persecuzione. Evangelizzarono
Lentini, per cui alla loro morte, avvenuta il 10 gennaio, la città era
ormai tutta cristiana
Consacrato pontefice il 26 giugno del 678, quando, secondo la tradizione , avrebbe avuto 103 anni. Il 12 agosto ricevette dall'imperatore Costantino Pagonato una lettera nella quale questi si dichiarava pronto a riprendere il progetto di riunificazione ecclesiastica tra Roma e Bisanzio. Egli pensava di indire una conferenza episcopale in cui fossero discussi i problemi emergenti ed eliminata ogni controversia. A questo scopo chiedeva al papa l'invio a Costantinopoli di alcuni suoi rappresentanti. Per preparare la delegazione Agatone riunì in Laterano il 27 marzo del 680 un Concilio italiano che scelse i rappresentanti episcopali da mandare a Bisanzio insieme ai legati pontifici e approvò il testo sinodale che sarebbe stato presentato alla conferenza. La delegazione occidentale giunse il 10 settembre del 680. Quella che era stata indetta come una conferenza divenne, però, un vero e proprio Concilio ecumenico, il sesto in Oriente. Dopo 18 sedute si arrivò ad un decreto emanato il 16 settembre del 681 e alla richiesta al Papa di confermare le decisioni prese. Ma Agatone era già morto il 10 gennaio del 681 ed era stato sepolto in San Pietro.
Santo Agatone nato a Palermo e poi Papa
e
Patriarca di Roma.Avversario dell’eresia del
monotelismo(nel
682)-Martirologio Romano: “A
Roma
presso san Pietro, deposizione di
sant’Agatone, papa, che contro gli errori dei
monoteliti custodì integra la fede e promosse
con dei sinodi l’unità della
Chiesa”
Tratto
dal Quotidiano Avvenire
(Papa dal 27/06/678 al 10/01/681)
Consacrato pontefice il 26 giugno del 678, quando, secondo la tradizione , avrebbe avuto 103 anni. Il 12 agosto ricevette dall'imperatore Costantino Pagonato una lettera nella quale questi si dichiarava pronto a riprendere il progetto di riunificazione ecclesiastica tra Roma e Bisanzio. Egli pensava di indire una conferenza episcopale in cui fossero discussi i problemi emergenti ed eliminata ogni controversia. A questo scopo chiedeva al papa l'invio a Costantinopoli di alcuni suoi rappresentanti. Per preparare la delegazione Agatone riunì in Laterano il 27 marzo del 680 un Concilio italiano che scelse i rappresentanti episcopali da mandare a Bisanzio insieme ai legati pontifici e approvò il testo sinodale che sarebbe stato presentato alla conferenza. La delegazione occidentale giunse il 10 settembre del 680. Quella che era stata indetta come una conferenza divenne, però, un vero e proprio Concilio ecumenico, il sesto in Oriente. Dopo 18 sedute si arrivò ad un decreto emanato il 16 settembre del 681 e alla richiesta al Papa di confermare le decisioni prese. Ma Agatone era già morto il 10 gennaio del 681 ed era stato sepolto in San Pietro.
Tratto
da http://www.santiebeati.it/dettaglio
/91427
Fu consacrato pontefice il 26 giugno
del 678, secondo una tradizione aveva raggiunto 103 anni ma ragionava ancora
bene.
Il 12 agosto ricevette dall’imperatore Costantino Pagonato una lettera nella quale questi, avendo ormai risolte le questioni militari, si dichiarava pronto a riprendere il progetto di riunificazione ecclesiastica tra Roma e Bisanzio.
Egli pensava di indire una conferenza episcopale in cui fossero discussi i problemi emergenti ed eliminata ogni controversia. A questo scopo chiedeva al papa l’invio a Costantinopoli di alcuni suoi rappresentanti che fossero bene al corrente di tutta la problematica. Assicurava inoltre un ampia protezione imperiale alla delegazione stessa.
Per preparare la delegazione Agatone riunì in Laterano il 27 marzo del 680 un concilio italiano che scelse i rappresentanti episcopali da mandare a Bisanzio insieme ai legati pontifici e approvò il testo sinodale che sarebbe stato presentato alla conferenza.
Vi era esposta la dottrina delle due volontà e i modi di agire in Cristo con riferimento esplicito a quanto deciso nel concilio Lateranense da Martino I.
La delegazione occidentale giunse il 10 settembre del 680 a Costantinopoli e fu accolta dal patriarca Giorgio che provvide a convocare i metropoliti ed i vescovi bizantini. Quella che era stata indetta come una conferenza divenne infine un vero e proprio concilio ecumenico, il sesto in Oriente. Alla prima sessione risultarono infatti presenti i rappresentanti di tutti i patriarcati; essa si aprì il 7 novembre del 680 in una sala del palazzo imperiale.
Presidente era l’imperatore, affiancato da due presbiteri e un diacono romani quali rappresentanti del papa.
In Italia nel frattempo scoppiò una grave pestilenza che fece un numero impressionante di vittime.
A Costantinopoli intanto il concilio andò avanti; dopo 18 sedute si arrivò ad un decreto emanato il 16 settembre del 681. In esso si ribadiva la professione di fede stabilita dai cinque precedenti concili e si approvava all’unanimità la dottrina delle due volontà e delle due energie in Cristo, che non erano in contrasto con loro, confermando inoltre il testo sinodale del Laterano.
L’eresia monotelita fu ovviamente condannata.
Il concilio indirizzò infine uno scritto al papa pregandolo di confermare le decisioni prese.
Ma Agatone era già morto il 10 gennaio del 681 ed era stato sepolto in San Pietro: aveva raggiunto, a quanto pare, 107 anni.
Agatone ricevette anche la sottomissione dell’arcivescovo di Ravenna, Teodoro, il quale mise fine ad una autocefalìa condannata da Roma.
Agatone si interessò anche della sorte della Chiesa anglosassone: ricevette paternamente l’abate di Wearmouth, Benedetto Biscop, e rimise sul suo legittimo seggio l’arcivescovo di York, Vilfrido, ingiustamente deposto da Teodoro di Canterbury.
Sant’Agatone si distinse per profondità di dottrina e spirito caritativo specialmente verso i poveri. E’ uno dei patroni di Palermo.
Il 12 agosto ricevette dall’imperatore Costantino Pagonato una lettera nella quale questi, avendo ormai risolte le questioni militari, si dichiarava pronto a riprendere il progetto di riunificazione ecclesiastica tra Roma e Bisanzio.
Egli pensava di indire una conferenza episcopale in cui fossero discussi i problemi emergenti ed eliminata ogni controversia. A questo scopo chiedeva al papa l’invio a Costantinopoli di alcuni suoi rappresentanti che fossero bene al corrente di tutta la problematica. Assicurava inoltre un ampia protezione imperiale alla delegazione stessa.
Per preparare la delegazione Agatone riunì in Laterano il 27 marzo del 680 un concilio italiano che scelse i rappresentanti episcopali da mandare a Bisanzio insieme ai legati pontifici e approvò il testo sinodale che sarebbe stato presentato alla conferenza.
Vi era esposta la dottrina delle due volontà e i modi di agire in Cristo con riferimento esplicito a quanto deciso nel concilio Lateranense da Martino I.
La delegazione occidentale giunse il 10 settembre del 680 a Costantinopoli e fu accolta dal patriarca Giorgio che provvide a convocare i metropoliti ed i vescovi bizantini. Quella che era stata indetta come una conferenza divenne infine un vero e proprio concilio ecumenico, il sesto in Oriente. Alla prima sessione risultarono infatti presenti i rappresentanti di tutti i patriarcati; essa si aprì il 7 novembre del 680 in una sala del palazzo imperiale.
Presidente era l’imperatore, affiancato da due presbiteri e un diacono romani quali rappresentanti del papa.
In Italia nel frattempo scoppiò una grave pestilenza che fece un numero impressionante di vittime.
A Costantinopoli intanto il concilio andò avanti; dopo 18 sedute si arrivò ad un decreto emanato il 16 settembre del 681. In esso si ribadiva la professione di fede stabilita dai cinque precedenti concili e si approvava all’unanimità la dottrina delle due volontà e delle due energie in Cristo, che non erano in contrasto con loro, confermando inoltre il testo sinodale del Laterano.
L’eresia monotelita fu ovviamente condannata.
Il concilio indirizzò infine uno scritto al papa pregandolo di confermare le decisioni prese.
Ma Agatone era già morto il 10 gennaio del 681 ed era stato sepolto in San Pietro: aveva raggiunto, a quanto pare, 107 anni.
Agatone ricevette anche la sottomissione dell’arcivescovo di Ravenna, Teodoro, il quale mise fine ad una autocefalìa condannata da Roma.
Agatone si interessò anche della sorte della Chiesa anglosassone: ricevette paternamente l’abate di Wearmouth, Benedetto Biscop, e rimise sul suo legittimo seggio l’arcivescovo di York, Vilfrido, ingiustamente deposto da Teodoro di Canterbury.
Sant’Agatone si distinse per profondità di dottrina e spirito caritativo specialmente verso i poveri. E’ uno dei patroni di Palermo.
Di origine greca, nato a Palermo da genitori benestanti e devoti, fece dono dell'eredità dopo la loro morte e si ritirò nel Monastero di Sant'Ermete [1] di Palermo Benché l'anno della sua nascita sia in effetti sconosciuto, si narra che al momento della sua elezione avesse centotré anni, e centosei al momento della morte[2].
Durante i suoi due anni e mezzo di pontificato, Agatone convocò due concili a Roma
Nel concilio lateranense del 679 restituì il vescovo Wilfred alla diocesi di York e stabilì che non fosse più dovuto il pagamento dei tributi fino ad allora imposti al momento dell'elezione dell'imperatore bizantino.
Risolti i problemi militari che lo avevano tenuto impegnato, l'imperatore Costantino IV intraprese finalmente quelle relazioni fraterne con la Chiesa di Roma che lo aveva aiutato a riprendere il trono che gli spettava legittimamente e che nel 668 al tempo di papa Vitaliano gli era stato usurpato: si dichiarava disposto a definire finalmente il problema dell'eresia monotelita (la dottrina teologica che aveva diviso Roma e Costantinopoli sin dal 638) e a riunificare le Chiese di Costantinopoli e di Roma. Il 27 marzo 680 al Concilio di vescovi occidentali che Agatone aveva convocato in Roma, furono scelti i rappresentanti da inviare a Costantinopoli e fu approvato il testo sinodale da presentare in quella sede. Il 7 novembre 680 venne inaugurato a Costantinopoli il sesto concilio ecumenico , che il 16 settembre 681 emanò un decreto con il quale si condannava il monotelismo e lanciò l'anatema contro papa Onorio I che nei confronti di quella dottrina era stato eccessivamente indulgente, se non addirittura acquiescente[3]. Gli atti del Concilio furono inviati al Papa perché ne confermasse le decisioni, ma Agatone morì prima di conoscerne le conclusioni, il 10 gennaio 681
Note
- ^ Gaspare Palermo, "Guida istruttiva per potersi conoscere ... tutte le magnificenze ... della Città di Palermo" [1], Volume terzo, Palermo, Reale Stamperia, 1816. Pagine 72 e 73.
- ^ www.santiebeati.it, sant'Agatone papa
- ^ È l'unico caso di un papa colpito da anatema e dichiarato eretico. Nota il Gregorovius che "la condanna di Onorio divenne un'arma in mano di coloro che combatterono il dogma dell'infallibilità papale " (C. Rendina, I Papi. Storia e segreti, p. 195).
consultare anche
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sabato 7 gennaio 2017
8 gennaio Santi di Siciia del primo millennio
San Giovanni eremita in Sicilia
nell’isola di Lipari nel VII secolo che in visione angelica
vide l’anima di Re Dagoberto tormentata dai demoni e difesa dai santi Dionigi,
Maurizio e Martino
Saint JEAN, ermite en Sicile, qui vit saint Denis, saint Maurice et saint Martin disputer l'âme du roi Dagobert au démon (VIIème siècle).
http://www.cosmovisions.com/artTombeauDagobert.htm
mercoledì 4 gennaio 2017
sinassario del 5 gennaio
Sainte EUPRAXIE, veuve, et sa fille sainte THEOGNIE, vierge, martyres en Sicile (vers 280).
martedì 3 gennaio 2017
4 gennaio Saint THEOCTISTE, higoumène du monastère de Coucoumios en Sicile (800). (Office traduit en français par le père Denis Guillaume au tome I des Ménées.)
Saint THEOCTISTE, higoumène du monastère de Coucoumios en Sicile (800). (Office traduit en français par le père Denis Guillaume au tome I des Ménées.)
San Teoctisto fu fondatore e igumeno del monastero di San Nicola di
Caccamo, in Sicilia, dove trovarono rifugio numerosi monaci greci in
fuga dalle persecuzioni iconoclaste.
http://www.santiebeati.it/dettaglio/96421
Visse
nel monastero di S. Nicola de Nemore (del Bosco), ai piedi del Monte San
Calogero, a circa tre chilometri da Caccamo, del quale fu Abate, abitato ancora
da poveri contadini che lo hanno trasformato in stalle e ricoveri per gli
animali; gli affreschi di stile bizantino, che decoravano l’annessa Chiesa,
sono ridotti a figure informi. Il feudo appartenuto al Convento, fu proprietà
del Seminario Arcivescovile di Palermo, che dovette cederlo allo Stato nel 1866
e quindi concesso in enfiteusi.
La sepoltura del Santo si sconosce, ma la tradizione lo vuole sepolto in S. Nicolò del Bosco.
La morte del Santo è data dal Caietano in “Vitae Sanctorum Siculorum”, dal Mongitore nel suo “ Martirologium Panormitanum”, dallo Judica nel “Martirologio della Chiesa Palermitana“ nell’830.
La Vita del Santo è riportata da Ottavio Caietano S.J. in “ Vitae Sanctorum Siculorum “ del 1657; da Agostino Inveges nella “ Storia di Caccamo “; Francesco Carrera in “ Pantheon Siculo “; Giuseppe Perdicaro in “Vite dei Santi Siciliani “; Vito Maria Amico nel “ de Abbatiis Sic. “.
Nei Menei e Sinassari ( Libri liturgici per la Celebrazione Eucaristica ) è ricordato al 4 Gennaio.
In un Martirologio costantinopolitano compare al 3 Settembre: “San Teoctisto Abate, morto nel 466-467“.
Nel Calendario è segnato in due date: al 3 Settembre“ San Teoctisto monaco “ (+ 467) e al 4 Gennaio: “Sinassi dei 70 Apostoli e San Teoctisto di Caccamo, monaco italo-greco, circa l’anno 800“.
Nel “Martirologio Siculo“ del P. Ottavio Caietano S.J. del 1617 al 4 Gennaio è recensito: “in Sicilia, nel Monastero di Cucumo S. Teotisto Abate“.
Nel “Martirologium Panormitanum Sanctorum Civium et Patronorum Urbis Panormi “ di Antonino Mongitore del 1742 al 4 Gennaio è annotato: “Nel Monastero Cucumiense, presso Caccamo, S. Teoctisto Abate, che rifulse pieno di virtù e di meriti intorno all’anno 830“.
Il Martirologio della Chiesa Palermitana di Onofrio Judica del 1771 riporta lo stesso elogio.
Il P. Agostino Inveges nella sua “ Cartagine Siciliana “ riporta da un antico Evangeliario greco: 4 gennaio, Festa dei 70 Apostoli e Teoctisto Abate di Caccamo“.
Fu iscritto nel Calendario Palermitano nel 1737, in virtù della Bolla di Gregorio XIII del 30/12/1573 concessa alle Chiese di Spagna e alle terre soggette al Re Cattolico “di poter celebrare con Ufficio Proprio i Santi non descritti nel Calendario , ma che fossero naturali della Diocesi o Patroni della Chiesa o della Diocesi e i loro Corpi o notabili Reliquie si avessero in quella Chiesa o Diocesi“.
Il 19 Novembre 1736 D. Giuseppe Stella, Arcidiacono e Vicario Generale in Sede vacante, poi Vescovo di Mazara del Vallo, ordinò che fosse iscritto nel Calendario.
Nel Calendario della Chiesa Palermitana del 1771 è riportato al 15 Febbraio: “15 Febbraio, Teoctisto Abate semidoppio (fu il 4 Gennaio), poiché il 4 gennaio cadeva l’Ottava dei SS. Innocenti”.
La Celebrazione non compare mai nel testo delle Messe Proprie per la Città e Diocesi di Palermo, a partire dall’edizione del 1774 fino a quella del 1967, perché il testo era quello della Messa dal Comune degli Abati: Os Justi.
Compare però al 4 Gennaio, poiché Abate dell’Ordine di S. Basilio, nel Testo delle Messe Proprie dell’Archimandritato di Messina del 1929 e nel Calendario delle Chiese di Sicilia fino al 1975 . Con l’edizione del Calendario delle Chiese di Sicilia del 1976 la celebrazione è stata espunta.
Poiché, però, a norma dell'Istruzione "Calendaria particularia" i Santi si possono celebrare nei vari luoghi con un grado più proprio, S. Teoctisto, nella Città di Caccamo ha il grado liturgico di Memoria obbligatoria.
La sepoltura del Santo si sconosce, ma la tradizione lo vuole sepolto in S. Nicolò del Bosco.
La morte del Santo è data dal Caietano in “Vitae Sanctorum Siculorum”, dal Mongitore nel suo “ Martirologium Panormitanum”, dallo Judica nel “Martirologio della Chiesa Palermitana“ nell’830.
La Vita del Santo è riportata da Ottavio Caietano S.J. in “ Vitae Sanctorum Siculorum “ del 1657; da Agostino Inveges nella “ Storia di Caccamo “; Francesco Carrera in “ Pantheon Siculo “; Giuseppe Perdicaro in “Vite dei Santi Siciliani “; Vito Maria Amico nel “ de Abbatiis Sic. “.
Nei Menei e Sinassari ( Libri liturgici per la Celebrazione Eucaristica ) è ricordato al 4 Gennaio.
In un Martirologio costantinopolitano compare al 3 Settembre: “San Teoctisto Abate, morto nel 466-467“.
Nel Calendario è segnato in due date: al 3 Settembre“ San Teoctisto monaco “ (+ 467) e al 4 Gennaio: “Sinassi dei 70 Apostoli e San Teoctisto di Caccamo, monaco italo-greco, circa l’anno 800“.
Nel “Martirologio Siculo“ del P. Ottavio Caietano S.J. del 1617 al 4 Gennaio è recensito: “in Sicilia, nel Monastero di Cucumo S. Teotisto Abate“.
Nel “Martirologium Panormitanum Sanctorum Civium et Patronorum Urbis Panormi “ di Antonino Mongitore del 1742 al 4 Gennaio è annotato: “Nel Monastero Cucumiense, presso Caccamo, S. Teoctisto Abate, che rifulse pieno di virtù e di meriti intorno all’anno 830“.
Il Martirologio della Chiesa Palermitana di Onofrio Judica del 1771 riporta lo stesso elogio.
Il P. Agostino Inveges nella sua “ Cartagine Siciliana “ riporta da un antico Evangeliario greco: 4 gennaio, Festa dei 70 Apostoli e Teoctisto Abate di Caccamo“.
Fu iscritto nel Calendario Palermitano nel 1737, in virtù della Bolla di Gregorio XIII del 30/12/1573 concessa alle Chiese di Spagna e alle terre soggette al Re Cattolico “di poter celebrare con Ufficio Proprio i Santi non descritti nel Calendario , ma che fossero naturali della Diocesi o Patroni della Chiesa o della Diocesi e i loro Corpi o notabili Reliquie si avessero in quella Chiesa o Diocesi“.
Il 19 Novembre 1736 D. Giuseppe Stella, Arcidiacono e Vicario Generale in Sede vacante, poi Vescovo di Mazara del Vallo, ordinò che fosse iscritto nel Calendario.
Nel Calendario della Chiesa Palermitana del 1771 è riportato al 15 Febbraio: “15 Febbraio, Teoctisto Abate semidoppio (fu il 4 Gennaio), poiché il 4 gennaio cadeva l’Ottava dei SS. Innocenti”.
La Celebrazione non compare mai nel testo delle Messe Proprie per la Città e Diocesi di Palermo, a partire dall’edizione del 1774 fino a quella del 1967, perché il testo era quello della Messa dal Comune degli Abati: Os Justi.
Compare però al 4 Gennaio, poiché Abate dell’Ordine di S. Basilio, nel Testo delle Messe Proprie dell’Archimandritato di Messina del 1929 e nel Calendario delle Chiese di Sicilia fino al 1975 . Con l’edizione del Calendario delle Chiese di Sicilia del 1976 la celebrazione è stata espunta.
Poiché, però, a norma dell'Istruzione "Calendaria particularia" i Santi si possono celebrare nei vari luoghi con un grado più proprio, S. Teoctisto, nella Città di Caccamo ha il grado liturgico di Memoria obbligatoria.
STICHIRA PROSOMIA DI SAN TEOCTISTO. TONO 2. Quando dal legno.
QUANDO LA TUA ANIMA FU FERITA* DAL DIVINO AMORE,* O BEATISSIMO,* PRENDENDO LA TUA CROCE* HAI SEGUITO GIOIOSO* IL CRISTO CROCIFISSO;* MESSO A MORTE IL SENTIRE DELLA CARNE CON LA CONTINENZA,* HAI RICEVUTO LA VIVENTE ENERGIA LLO SPIRITO* PER PORRE FINE ALL' INVERNO DELLE INFERMITA ' CON L' ARDORE DELLA TUA INTERCESSIONE ACCETTA:* PERCIO' , CONCORDI, TI DICIAMO BEATO.
DOPO AVER PURIFICATO* CON PERSEVERANTI PREGHIERE* E SEVERISSIMO DIGIUNO* LA VISTA DELL'ANIMA, O PADRE,* SEI DIVENUTO TEMPIO* DELLA DIVINITA' ™ TRISOLARE;* E, RICEVUTO IL SACRO CRISMA DIVINO DEL SACERDOZIO,* SEI ENTRATO NEL SANTUARIO,* PER IMMOLARE COLUI CHE, NELLA SUA INEFFABILE CONDISCENDENZA, * PER TE E'ì STATO IMMOLATO.
ESSENDOTI MOSTRATO MITE E PAZIENTE,* IN SEMPLICITA™ DI SPIRITO,* O PADRE TEOCTISTO,* HAI EREDITATO LA VERA TERRA DEI MITI;* E, DEIFICATO DALLA UNIONE CON DIO,* GUSTI IN VERO GAUDIO,* LA VERA GIOIA ED ESULTANZA:* ™ DUNQUE NON CESSARE DI RICORDARTI* DI QUANTI FESTEGGIANO CON AMORE* E ONORANO LA TUA DIVINA DORMIZIONE.
Apolytikion nel quarto Tono
Con i tuoi fiumi di lacrime, hai reso fertile il deserto sterile.
Attraverso gemiti di dolore dentro di te le tue fatiche hanno dato
i loro frutti un centinaio di volte. Con li tuoi miracoli sei
divenuti una luce, splendente per il mondo. O Theoctisto, nostro
Santo Padre, prega Cristo, nostro Dio, perché salvi le nostre anime.
Kontakion nel quarto Tono
QUANDO LA TUA ANIMA FU FERITA* DAL DIVINO AMORE,* O BEATISSIMO,* PRENDENDO LA TUA CROCE* HAI SEGUITO GIOIOSO* IL CRISTO CROCIFISSO;* MESSO A MORTE IL SENTIRE DELLA CARNE CON LA CONTINENZA,* HAI RICEVUTO LA VIVENTE ENERGIA LLO SPIRITO* PER PORRE FINE ALL' INVERNO DELLE INFERMITA ' CON L' ARDORE DELLA TUA INTERCESSIONE ACCETTA:* PERCIO' , CONCORDI, TI DICIAMO BEATO.
DOPO AVER PURIFICATO* CON PERSEVERANTI PREGHIERE* E SEVERISSIMO DIGIUNO* LA VISTA DELL'ANIMA, O PADRE,* SEI DIVENUTO TEMPIO* DELLA DIVINITA' ™ TRISOLARE;* E, RICEVUTO IL SACRO CRISMA DIVINO DEL SACERDOZIO,* SEI ENTRATO NEL SANTUARIO,* PER IMMOLARE COLUI CHE, NELLA SUA INEFFABILE CONDISCENDENZA, * PER TE E'ì STATO IMMOLATO.
ESSENDOTI MOSTRATO MITE E PAZIENTE,* IN SEMPLICITA™ DI SPIRITO,* O PADRE TEOCTISTO,* HAI EREDITATO LA VERA TERRA DEI MITI;* E, DEIFICATO DALLA UNIONE CON DIO,* GUSTI IN VERO GAUDIO,* LA VERA GIOIA ED ESULTANZA:* ™ DUNQUE NON CESSARE DI RICORDARTI* DI QUANTI FESTEGGIANO CON AMORE* E ONORANO LA TUA DIVINA DORMIZIONE.
Apolytikion nel quarto Tono
Con i tuoi fiumi di lacrime, hai reso fertile il deserto sterile.
Attraverso gemiti di dolore dentro di te le tue fatiche hanno dato
i loro frutti un centinaio di volte. Con li tuoi miracoli sei
divenuti una luce, splendente per il mondo. O Theoctisto, nostro
Santo Padre, prega Cristo, nostro Dio, perché salvi le nostre anime.
Kontakion nel quarto Tono
Tu segno nell'Occidente, misticamente illumini la Chiesa di Cristo
come un sole luminoso e risplendi con il sacro raggio delle tue
ascetiche fatiche, o giusto Theoctisto
Tropario di San Teoctisto Tono 3
Con le tue giuste fatiche hai vissuto una vita gradita a Dio e sei
diventato sua vera abitazione.
Cristo amante degli uomini ha accettato le tue fatiche e ti ha
mostrato guida dei monaci. Intercedi presso Lui per quelli che
credono: gioisci o servo di Dio Theoctisto.
Purtroppo oggi non è più venerato a Caccamo, ove sorgono i ruderi
del monastero di san Nicola de Nemore ( del Bosco ); alcune sue
Immagini ( oltre l'Icona ) sono nella Piazza Duomo del Paese, nella
Chiesa Madre e nella Parrocchia dell'Annunziata.
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