Saint GREGOIRE, évêque d'Agrigente en Sicile, confesseur de la foi
orthodoxe face au monothélisme (vers 690). (Office traduit en français
par le père Denis Guillaume au tome XI des Ménées.)
San Gregorio II di Agrigento Vescovo
23 novembre
591 - 630
Nato ad Agrigento nel 559 e avviato alla carriera ecclesiastica, si
entusiasmò per i continui pellegrinaggi che in quel tempo si
organizzavano per la Terra Santa, e nel 578 partì per Cartagine. Da qui
viaggiò fino a Gerusalemme. Dopo la visita ai luoghi santi, si ritirò
per quattro anni in solitudine di studio e di preghiera, e nel 584,
rientrò a Gerusalemme. Di là si recò in Antiochia e a Costantinopoli
dove la sua fama giunse all'orecchio dell'Imperatore Maurizio. Fu
invitato a prendere parte ad un concilio tenuto a Costantinopoli. Giunto
a Roma fu consacrato vescovo e destinato alla chiesa agrigentina, dove
tornò nel 591. A causa di un'accusa ingiusta fu incarcerato a Roma ma il
papa, in un concilio di 150 vescovi per discutere la causa di Gregorio,
ne riconobbe l'innocenza. Nel 595 costruì nella sua diocesi un tempio
ai Santi Pietro e Paolo. Fondò parecchi collegi per l'istruzione delle
donne, aiutato dalla madre. Studioso di teologia e delle scienze fisiche
e mediche lasciò molti scritti. Sostenne la teoria del movimento della
terra attorno al sole, conciliando la scienza con l'interpretazione
della Bibbia. Negli ultimi anni della sua vita si ritirò in solitudine.
Morì ad Agrigento nel 630.
KONDAKION DI SAN GREGORIO. TONO 3.
COME
GRANDE SOLE,* TU ILLUMINI TUTTA LA CHIESA DI DIO* CON LE AURORE DEI
PRODIGI;* CON LA TUA INTERCESSIONE HAI SALVATO MOLTI UOMINI;* HAI
ALLONTANATO DAL TUO GREGGE* CHI DIFFONDEVA DOTTRINE NON ORTODOSSE:* PER
QUESTO TI ONORIAMO,* PADRE DI MENTE DIVINA,* SAPIENTE GREGORIO
Su
Gregorio d’Agrigento, autore di un commento all’Ecclesiaste, si conosce
il Racconto di Leonzio, ieromonaco e igumeno di San Saba in Roma
Antica. La cronologia è controversa, ma sol perché non risponde
all’Epistolario pseudo-gregoriano (1), sicché non pochi eruditi, per
accordare il Racconto alle presunte Epistole di Gregorio Magno, hanno
dovuto fare ricorso a continue manipolazioni (2) e, persino, a
ipotizzare l’esistenza di due omonimi vescovi agrigentini.
Nell’impossibilità di riprodurre integralmente il lungo Racconto,
presentiamo una sintesi fedele tratta dall’ottimo D. De Gregorio, Vita
di san Gregorio agrigentino, Agrigento, 2000.
Nasce ad Agrigento
Gregorio
nasce a Pretorio [Sella di Naro?], un villaggio sopra l’antica città
d’Agrigento (3), da Caritone, esperto e valente cantore, e Teodote,
oriunda da Thuris [Punta Bianca d’AG?]; è immerso nel lavacro della
rinascita dal vescovo Potamione.
Giunto
agli otto anni, i genitori portano Gregorio al vescovo, suo secondo
padre secondo lo spirito, per compiere gli studi: Potamione affida il
bambino a un uomo timorato di Dio, Damiano, valente insegnante. In due
anni Gregorio apprende la grammatica, la lettura, il calcolo, il ciclo
annuale delle feste e impara a memoria il salterio: supera persino il
maestro.
Gregorio
ha dodici anni quando i genitori scendono in città per riabbracciarlo:
si presentano al vescovo Potamione e gli chiedono di tonsurare il
figlio.
Il
vescovo taglia i capelli di Gregorio per inserirlo nel clero, e
l’ordina lettore; poi l'affida all'arcidiacono e bibliotecario Donato. I
genitori sono felici nel sentire che Gregorio legge in modo
irreprensibile ed è dolcissimo nel canto.
Un
giorno Gregorio, diciottenne, scopre la Vita di san Basilio il Grande;
leggendola diligentemente più volte, è preso dal desiderio di visitare i
Luoghi Santi, dove Basilio ricevette la Grazia del Santo Spirito.
A Gerusalemme
Una
notte un uomo appare in sogno a Gregorio e gli dice: "Poiché hai
chiesto di vedere Gerusalemme e avere la gioia di visitare quei luoghi
santi, di buon mattino portati al mare e troverai chi che ti prenderà
con sé". L’arcidiacono Donato, che dorme nella stessa stanza con
Gregorio, si rende conto della visione ma il giovane, di buon mattino si
alza senza dirgli nulla, e scende verso la foce dell’Akragas, il fiume
che gira attorno alla città per unirsi allo Ypsas. Nello stesso momento,
approda una nave per rifornirsi d’acqua potabile. Avvicinatosi,
Gregorio viene a sapere che la nave è diretta a Cartagine. E’ il 30
giugno. Gregorio ottiene il permesso d’imbarcarsi: proprio allora sorge
vento favorevole; la nave esce dal fiume e - in tre giorni - approda a
Cartagine. Varo, il comandante, durante la traversata era stato tentato
di vendere Gregorio come schiavo: ammirato al vedere il giovane pregare
senza interruzione, ora lo ospita a casa sua, in una stanza appartata e
tranquilla.
Gregorio
non esce mai dalla camera, dedito completamente a una somma ascesi;
ogni due giorni - a volte, anche dopo tre o dopo un'intera settimana -
si nutre con un poco di pane, acqua e verdure scondite. Varo, vedendo la
pazienza e la lunga costanza di Gregorio, ne parla al vescovo. Il
vescovo manda l'arcidiacono a chiamarlo: lo trova intento a leggere un
libro sul martirio dei santi Maccabei. Il giovane si presenta al
vescovo: "Mi chiamo Gregorio, vengo dalla città d’Agrigento, della
provincia di Sicilia, e vado, se Dio me lo concede per le tue sante
preghiere, nella santa Sion". Gli dice il vescovo: "Nostro Signore Gesù
Cristo adempia pienamente il tuo desiderio nella grazia del Santo
Spirito! Resta tra noi sino alle sante feste [?] e il Signore Dio
provvederà per noi quello che vorrà".
Dopo
alcuni giorni, Gregorio si trova nel martyrion di san Giuliano quando,
ecco comparire tre monaci. Uno di loro gli dice: "Gregorio, Dio ci ha
manifestato tutto ciò che ti riguarda; Dio ci ha mandato per aggregarti a
noi e condurti ai Luoghi Santi, come tu desideri, perché anche noi vi
andiamo". Il comandante dà loro pane e sapa, marmellata di mosto;
Gregorio, unitosi ai tre pellegrini, parte da Cartagine; dopo venti
giorni di cammino - arriva a Tripoli e sale al martyrion di san Leonzio.
Passano trenta giorni e, lasciata Tripoli, i monaci e Gregorio
riprendono la loro via: dopo quattro mesi giungono a Gerusalemme e si
fermano per la quaresima in un monastero presso la Città santa. Igumeno
di quel monastero è un uomo di spirito profetico; egli conferma Gregorio
nella vita monastica e nella pratica ascetica e sacerdotale.
Avvicinandosi la Grande Settimana, in quel monastero Gregorio vede
grandi, straordinarie, incredibili meraviglie: vede uomini che dalla
terra salgono al cielo (4).
Giunto
il triduo sacro della Risurrezione, l'igumeno si reca nella Città Santa
con i suoi ospiti. Entrano nella basilica dell’Anàstasis, venerano i
santi luoghi attorno, si comunicano al vivificante corpo e prezioso
sangue del Signore Dio.
Il
santissimo arcivescovo Macario di Gerusalemme ospita Gregorio e i tre
monaci vicino all'episcopio. Terminato l'Ufficio notturno e il
Mattutino, l'arcivescovo riceve i vescovi, i presbiteri, i monaci e
tutto il popolo, rivolgendo loro un discorso sulla conversione.
All’abate che accompagna Gregorio, l'arcivescovo poi dice: "Salve,
signor Marco, donde ci conduci il giovane Gregorio?" Gregorio si
stupisce molto, al sentirsi chiamare per nome: lui stesso non conosceva
il nome dell’abate e degli altri due monaci, pur essendo stato tanto
tempo con loro. L'arcivescovo, infatti, fa il nome anche degli altri
due: "Abate Serapione, abate Leonzio, ringrazio Dio che ci fortifica in
Cristo Gesù e che ci giustifica per mezzo della Grazia del Santo Spirito
che ha guidato ai Luoghi Santi quest'uomo che vive della preghiera
continua. Vi devo ancora dire altre cose intorno a questo giovane, ma,
poiché è il tempo del sacrificio divino, vi riferirò dopo intorno a lui
ciò che il Signore mi ha fatto conoscere".
L'arcivescovo
entra in chiesa per compiere la sacra Mistagogia: Gregorio, che è a
destra dell’ambone, può vedere la Grazia del Santo Spirito che illumina
il santo arcivescovo Macario.
Dopo
aver partecipato ai santi misteri, l'arcivescovo invita a mensa
Gregorio con i tre monaci; anche l'igumeno del monastero con i fratelli
pranzarono con l'arcivescovo domenica di Pasqua [6 aprile 665, o 671, o
676]. Il giorno dopo, i tre monaci si allontanano per salutare i monaci
che vivono attorno alla santa Sion; Gregorio, allora, chiede
all’arcivescovo: "Santissimo padre Macario, di dove sono questi uomini?
lo ho ritenuto che questi uomini fossero dei Luoghi Santi".
L'arcivescovo risponde: "Sono di Roma Antica, lontani da essa circa tre
chilometri, e vogliono ritornarvi". Gregorio: "Temo di non rivederli
più". L'arcivescovo: "No, figlio; torneranno qui la prossima santa
domenica".
Nella
settimana di Pasqua, Gregorio abita con l'arcivescovo, lo assiste nelle
cerimonie sacre e l'imita nel modo di vivere. Ogni giorno Gregorio
legge in modo impeccabile i libri, li intende con molto acume e si
mostra valente nella loro interpretazione, perseverando nella
preghiera.
Venuta
la domenica dell’Antipascha, verso sera, tornano i monaci nella santa
Sion. L’indomani, il santissimo arcivescovo Macario, avendoli salutati
col bacio santo, congeda Marco, Serapione e Leonzio. Gregorio, allora,
piange: "Che cosa farò? Come potrò stare lontano da voi? Dove mi
lasciate?" L'abate: "Non piangere: ti affidiamo al Signore Gesù Cristo,
Figlio del Dio vivente, e al nostro comune padre spirituale, il santo
arcivescovo Macario". E, presolo per mano, l'abate lo conduce ai piedi
di Macario dicendo: "Padre reverendissimo, lui, un giorno, avrà il
governo della Chiesa e con il timone spirituale della dottrina la
reggerà illesa. Tu, o padre di tutti noi, prendi cura di lui in modo che
la bellezza della sua anima rimanga sempre splendida, non
contaminandosi con le macchie della gioventù, e non lasciare di
sostenerlo e fortificarlo con gli insegnamenti della tua magnanima
fortezza". Il santo Macario dice: "Anche tu, padre, conosci la condotta
di questo giovanetto: digiuna tutta la settimana, non si stanca mai di
meditare sulle Sacre Scritture, leggendo i sacri libri con la massima
esattezza, cogliendone il significato e interpretandoli. Figlio, se lo
gradisci, rimani qui con noi: se vuoi partire con i fratelli, vattene in
pace con loro". Gregorio: "No, signor mio, non voglio allontanarmi da
qui per tutti i giorni della mia vita". I monaci lo abbracciano
piangendo e si allontanano dalla Città Santa il 15 aprile, due giorni
dopo della santa domenica dopo Pasqua; Gregorio rimane in Gerusalemme,
visitando i Luoghi santi, i monasteri e i kellia degli uomini santi.
Partiti
da Gerusalemme, il giorno 1 giugno i monaci arrivano a Tripoli,
s’imbarcano su una nave del vescovo di Palermo, proprio in punto per la
traversata, e il 15 giugno approdano in Sicilia, dalle parti di
Plintiade [Fintiade; oggi: Licata, AG], nel luogo detto Passararia [?].
Ripreso il viaggio dopo alcuni giorni, sbarcano vicino ad Agrigento,
alla foce del fiume, dov’è il sobborgo chiamato Emporio. I monaci vanno a
bussare alla porta del monastero che sorge là [nel quartiere portuale].
L’igumeno scende ad accoglierli ed, essendosi vicendevolmente scambiata
la riverenza, li accompagna in chiesa. Avendo pregato, l'igumeno dice:
"Come stai, abate Paolo?". Meravigliato d’essere conosciuto per nome,
l’abate chiede: "Come sta il vescovo Potamione?". Stupito a sua volta,
l’igumeno manda a dire al vescovo dei forestieri. I tre monaci si
fermano nel monastero per la Veglia notturna; l’indomani il vescovo
Serapione, tramite l’arcidiacono Donato, li invita alla Liturgia per la
festa dei santi Pietro e Paolo, e a pranzo.
L’indomani
[30 giugno], dopo aver celebrato il Mattutino, i monaci si recano
all’episcopio. In quel momento arrivano davanti all’episcopio i genitori
di Gregorio, portando i colivi per celebrare l’anniversario della
scomparsa del figlio, che credono morto. Al vedere I compagni di scuola
di Gregorio, che entrano ed escono da casa del vescovo, Teodote grida:
"Figlio mio! Quale lupo ha rubato il mio agnellino? Dov’è sotterrato mio
figlio? Chi lo ha ammazzato? Chi lo ha buttato a mare?"
All’udire
lo strepito che molta gente d’Agrigento faceva con Teodote, i monaci
chiedono spiegazioni al vescovo. Potamione racconta di Gregorio e di
come è scomparso: "Abbiamo frugato nelle grotte e nei dirupi, abbiamo
fatto ricerche in tutta l’Isola, ma non abbiamo trovato nessuna
traccia". Turbato, l’abate chiede di vedere i genitori del disperso:
subito capisce che Gregorio è il figlio di Caritone; il padre somiglia
in tutto al figlio, è anche biondo come lui (5). Si chiama l’ultimo ad
aver visto Gregorio, l’arcidiacono Donato, il quale confessa d’aver
visto l’essere divino che aveva invitato il giovane alla partenza: "Per
paura non feci conoscere a nessuno la visione, temendo che non mi
credessero e anzi ritenessero che io l’avessi o venduto o ammazzato".
L’abate può quindi iniziare il suo racconto: "Una notte che eravamo
alloggiati presso la basilica di San Pietro, apparvero due uomini che ci
dissero: Partite presto per Cartagine; a casa di Varo, proprietario
d’una nave, troverete un certo Gregorio di Agrigento; accompagnatelo a
Gerusalemme e presentatelo all’arcivescovo Macario che è già stato
avvertito di tutto… Trovata una nave, in dieci giorni siamo arrivati a
Cartagine e abbiamo trovato Gregorio, in preghiera nella chiesa di San
Giuliano; con lui siamo andati a Gerusalemme e la domenica del
Rinnovamento l’abbiamo lasciato dal vescovo Macario". I genitori di
Gregorio svengono, tutti gridano, l’abate specifica: "Gregorio vive e
sta bene; somiglia al padre: è biondo, ha occhi belli, bocca e naso
armoniosi, sopracciglia perfette, labbra sottili". Dopo tre giorni, i
monaci salutano il vescovo Potamione e si recano a Palermo, da dove
salpano alla volta di Roma Antica.
A Costantinopoli
A
Gerusalemme, intanto, venuta la Pentecoste, Gregorio è ordinato diacono
dall’arcivescovo Macario. Pochi giorni dopo, Gregorio si reca a
visitare i monasteri del Monte degli Ulivi e, trascorso colà un anno,
s’incammina verso il deserto. Guidato da un monaco, in venti giorni di
cammino, Gregorio giunge a una piccola oasi in cui c’è la capanna di un
vecchio eremita. Rimane quattro anni col gheron, e Gregorio con lui
studia retorica attica, grammatica, filosofia e a astronomia, come un
secondo Giovanni Crisostomo (6). Tornato a Gerusalemme e chiesto il
permesso dell’arcivescovo Macario, Gregorio il 20 aprile parte per
Antiochia: il vescovo Eustazio per un anno lo ospita in un kellion dove
[secondo una tradizione altrimenti sconosciuta] san Basilio il Grande
scrisse l’Exaimeron. Dopo un anno, Gregorio si reca nella Nuova Roma, a
Costantinopoli, e si dedica allo studio delle opere del Crisostomo,
dimorando nel Monastero dei Santi Sergio e Bacco.
Avendo
saputo della presenza in quel monastero d’un giovane molto dotto,
l’arcivescovo di Costantinopoli incarica il diacono Costantino e Massimo
il Filosofo di esaminarlo. Questi vanno al monastero per la Veglia.
Dopo il canto del Signore mi hai esaminato e mi hai conosciuto [salmo
139], si legge l’omelia del Crisostomo su Giobbe; dopo altri salmi,
Gregorio stesso legge gli Arcani del Nazianzeno: è spiegando i brani più
difficili di quest’opera, che Gregorio riscuote l’approvazione degli
esaminatori. Appena il vescovo di Costantinopoli è informato, esclama:
"Ecco l’occhio della Chiesa ortodossa; Gregorio dalla svelta mente!"
(7), e chiede al diacono siciliano di fermarsi nella Città, per
partecipare a un concilio contro il fetore dell’eresia messa fuori dagli
empi Ciro [d’Alessandria, m. 642], Sergio [di Cpoli, m. 638] e Paolo
[di Cpoli, m. 653].
Il
Concilio [Ecumenico 6°] iniziò pochi giorni dopo [7.11.680], alla
presenza dei vescovi di Alessandria e Antiochia e di tutti i vescovi
dell’Oriente: assente giustificato per malattia il papa di Roma (8).
Gregorio vi partecipò in rappresentanza del vescovo di Costantia di
Cipro, e svergognò molti vescovi eretici che pensavano da insensati
intorno alla Trinità (9). L’imperatore Giustiniano (10) si congratula
con il giovane diacono, presentatogli dallo spatario Marciano, e lo
congeda: Gregorio parte per Roma Antica. Vi giunge il 21 giugno; dopo
aver venerato le tombe degli Apostoli, si ritira nel Monastero di San
Saba [all’Aventino].
Ad Agrigento
Intanto
la Chiesa di Agrigento è spaccata: alla morte del vescovo Teodoro,
alcuni vogliono eleggere a successore il sacerdote Sabino, altri il
diacono Crescentino. Su proposta dell’arcidiacono Euplo, si reca allora a
Roma Antica una commissione, della quale fa parte anche Caritone, il
padre di Gregorio: alla notizia dell’arrivo degli agrigentini, Gregorio
si nasconde nel Monastero di Sant’Erasmo [al Celio], pensa persino di
scappare in Spagna [?]. Continuando la lite tra le due fazioni, il papa
suggerisce di accettare come vescovo colui che era stato onorato
grandemente dal Concilio di Costantinopoli: manda quindi alla ricerca di
Gregorio; lo si trova nascosto nel giardino del monastero; nonostante
le sue resistenze e proteste, Gregorio il 16 agosto è costretto a
partire per la Sicilia, accompagnato dal vescovo Felice. Il 10 settembre
la nave arriva a Palermo: Gregorio è accolto festosamente dal vescovo
locale; al suo passare, un monaco lebbroso guarisce all’istante.
Gregorio sosta qualche giorno nel metochio episcopale di Libertino (11)
che la Chiesa agrigentina aveva in Palermo, presso il tempio di San
Giorgio [presso Porta Carini?]. Dopo tre giorni Gregorio salpa da
Palermo e, in due giorni di navigazione, sbarca a Emporio d’Agrigento,
nel primo pomeriggio: al suo apparire, un monaco sordomuto guarisce.
Gregorio è accolto con una solenne Litì e accompagnato nel Monastero
della Theotokos, che sorgeva all’Emporio. L’indomani le autorità civili e
militari scortano il nuovo vescovo in città: le donne attendono
festanti presso la Porta [Aurea]. Con le mogli dei diaconi e dei
sacerdoti c’è anche Teodote, la madre di Gregorio: il vescovo bacia i
piedi della mamma e saluta, una per una, le reverende signore (12).
Era
il 13 settembre, vigilia dell’Esaltazione della Croce: durante la
celebrazione della divina Mistagogia, il vescovo Felice vide che la
Potenza di Dio ricopriva Gregorio.
Il
nuovo vescovo ordina subito sacerdoti e diaconi, tre dei quali -
Filadelfo, Platonico e Smaragdo [o Erasmo?] - vanno ricordati in
particolare, e inizia a visitare le famiglie di Agrigento:
prodigiosamente, guarisce la figlia del sacerdote Sabino. Ingrato,
Sabino si accorda col presbitero Crescentino – prima, erano rivali – per
far consacrare vescovo un certo Leucio. Questi, professante eretiche
dottrine sull’economia dell’incarnazione, era stato mandato in esilio
proprio per intervento di Gregorio; deposto da un sinodo locale di
Laodicea, viveva a Modiolo [?], nascosto in casa dell’Illustre Teodoro. I
tre assoldano la prostituta Evodia, anzi la costringono; mentre
Gregorio è in chiesa per il Mesonittico, la nascondono nella camera del
vescovo, avendo corrotto i portinai Tribuno e Danatzane; l’indomani i
tre fanno scoppiare lo scandalo. Gregorio è arrestato e incarcerato
nella stessa prigione in cui, al tempo di Tircano [?], fu martirizzato
di spada il vescovo di Lilibeo [Marsala, TP] san Gregorio (13). La
maggior parte degli agrigentini, tuttavia, non crede alle accuse: i
congiurati coinvolgono allora Tiberio, il diacono del Papa, che in quei
giorni si trovava a Filosofiana [Sofiana, presso Mazzarino -EN]; questi
accorre ad Agrigento per processare Gregorio. Riunite nel Foro, le
autorità locali si ribellano: "Non è legittimo che tu giudichi
quest’uomo – dicono al diacono pontificio – e non è legale che Gregorio
sia processato da te e non da un sinodo". Al diacono del Papa non resta
che rapire Gregorio: di nascosto, nottetempo, insieme al diacono
Platonico, il vescovo è costretto a imbarcarsi su una nave che fa rotta
per Roma Antica; il marinaio Procopio è latore dell’atto d’accusa. La
notizia che il vescovo è stato tradotto a Roma si diffonde subito e
dilaga la rivolta: a stento il diacono pontificio si sottrae alla furia
degli abitanti che vogliono ucciderlo, a stento riesce a scappare. I
notabili d’Agrigento protestano con l’Arconte della Sicilia e con il
vescovo di Siracusa [metropolita dell’Isola]: questi inviano una squadra
di duecento uomini [per garantire l’ordine pubblico?] e un arcidiacono
per mettere i sigilli all’episcopio di Agrigento.
In carcere a Roma
Giunto
a Roma, Gregorio è messo in prigione: o scelleratezza, o durezza di
cuore, o cattiveria di cui era pieno il Papa! (14) Solo dopo un anno si
ricordò del misero vescovo in catene! Si presenta, infatti, a lui
l’abate Marco di San Saba per insistere: il Papa non ha il diritto di
processare Gregorio senza aver prima sentito il parere dell’arcivescovo
di Costantinopoli e, soprattutto, dell’imperatore. Subdolo è
l’atteggiamento del Papa, che convoca subito - il 10 luglio - gli
accusatori del vescovo agrigentino: sa bene che la missiva indirizzata
all’Imperatore e al Patriarca Ecumenico, giungerà a Costantinopoli mesi
dopo. L’imperatore e il patriarca, tuttavia, nominano una commissione
composta dai vescovi di Ancira, Cizico e Corinto, dal diacono Costantino
(skevofilax della Grande Chiesa) e dallo spatario Marciano, con
l’incarico di recarsi a Roma Antica per convocare un Sinodo. Giunti a
Roma, questi inorridiscono al vedere la terribile prigione in cui era
tenuto lo "straniero" - come a Roma era chiamato il siciliano Gregorio -
in attesa di processo da quasi due anni e mezzo. Il Papa allora prende
tempo: il processo si apre solo dopo la Pasqua dell’anno successivo, nel
tempio di Sant’Ippolito, presso il carcere [presso San Pietro in
Vincoli]. La composizione è chiaramente sbilanciata: il Papa e circa 110
giurati contro Gregorio, la Delegazione Imperiale e Patriarcale e pochi
altri a favore. Prende la parola il vescovo di Ancira, in difesa di
Gregorio o, piuttosto, della legalità: pretende che testimoni e
accusatori siano interrogati in presenza dell’accusato (15). Colpo di
scena: proprio l’infelice Evodia smantella l’impianto accusatorio e
confessa l’ignobile tranello, chiamando in causa gli indegni Sabino e
Crescentino.
L’indomani
il processo continua nella basilica di San Pietro, nell’atrio detto di
Sant’Andrea. Sabino è condannato all’esilio in Tracia e Crescentino in
Spagna, insieme a Leucio; altri, coinvolti nella vicenda, sono confinati
chi a Ravenna e chi tra i Baschi; altri ancora finiscono in carcere
nella stessa Roma Antica. Evodia fu rinchiusa nel Monastero di Santa
Cecilia dove trascorse in penitenza gli ultimi anni, ventidue, della sua
vita. Il sinodo condanna persino i futuri eredi dei colpevoli, e ordina
la ricostruzione della cattolica, della chiesa centrale d’Agrigento,
profanata dall’empio Lucio (il quale aveva persino ribaltato l’altare
per trarne e distruggere le reliquie in esso custodite). Alla Chiesa di
Agrigento, infine, si assegnano i beni demaniali sui quali avanzava
pretese la Chiesa di Roma: addirittura, la metà della città siciliana,
come documentato da rescritto imperiale che Gregorio curò di procurarsi a
Costantinopoli. (16)
Gregorio riabilitato
Dopo
il processo, infatti, l’imperatore invita Gregorio a Nuova Roma:
insieme al vescovo agrigentino, Giustiniano [II] dedica tutta la
quaresima a formulare sacri canoni a beneficio della Chiesa universale
(17); Gregorio approfitta della sua permanenza nel Monastero dei Santi
Sergio e Bacco per tenere discorsi sui dogmi, sulla quaresima, su san
Pietro, su sant’Andrea, ecc.
Gregorio
fa quindi ritorno ad Agrigento, colmo di doni avuti dall’imperatore e
dalla sua sposa [Teodora]: tra accoglierlo c’è ancora il padre e, tra le
reverende presbitere, anche la madre; Gregorio non vuole però entrare
nell’episcopio (18), e si stabilisce presso il tempio dedicato a Eber e
Raps [divinità puniche = Eracle e Trittolemo o Castore e Polluce?] che
trasforma in chiesa cristiana, dedicata ai santi Pietro e Paolo; la
precedente cattedrale, infatti, era stata riconsacrata – o meglio,
profanata – da due compari di Leucio, gli eretici vescovi del Grande
Ponto e di Seleucia (19). Gregorio morì in pace, dopo una lunga vita e
dopo aver edificato il popolo con molti miracoli (20).
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NOTE
1)
Si attribuiscono al papa Gregorio I (590\604) un migliaio circa di
Epistole, verosimilmente redatte sul finire dell’8° secolo da
compilatori di facsimili per la Curia Pontificia, o – come esercitazione
scolastica - da "concorrenti" alla Cancelleria, oppure da quei falsari
che confezionarono i documenti esibiti a Carlomagno da Adriano I per
giustificare le pretese territoriali del Papato. E’ verosimile che
alcuni "casi" liturgici e morali, risolti nelle Epistole, siano stati
tratti dal Racconto di Leonzio e fittiziamente riferiti all’età
gregoriana.
2)
Per accordare il Racconto all’Epistolario psudo-gregoriano, è
necessario falsificare il testo trasmesso dalla tradizione, cambiando
quasi tutti i nomi citati dall’agiografo (patriarca Macario: Giovanni
VI; imperatore Giustiniano II: Maurizio; ecc.) ed eliminando sia la
menzione degli eretici Sergio, Ciro e Paolo, sia dei Concili
Costantinopolitani..
3)
Akragas, "la più bella città dei mortali" (Pindaro), fondata nel 581
a.C. da cittadini di Gela (colonia di dori-cretesi), invasa dai Normanni
nel 1086, subisce la cattolicizzazione a opera di Gerlando di Besançon,
un allobrogo imparentato con i conquistatori; per molti secoli il
Patriarcato Ecumenico continua, tuttavia, a conferire il titolo di
vescovo agrigentino. Nel 20° secolo la città riacquista l’antico nome,
abbandonando quello ereditato dai Berberi (Girgenti, da Kerkent) e la
Sacra Arcidiocesi d’Italia ricostituisce una parrocchia ortodossa.
4) Monaci in estasi o Gregorio assiste a fenomeni di levitazione?
5)
Una singolare anomalia genetica (colorito scuro \ occhi verdi; capelli
biondi \ occhi scuri), riscontrabile in Sicilia e Grande Grecia sin
dalla preistoria (tramite l’esame del DNA), di solito è attribuita,
invece, alla fusione tra l’etnia locale – romana ortodossa - e gli
invasori francogermanici. Non è l’unico caso in cui l’agiografia (vedi,
per es. san Filarete l’Ortolano) smentisce il luogo comune.
6) In realtà, l’agiografo pare che qui abbia copiato la Vita di san Giovanni Crisostomo.
7) In greco, grègoros = veloce.
8)
I pochi mesi del pontificato di Agatone furono funestati da una
tremenda peste che spopolò Roma Antica: il papa morì a Concilio appena
iniziato.
9) Tra gli "insensati eretici" il Concilio condannò anche Onorio, papa di Roma Antica.
10) Il minorenne Giustiniano II, figlio di Costantino IV che convocò e presiedette il VI Concilio Ecumenico.
11)
Secondo la tradizione, primo vescovo d’Agrigento è un san Libertino,
martire – pare – a seguito degli editti persecutori promulgati da
Valeriano (257 e 258).
12) Teodote è tra diaconesse e presbitere perché madre d’un vescovo e sposa d’un cantore.
13)
Del tutto sconosciuto: a meno che non si tratti di quel vescovo
Gregorio, fedele al dogma di Calcedonia, giunto in Sicilia con il
diacono Demetrio e l’asceta Calogero; questi si ritirò (nascose?) nelle
caverne del Monte Cronio presso Sciacca -AG, mentre i primi due subirono
il martirio (dai Vandali?).
14)
Testuali parole della Vita. Da notare: agrigentini, arconte imperiale e
metropolita di Siracusa, formano un "partito" contrapposto a quello
formato da eretici, diacono pontificio e Papa.
15)
In tutta la vicenda è evidente il contrasto tra una posizione
garantista, improntata al Diritto Romano, e una posizione giustizialista
o barbarica.
16)
All’epoca in cui fu scritto il Racconto di Leonzio, a Roma Antica già
era nota la leggenda alla base della famigerata Donatio Constantini.
17)
Si parla del Concilio del 692, il Quintosesto? Gran parte dei suoi
canoni tentano di riportare la cristianità occidentale all’ortodossia
della tradizione liturgica e disciplinare.
18) Può darsi che, per qualche tempo, Agrigento sia stata divisa tra eretici e ortodossi?
19)
Il Grande Ponto è forse l’Armenia Minore; Seleucia è il centro della
Chiesa Nestoriana che in un Sinodo del 486 permise le nozze dei vescovi:
il metropolita Barsauma di Nisibi, per "dare l’esempio", sposò la
monaca Mamoe. Si noti che Sabino, pretendente alla sede vescovile
d’Agrigento, è coniugato.
20)
Manca lo spazio per elencare i molti miracoli della Vita; manca lo
spazio, purtroppo, per riportare le tante preghiere disseminate nel
testo e che, messe insieme, formerebbero un piccolo Eucologio.
http://oodegr.co/italiano/tradizione_index/vitesanti/gregorioag.htm
dal sito
http://ortodossiromani.blogspot.it/2009/04/novembre_04.html
il santo è ricordato il 24 Novembre secondo,probabilmente,i minei costantinopolitani
il calendario ortodosso che seguo in francese di estrazione slava lo colloca la 23 Novembre
http://www.forum-orthodoxe.com/~forum/viewtopic.php?f=5&t=1063
Il nostro padre tra i santi Gregorio, vescovo di Agrigento.
Il
padre, Caritone, era cantore; la madre si chiamava Teodote; fu immerso
nel Lavacro della rinascita dal vescovo Potamione. Gregorio apprese la
grammatica, la lettura, il calcolo e il ciclo annuale delle feste,
imparò a memoria il salterio, e a dodici anni fu ordinato lettore: aveva
una voce molto dolce nel canto; era biondo, dagli occhi belli, bocca e
naso armoniosi, sopracciglia perfette, labbra sottili. Preso dal
desiderio di visitare i Luoghi Santi, di nascosto Gregorio si imbarcò su
una nave diretta a Cartagine, da dove si recò a Tripoli di Siria e poi a
Gerusalemme. In un anno tra il 665 e il 676, fu ordinato diacono dal
patriarca Macario e in seguito, dopo aver studiato retorica attica,
grammatica, filosofia e astronomia, soggiornò ad Antiochia, ospite del
vescovo Eustazio, e infine si stabilì nel Monastero dei Santi Sergio e
Bacco, a Nuova Roma. Qui, nel 680, partecipò al VI Concilio Ecumenico,
in rappresentanza del vescovo di Costantia di Cipro. Finiti i lavori
conciliari, Gregorio si trasferì nel Monastero di San Saba
sull’Aventino, nell’antica Roma.
Intanto
la Chiesa di Agrigento era divisa da lotte intestine: alla morte del
vescovo Teodoro, alcuni volevano eleggere il sacerdote Sabino, altri il
diacono Crescentino. Su proposta dell’arcidiacono Euplo, fu scelto
invece Gregorio, che era stato onorato grandemente dal Concilio di
Costantinopoli.
Gregorio
prese possesso della sua diocesi ma, accusato falsamente da alcuni
eretici, per ordine del Papa fu rapito, portato a Roma e messo in
carcere. L’imperatore e il Patriarca ecumenico, appresa la notizia
dell’arresto di Gregorio, mandano subito a Roma Antica i vescovi di
Ankira, di Cizico e di Corinto, il diacono Costantino di Santa Sofia e
lo spatario Marciano,
che ne ottengono la liberazione. Gregorio si recò quindi a
Costantinopoli e, insieme all’imperatore Giustiniano II, dedicò tutta la
quaresima del 692 a preparare il Concilio Quintosesto,
i cui canoni tentarono di riportare la cristianità occidentale
all’ortodossia della tradizione liturgica e disciplinare. Gregorio fa
quindi ritorno ad Agrigento, colmo di doni avuti dall’imperatore e dalla
sua sposa Teodora: non gli fu possibile però rientrare nell’episcopio,
occupato dagli eretici, e fu costretto a stabilirsi presso l’edificio
sacro agli dei Eber e Raps, che trasformò in tempio cristiano, dedicato
ai santi Pietro e Paolo. Dopo una lunga vita e dopo aver edificato il
popolo con molti miracoli, Gregorio si addormentò in pace.