Sante reliquie di Santo Placido martire sono venerate presso la Chiesa Ortodossa di San Caralampo a Palermo dietro il Teatro Massimo Via delle Mura di San Vito dopo la Caserma dei Carabinieri
La Chiesa Ortodossa di San Caralampo appartiene alla Diocesi Ortodossa Romena d'Italia
Santi
martiri a Messina per mano dei pirati pagani nel 541: Placido monaco,Firmato
diacono e monaco, Gordiano monaco, Faustino monaco,Donato monaco,Eutiche e
Vittorino,fratelli di San Placido,Flavia vergine e sorella di San Placido ed
altri 28 monaci
Martirologio Romano (5 ottobre): A Messina, in
Sicilia, il natale dei
santi Martiri Placido Monaco (uno dei discepoli del beato Benedetto
Abate), dei suoi fratelli Eutichio e Vittorino, e della loro sorella
Flavia Vergine, e così pure di Donato, Firmato Diacono, Fausto ed
altri trenta Monaci, i quali tutti, per la fede di Cristo, furono
uccisi dal corsaro Mamuca.
Sarebbe stato martirizzato con i fratelli Flavia, Eutichio e
Vittorino e altri trenta compagni sotto Diocleziano, anche se altre
fonti sostengono che furono uccisi dai pirati Saraceni comandati da
Mamucha.
Nell'XI secolo, infatti, Pietro Diacono confuse la storia del Placido
martire con quella del Placido monaco benedettino, fino ad allora
venerato come Confessore, e riunì le biografie dei due santi in uno
scritto chiamato Passio S. Placidi, in cui si narrava la storia del
discepolo di San Benedetto, vissuto nel VI secolo d.C., ucciso a
Messina dai Saraceni con i tre fratelli e trenta monaci.
Da questo momento, quindi, i due santi vennero identificati con
un'unica persona.
È venerato con i Compagni il 5 ottobre. È patrono di Messina assieme
alla Madonna della Lettera.
È il Santo Patrono anche di Poggio Imperiale in provincia di Foggia,
oltre che di Biancavilla e Castel di Lucio, nonché dell'Arcidiocesi
di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela
santi Martiri Placido Monaco (uno dei discepoli del beato Benedetto
Abate), dei suoi fratelli Eutichio e Vittorino, e della loro sorella
Flavia Vergine, e così pure di Donato, Firmato Diacono, Fausto ed
altri trenta Monaci, i quali tutti, per la fede di Cristo, furono
uccisi dal corsaro Mamuca.
Sarebbe stato martirizzato con i fratelli Flavia, Eutichio e
Vittorino e altri trenta compagni sotto Diocleziano, anche se altre
fonti sostengono che furono uccisi dai pirati Saraceni comandati da
Mamucha.
Nell'XI secolo, infatti, Pietro Diacono confuse la storia del Placido
martire con quella del Placido monaco benedettino, fino ad allora
venerato come Confessore, e riunì le biografie dei due santi in uno
scritto chiamato Passio S. Placidi, in cui si narrava la storia del
discepolo di San Benedetto, vissuto nel VI secolo d.C., ucciso a
Messina dai Saraceni con i tre fratelli e trenta monaci.
Da questo momento, quindi, i due santi vennero identificati con
un'unica persona.
È venerato con i Compagni il 5 ottobre. È patrono di Messina assieme
alla Madonna della Lettera.
È il Santo Patrono anche di Poggio Imperiale in provincia di Foggia,
oltre che di Biancavilla e Castel di Lucio, nonché dell'Arcidiocesi
di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela
Era il 541 d.C. quando i pirati musulmani guidati dal Generale
Mamuca sbarcarono nei pressi delle rive del Faro e si
avvicinarono
verso la cinta muraria della Città.
Eccoli quindi giunti nei pressi del monastero di San Placido. I
Monaci non poterono opporre la benchè minima resistenza. I Barbari
circondarono l'edificio, appiccarono il fuoco, come d' uso e
misero a
soqquadro tutto il monastero.
San Placido si fece avanti perché fossero risparmiati tutti gli
altri, ma tutti i monaci furono fatti prigionieri e giustiziati.
Il
motivo della condanna fu il negato assenso dei Monaci ad adorare
i
loro idoli e la ferma volontà di restare fedeli alla religione
cristiana.
San Placido esortò con la parola tutti ad essere fedeli al
Cristo e
alla Fede in cui erano consacrati e per questo gli viene
strappata la
lingua. Ciò nonostante grazie alla sua Fede continuò
strenuamente ad
incoraggiare tutti.Verso Flavia, sorella di Placido, il tiranno
Mamuca, in un primo tempo ebbe parole di lode per la sua
bellezza,
nella speranza di renderla rinnegatrice della propria fede, ma
sconfitto passò alle minacce. Ben presto si accorse che quella
giovinetta aveva un coraggio indomabile, ed egli, il Forte si
sentì
umiliato dalle risposte e dalla costanza della giovinetta.
Decapitò tutti legandoli tra di loro: S.Placido, Vittorino,
Eutichio
e Flavia, Fausto e Firmato.
Donato venne ucciso nel primo assalto al monastero, mentre
Gordiano
riuscì a fuggire.
I Fratelli Martiri vennero condotti sulla spiaggia, dove oggi
c'è la
Batteria Masotto ( Passeggiata a mare), e qui furono
giustiziati.All'alba i messinesi assistettero alla scena del
monastero distrutto, della campagna vicina devastata, e
trovarono
sulla spiaggia i corpi eroici dei Martiri immersi nel loro
sangue.
Tornò finalmente Gordiano accompagnato da un folto gruppo di
messinesi valorosi, ma ormai era tardi poterono solo assistere
raccapricciati alla visione di quella scena terrificante.
Si strapparono i capelli per non aver potuto fare nulla per
evitare
la tragedia e si sentirono impotenti di fronte a simile orrore.
Pieni
di commozione seppellirono nella Chiesa di San Giovanni, i tre
gloriosi fratelli e la sorella, mentre gli altri Monaci vennero
seppelliti nella spiaggia.
Arrivano poi sul luogo i parenti e i conoscenti dei Monaci uccisi,
vennero anche gli amici di Placido, per venerare i santi luoghi
e le
gloriose sepolture. Il monastero e la Chiesa di San Giovanni
resteranno a caratteri indelebili nelle pagine della storia di
Messina a ricordo di questo avvenimenti.
Il Martirio di San Placido e dei suoi compagni, come detto,
suscitò
ancora più grande devozione nei messinesi, i quali si
affrettarono a
riordinare la Chiesa dove presto trovarono onorata sepoltura i
fratelli e riordinarono anche il Monastero. La vita e l'esempio
di
San Placido continuò anche dopo la sua morte, ed i semi sparsi
dal
suo esempio continuarono a germogliare dando grandi frutti in
ogni
dove della Città e soprattutto nell'animo, nelle opere e nella
vita
degli abitanti di Messina. Nel 1363 a dodici miglia dal centro
della
città, quattro nobili messinesi, Leonardo De Astasiis, Roberto
De
Gilio, Mario De Speciariis, e Giovanni di Santa Croce, sopra una
elevata collina (Pezzolo) costruirono un monastero benedettino
in
onore di San Placido che dal torrente che vi scorreva vicino
prese
il nome Calonerò e al quale fu dato da Papà Urbano V il titolo
di
Abbazia e per la quale quale Federico III stabilì che venissero
portate offerte in natura, offerte confermate successivamente da
Re
Martino. Il Monastero ebbe florida vita sino al 1600. Per un
lungo
periodo non si ebbe più notizia dei sepolcri che custodivano i
corpi
di San Placido e dei fratelli, le vicende e la dominazione
saracena
ne avevano fatto scomparire ogni traccia. Le vicende erano
coperte
dalla coltre dell'oblio e il mistero del tempo velava ogni cosa,
la
verità sembrava persa per sempre e i pochi ricordi erano
diventati
leggenda. La storia e la verità sembravano per sempre sepolte.
Pur
tuttavia rimaneva costante la fede dei messinesi per quei
giovani
santi martiri di cui la tradizione aveva tramandato le eroiche
gesta e forte era la convinzione che i resti mortali si
ritrovassero
sepolti nella Chiesa di San Giovanni dei Cavalieri
Gerosolomitani,
dove sorgeva il convento, vicino alle mura nella zona
dell'Oliveto.
La svolta fu nel 1586, quando fu eletto a Gran Priore dei
Gerosolomitani Fra Rinaldo de Naro, Siracusano. Egli un giorno
notò
che la Chiesa, addossata alle mura del Palazzo Priorale e
all'Ospedale era scarsamente illuminata. Quella Chiesa, come
tutte
quelle antiche, aveva le Absidi rivolte ad Oriente, perché anche
l'arte asservisse ad alta finalità ascetica, quella cioè di far
guardare il celebrante verso Oriente, cioè verso Gesù Cristo
Oriente dall'Alto .Il Gran Priore, quindi volle aprire tre belle e grandi
porte dalla parte del mare, sistemando l'altare maggiore dalla
parte
opposta, verso Ponente. Mentre si eseguivano i lavori, di
demolizione
dell'altare maggiore, scavando in profondità sotto il lato
destro di
esso a 14 palmi, cioè circa 3.50 mt. di profondità alcuni
sterratori
trovarono un sepolcro di marmo lungo 12 palmi (mt. 3) e largo 5
(mt.1.50). Lo aprirono e vi rinvennero quattro corpi umani
spiranti
soavissimo odore: 3 erano collocati uno accanto all'altro e un
quarto era sito in senso trasversale ai piedi di costoro.
Accanto poi
si videro parecchi altri corpi che tenevano accanto al capo e al
petto ampolle di vetro di creta piene di sangue e di terra
intrisa di
sangue. Il corpo collocato in senso trasversale era
evidentemente di
una fanciulla e sul petto del corpo di mezzo fu trovato un
vasetto
con dentro una lingua. Questo fatto in particolare, si sapeva
che a
San Placido era stata strappata la lingua, fece riemergere al
ricordo
i fatti storici di quella che era diventata solo trasmissione
orale Quei corpi
erano sicuramente quelli dei Martiri Messinesi Placido, dei
Fratelli
e della Sorella Flavia. Diffusasi la notizia per la città, fu un
accorrere di fedeli senza numero, felici di avere finalmente
ritrovate le S.S. Reliquie che nei tempi passati invano erano
state
cercate. Entò allora in azione l'"Opus Dei", l'opera
di Dio, che
volle glorificare i suoi martiri. Ed ecco che quel ritrovamento
provocò il moltiplicarsi di prodigi e guarigioni miracolose al
contatto coi sacri copri e bevendo dell'acqua scaturita nel
luogo dove si erano trovati quei sacri corpi.
L'Arcivescovo del tempo, Mons. Antonio Lombardo osservò e
relazionò
di quei fatti con quella diligenza e preoccupazione che il caso
richiedeva, raccolse documenti e testimonianze e con prudenza
infine si recò a Roma per esporre dell'avvenimento al Papa Sisto
V. La Commissione Arcivescovile, incaricata di indagare i fatti era presieduta
dall'Abate e Canonico D. Giulio Cesare Minutolo, Vicario
Generale e
ne faceva parte anche D. Silvestro Maurolico. Il Papa fece
studiare
la relazione da una commissione di Cardinali che espressero il
parere che certamente il ritrovamento effettuato era delle
preziose
reliquie di San Placido dei fratelli Euticchio e Vittorino,
nonchè
della sorella Flavia oltre che di altri 30 monaci martirizzati
da
Mammucca nell'anno 541 d.C. Il Papa concesse che ogni anno si
celebrasse oltre la festa del martirio quella del ritrovamento
delle
Ss.Reliquie il 4 Agosto. Furono memorabili i festeggiamenti che
in
tale ricorrenze preparavano i messinesi: archi di trionfo,
funzioni,
processioni, luminarie. Di tutto ciò se ne fece ampia relazione
anche
a Filippo II di Spagna. nel contempo a Messina fu eretto il
nuovo
Tempio di S. Giovanni di Malta in onore dei Santi Martiri. In
particolare fu molto curato il Sacello, collocato sull'altare
dell'abside corale, dove in artistiche casse rivestite di
broccati
d'oro, di velluti e damaschi rari furono riposte le sacre
Reliquie.
Sul pavimento del Sacello furono incisi i nomi dei Senatori del
tempo: Antonio Giacomo di S. Basilio - D. Palmerio Di Giovanni -
D.
Francesco Marullo - Giovanni Pietro Arena - D. Giacomo Campolo -
Giovanni Tuccari. Mentre procedevano i lavori di ricostruzione
della
Chiesa, il 6 giugno 1608 poco distanti dal sepolcro di San
Placido si
rinvennero altri corpi con i soliti vasi di vetro e di
terracotta
ripieni di sangue.
Si pensò subito a Reliquie di altri Martiri uccisi in successive
incursioni ed infatti i nuovi prodigi e miracoli operati da Dio
al
contatto dei Sacri Corpi confermarono tale convinzione. Anche
questa
volta Papa Paolo V informato del ritrovamento dall'Arcivesco
Mons.
Bonaventura Secusio confermò che si trattava del rinvenimento del
corpo di altri santi Martiri i quali meritavano il culto insieme
con
quelli precedentemente scoperti.
I lavori di ricomposizione definitiva delle sacre Ossa nel
Sacello si
completarono nel 1624. Le varie alterne vicende del tempo
lasciarono
sempre le Sacre Reliquie nel loro intatto Sacello assistite
sempre
dalla sincera devozione dei messinesi, così fino al 1908.
Il terremoto pur distruggendo buona parte della Chiesa di S.
Giovanni
di Malta, incredibilmente lasciò al suo posto il Sacello,
custodito
nella superstite abside ed opportunamente chiusa e sistemata da
Sua
Eccellenza Mons. Angelo Paino, Arcivescovo ed Archimandrita di
Messina nel 1925.
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