tauroteca custodita presso la Chiesa Santa Maria la Cava e Sant'Alfio in Lentini (Sr), nel museo arte Sacra. Steatite scolpita con custodia in legno dipinto. Reca l'immagine di Santa Elena, due Angeli e l'imperatore Costantino. Datata tra il secolo IX e il XI secolo.
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La Vita di S. Luca Casale da Nicosia, oggi irreperibile, è stata scritta da un monaco di nome Bonus. Il gesuita Padre Ottavio Caetani (†1620) la trovò in antichi manoscritti, redatti, egli dice, in lingua barbara, che pubblicò dandogli una forma migliore: "vitam hanc S. Lucae barbara dictione scripta accepimus ex libris Nicosiensibus manu exaratis. eam ob causam paululum à nobis concinnatam oportuit"(O. Caetani).
La medesima biografia fu pubblica nel 1668 dai padri bollandisti G. Henskens e D. Papebroch negli Acta SS. (v. bibl. n.4).
Luca nacque nella città di Nicosia, in Sicilia, nel quartiere di S. Michele Arcangelo. Fin dalla giovane età si dedicò agli studi sotto la guida di un sant'uomo che in quel tempo dimorava nel medesimo quartiere. All'età di dieci anni fu condotto dal suo maestro nel monastero di Agira dove, desiderando vivamente di servire Dio, prese l’abito monastico. Ben presto si distinse per le sue virtù e, meritando il consenso di tutti, più tardi venne ordinato sacerdote. Risplendettero a tal punto le sue virtù e bontà d'animo che molti fedeli accorrevano a lui come ad un padre ed egli li accoglieva di buon grado con l'ascolto del cuore e le parole di conforto, dispensando aiuto morale e materiale. Alla morte dell'Abate fu desiderio unanime dei suoi confratelli, non ritenendo nessun altro più degno, che egli assumesse la carica e lo designarono alla successione, ma egli, per la sua modestia, rifiutò non ritenendosi degno di quell'onore. I confrati si rivolesero al Sommo Pontefice, ottemperando alla cui volontà Luca accolse la prefettura del monastero.
Divenuto cieco e anziano, continuò a svolgere con zelo il suo apostolato. Un giorno, ritornando da Nicosia, ove si era recato in compagnia di alcuni confratelli per visitare i suoi parenti, giunti poco fuori dalla città, nei pressi di una fonte, i frati che lo accompagnavano furono presi da una strana voglia di prenderlo in giro. Gli fu fatto credere di trovarsi dinanzi ad una moltitudine di cittadini di Nicosia che lo seguivano ansiosi di ascoltarlo ed il santo, salito su una piccola altura (v.fig.2), predicò in un luogo deserto. Finito il discorso, impartì la benedizione, ed alle consuete parole conclusive "per omnia saecula saeculorum", le pietre risposero: Amen, Amen. Dinanzi a tale prodigio i religiosi che l’accompagnavano si prostrarono in ginocchio ai suoi piedi chiedendo perdono: "Pater Sancte, precare Deum pro nobis, in quem peccavimus, deridentes te"(Bonus).
Ritornati ad Agira raccontarono a tutti il prodigio cui avevano assistito incrementando la fama di santità di cui gia godeva l'Abate.
Passò al Padre il buon Luca in buona vecchiaia, nel monastero di Agira, il 2 marzo di un anno imprecisato.
La sua fama di santità crebbe tanto che il suo corpo fu deposto nella stessa urna di s. Filippo di Agira, e fu introdotto dal Sommo Pontefice nel numero dei santi: "in sanctorum numerum à Summo Pontifice relatus est, efflagitante opido Agyrio" (Bonus). I Nicosiani, suoi concittadini, eressero una piccola chiesa a lui intitolata (andata distrutta probabilmente per una frana) sul luogo in cui era avvenuto il miracolo dei sassi, nella contrada ancora oggi chiamata S.Luca, a circa tre chilometri a est della città. Probabilmente in seguito alle invasioni saracene, si perdette il ricordo del suo sepolcro, ma il culto continuò. Nel 1575, essendo stata Nicosia liberata dalla peste per l'intercessione del Santo, il popolo ed il senato, riconoscenti, decisero (nel 1586) di celebrare la festa di S. Luca a spese dell’erario pubblico, di erigere una chiesa a lui intitolata e di chiedere al papa di riconoscerlo patrono della città.
Nel 1596, il 25 del mese di luglio, durante alcuni lavori nella chiesa di Agira, il corpo fu ritrovato insieme con quelli di s. Filippo Presbitero, di S. Filippo Diacono e di s. Eusebio. Il senato di Nicosia chiese allora una reliquia e ricevette una costola che fu trasportata con grande solennità nella città natale. Benedetto XIV parla del suo culto nel de Canonizatione Sanctorum e ne conferma la Santità in una una breve all’arcivescovo di Messina, datata 28 febbraio 1747 (v. bibl. n.6). La Chiesa di Agira trasse le lezioni del secondo Notturno dall'anzidetta lettera del pontefice .
Gli storici ed i critici discutono sul tempo in cui il santo visse: il Ferrari (v. bibl. n.1) lo dice morto ca. l’anno 890, il Caetani ca. il 1164 (v. bibl. n.3), e i due ricordati bollandisti, più prudentemente, sono incerti. Tutto sommato, sembra sia vissuto nell' VIII secolo, prima che gli arabi occupassero il centro della Sicilia. Si è anche in dubbio circa l'Ordine cui appartenne: il Bucelino (v. bibl. n.2), che lo pone nel Menologio Benedettino, confonde i sui Atti con quelli di S. Leone Luca da Corleone, di cui si fa menzione il 1° marzo;
La sua festa si celebra il 2 marzo.
BIBLIOGRAFIA:
- F. Ferrari, Catalogus Generalis Sanctorum, Venezia 1625, pp. 94-96;
- Bucelino, Menologium Benedictinum, Feldkirch 1655, p. 163;
- Ottavio Caetani (+1620), Vitae. Sanctorum Siculorum, II, p. 183-184;
- G.Henskens e D.Papabroch, Acta SS. Martii, I, Anversa 1668, pp. 151-152;
- Officia propria Ecclesiae Agyriensis, 1804, p. 10;
- Benedetto XIV, Bullarium, tomo II, Roma 1761, pp. 109-117; copia mss in arch. Cattedrale, v.18, ff.124-144;
- Giuseppe Morabito, in Biblioteca Sanctorum, Roma 1967, pag. 227;
- Piero Bargellini, Mille Santi del Giorno, Ed. Vallecchi-Massimo, Firenze 1977, pag. 124
tratto da
https://it.wikipedia.org/wiki/Luca_Casali_da_Nicosia
Verso i dodici anni entrò nel monastero di Santa Maria Latina di Agira, dove prese l'abito monastico e in seguito venne ordinato sacerdote. Fu in seguito eletto abate del monastero e fu indotto dal Papa ad accettare la carica, che egli voleva rifiutare per umiltà. Non si sa con sicurezza di quale ordine monastico abbia fatto parte: qualcuno lo dice benedettino, ma è più probabile che sia stato basiliano.
Fu poi colpito da cecità, continuando tuttavia a svolgere le sue attività. La leggenda agiografica racconta che un giorno, dopo aver fatto visita ai parenti, i monaci gli chiesero di predicare in un luogo deserto, facendogli credere di avere avanti una folla di fedeli; dopo la benedizione, sarebbero state allora le pietre a rispondere con il rituale "amen".
Morto in concetto di santità, fu sepolto nella chiesa di San Filippo, nella stessa urna del santo titolare.
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