mercoledì 16 agosto 2017

Santo Elia il Giovane schiavo dei Saraceni in Africa del Nord e poi monaco in Calabria..significativo testimone del monachesimo italo greco





 


 
Santo Elia il Giovane schiavo dei Saraceni in Africa del Nord  e poi monaco in  Calabria..significativo testimone del monachesimo italo greco

A Salonicco, nell’odierna Grecia, transito di sant’Elia il Giovane, monaco secondo l’insegnamento dei Padri orientali, che, dopo aver molto patito per la fede da parte dei Saraceni, condusse con grande forza d’animo in Calabria e in Sicilia una severa vita di austerità e di preghiera.



 Απολυτίκιον
Της ερήμου πολίτης,. ήχος α'

Των οσίων το κλέος και Θεσβίτου συνώνυμον, τον εκ Σικελίας φανέντα και εν Λακωνία ασκήσαντα. συνόμιλον των Ιαματικών, τον σώζοντα ημάς εκ πειρασμών. προοράσεων γαρ θείων, τον μηνυτήν Ηλίαν ευφημήσωμεν. δόξα τω σε δοξάσαντι Χριστώ, δόξα τω σε θαυμαστώσαντι, δόξα τω ενεργούντι διά σου πάσιν ιάματα.



Tratto da

http://www.santiebeati.it/dettaglio/46850



La sua ‘Vita’ fu scritta subito dopo la sua morte, da un anonimo monaco greco e quindi sufficientemente attendibile. Elia nacque ad Enna verso l’829 con il nome di Giovanni, che cambiò quando divenne monaco; fu un asceta siculo-greco dalla vita avventurosa, improntata dalle rigidità proprie del monachesimo italo-greco del Medioevo bizantino.
La sua fu una vita itinerante, intessuta di avventure, viaggi a piedi, fondazioni di monasteri, miracoli operati; fu costretto ad abbandonare la sua città Enna (l’antica Henna), assediata dai Saraceni e da loro conquistata nell’859; cadde comunque nelle loro mani e fu venduto schiavo in Africa.
Liberato in seguito, si mise a predicare il Vangelo a rischio della propria vita; costretto a fuggire, si rifugiò in Palestina, dove ricevette l’abito monastico dal patriarca di Gerusalemme.
Trascorse tre anni in un monastero del Sinai da dove passò ad Alessandria, poi in Persia, ad Antiochia ed infine in Africa. Dopo la caduta in mano degli arabi di Siracusa (878), Elia che era ritornato in Sicilia, si recò a Palermo per rivedere la vecchia madre; da lì passò a Taormina dove si associò il monaco Daniele, il quale diventò compagno delle sue peregrinazioni, emulandolo nelle sue virtù.
Attraversato lo Stretto si recò in Calabria dove verso l’880 fondò il monastero di Saline vicino Reggio Calabria, che poi prese il suo nome. Minacciato dalle incursioni saracene fu costretto ad allontanarsene prima a Patrasso in Grecia e poi a S. Cristina nell’Aspromonte.
L’infaticabile monaco andò anche pellegrino a Roma e al suo ritorno, fondò il monastero di Aulinas (900-901) sul monte che prese il suo nome presso Palmi; la fama della sua meravigliosa attività, predicazione e dei numerosi miracoli, giunse anche in Oriente, per cui l’imperatore Leone VI il Filosofo (866-911) lo invitò a Costantinopoli.
Ancora una volta, l’ormai anziano Elia si mise in viaggio, ma non riuscì a giungere a destinazione; arrivato a Tessalonica, si ammalò e qui morì il 17 agosto del 904.
Il suo corpo fu trasportato dal fedele monaco Daniele ad Aulinas presso Palmi e secondo il suo desiderio, tumulato nella chiesa del monastero, che come già detto prese il suo nome, al quale due secoli dopo si aggiunse quello di s. Filerete, altro monaco siculo-greco.
Ebbe culto pubblico, fino alla fine del secolo XVIII, cioè finché restò l’edificio del monastero, poi abbattuto; una sua reliquia si venera a Galatro (Reggio Calabria) dove pure esisteva un monastero greco a lui intitolato.
Il suo nome resta legato al Monte S. Elia, oggi meta turistica molto frequentata e sul quale sorge un oratorio in suo onore.



Tratto da con annessa bibliografia

http://www.treccani.it/enciclopedia/elia-il-giovane-santo_(Dizionario-Biografico)/



ELIA il Giovane, santo. - Secondo l'anonima Vita greca, fonte principale per la sua biografia, nacque verso l'823 ad Enna in Sicilia e fu battezzato col nome di Giovanni. Nelle fonti greche porta l'appellativo ὁ Νίος, cioè il Giovane; è altrimenti noto anche come E. da Enna o E. Siculo. I genitori appartenevano alla ragguardevole e pia famiglia dei Rachiti; quando E. era ancora bambino lasciarono la città per paura degli attacchi saraceni e si rifugiarono in una fortezza, detta di Santa Maria, oggi non più localizzabile. Ad otto anni E. ebbe una prima visione, nella quale gli fu rivelato che presto sarebbe stato condotto prigioniero in Africa per rafforzarvi gli uomini nella fede. Tali visioni si ripeterono durante la sua vita: fino alla morte E. ebbe il dono di prevedere il futuro e cioè sia gli eventi della propria vita, sia quelli politici.

A dodici aprii, verso l'835, con altri duecentoventi siciliani fu catturato dai Saraceni per essere portato in Africa, ma dopo pochi giorni fu liberato da una nave bizantina proveniente da Siracusa. Per tre anni E. rimase presso i genitori e, dopo la morte del padre, fu di sostegno alla madre. Quindi fu di nuovo catturato dai pirati saraceni fuori dalle porte della città e venduto come schiavo in Africa a un ricco conciatore cristiano, che gli affidò il compito di amministrare le sue proprietà. Dato che svolgeva l'incarico con zelo, E. si guadagnò la stima di cristiani e musulmani. Ma durante un viaggio d'affari del padrone la moglie di questo tentò di sedurlo e, poiché E. non cedette alle sue profferte, al ritorno del marito la donna lo accusò di tentato adulterio. E., imprigionato, fu liberato solo dopo che il padrone, avendo sorpreso la donna con un amante, si accorse dell'ingiustizia commessa. Si tratta con tutta evidenza di un adattamento della storia di Giuseppe dell'Antico Testamento, topos prediletto dall'agiografia monastica dei Bizantini. Dopo alcuni giorni E., riscattatosi dalla schiavitù, decise di andare in pellegrinaggio in Palestina per visitare i luoghi santi della Cristianità e farsi monaco. Contemporaneamente la solita voce divina gli comunicò che da allora egli sarebbe stato in grado di guarire gli infermi: E. sperimentò subito con successo le sue nuove doti carismatiche sia con cristiani sia con musulmani. L'emiro locale gli permise pertanto di esercitare liberamente la sua attività di guaritore. Ma quando E. convertì al cristianesimo i musulmani risanati e li fece battezzare nottetempo con la complicità di un vescovo del luogo di nome Pantoleone - che non risulta altrimenti attestato - fu denunciato all'emiro per la sua attività missionaria e gettato in prigione. Dalla Vita non risulta con chiarezza se questo episodio sia avvenuto ancora in Africa settentrionale o già in Palestina.

Dopo la liberazione E. si recò comunque a Gerusalemme dal cui patriarca, Elia, ricevette la tonsura. Avendo assunto da religioso il nome di Elia in onore del profeta, che era uno dei principali modelli degli asceti bizantini, per distinguerlo da questo gli fu aggiunto in seguito l'appellativo di "il Giovane". Nel monachesimo bizantino era diffusa la consuetudine di scegliere, al momento di abbracciare la vita monastica, un nome che avesse la stessa iniziale di quello secolare. Anche in questo caso l'usanza fu rispettata perché nella pronuncia del greco bizantino le iniziali di ᾿Ιωάννης e di ᾿Ηλίας corrispondevano foneticamente. Dopo che ebbe visitato i luoghi santi a Gerusalemme e nei dintorni, E. soggiornò per tre anni sul monte Sinai come eremita; quindi si recò ad Alessandria, dove guarì molti malati e indemoniati e pregò nelle chiese di S. Marco, di S. Pietro e dei Ss. Mena, Ciro e Giovanni. Per fuggire la fama - anche questo, a partire dalla Vita Antonii, è un topos dell'agiografia monastica - andò in Persia per visitarne i luoghi santi; ma i disordini che in quel tempo vi scoppiarono lo costrinsero a ritornare ad Antiochia. Da qui, passando per l'Africa, fece ritorno in Sicilia; durante il viaggio convertì numerosi saraceni e li battezzò.



Se fino al ritorno di E. in Sicilia la Vita non fornisce, a parte il nome del patriarca di Gerusalemme Elia III (878-906), alcun dato cronologico precisamente inquadrabile, successivamente la biografia del santo risulta strettamente collegata con gli avvenimenti storici dell'Italia meridionale. Durante una visita alla madre a Palermo E. predisse la vittoria della flotta bizantina dell'ammiraglio Basilio Nasar su quella araba a Milazzo (estate 880). Avendo previsto la sanguinosa sconfitta dello stratega bizantino Barsakios sulla costa orientale della Sicilia (estate 881), per sfuggire al successivo attacco degli Arabi, E. si rifugiò nel Peloponneso in compagnia di Daniele, un giovane che era divenuto suo discepolo a Taormina e che lo seguì fino alla morte. Visse per un certo periodo a Sparta, dove fu tormentato da demoni e guarì malati e indemoniati.

Durante il viaggio di ritorno in Italia, a Butrinto i due monaci furono incarcerati perché sospettati di spionaggio a favore degli Arabi ma furono liberati dopo la morte accidentale del vicegovernatore bizantino a loro ostile. Passando quindi per Corfù giunsero in Calabria, dove fondarono un monastero nella cosiddetta valle delle Saline. La località è identificata con la valle del fiume Petrace, più o meno il territorio compreso tra le località di Oppido Mamertina, Gioia Tauro e Palmi. Il monastero sembra fosse situato presso Seminara; E. vi condusse una vita ascetica basata su rigidi digiuni, preghiere ininterrotte e veglie; dai monaci richiese ubbidienza incondizionata. Grazie alle sue virtù profetiche e taumaturgiche il monastero divenne un forte polo d'attrazione per monaci e laici. E. compì allora un pellegrinaggio alle tombe degli apostoli a Roma, dove fu accolto solennemente da papa Stefano VI (885-891).

La vita del monastero fu di continuo turbata dagli attacchi dei Saraceni: per sfuggire alla conquista di Reggio dell'888, E. si rifugiò a Patrasso, ma quando nel 901 l'emiro di Sicilia Abu al-'Abbas espugnò di nuovo la città e la saccheggiò era già tornato nel suo monastero calabrese. Avendo previsto la conquista di Taormina e di Reggio da parte dell'emiro aglabita Ibrahim II (902), fuggì in tempo ad Amalfi, dove guarì la nipote del praefecturius. Poco dopo il suo ritorno in Calabria scoppiò una rivolta locale che il governatore bizantino Michele represse rapidamente. E. intervenne presso di lui, a favore del ribelle sconfitto Colombo, senza tuttavia ottenere la grazia; ma tale rifiuto fu punito da Dio con la morte subitanea del governatore.

Poco dopo E. fu chiamato dall'imperatore Leone VI alla corte di Costantinopoli. Insieme con il suo discepolo Daniele e con Colombo in veste di accusato, del quale egli si proponeva di ottenere la liberazione dall'imperatore, E. raggiunse Naupatto passando per Ericusa e Corfù, e di là per via di terra Tessalonica, dove morì ottantenne il 17 agosto di un anno imprecisato. Poiché durante il viaggio avrebbe profetizzato che una flotta araba proveniente dalla Siria avrebbe saccheggiato non Costantinopoli bensì Tessalonica, il che in effetti avvenne il 31 luglio 904, l'anno della morte viene generalmente fissato al 903.

I suoi resti furono collocati, alla presenza dello stratego della città, nella chiesa di S. Giorgio e, circa dieci mesi dopo, furono traslati con l'autorizzazione dell'imperatore via Butrinto, Rossano, Bisignano e Tauriana nel monastero delle Saline. Sul suo sepolcro avvennero non poche guarigioni miracolose e Leone VI, che aveva molto onorato il santo in vita, dopo la sua morte fece grossi donativi al monastero.

La vita di E. fu condizionata in maniera determinante dai contrasti militari ed ideologici tra Bizantini ed Arabi nel Mediterraneo. I conflitti tra le due potenze furono causa principale della sua vita raminga, che d'altro canto gli offrì ampie occasioni di svolgere attività missionaria nei paesi islamici.

L'anonimo autore della Vita, mentre dà solo vaghe notizie sul soggiorno di E. in Nordafrica, possiede, oltre ad una conoscenza precisa della geografia locale della Calabria meridionale, idee chiare sulle mete dei pellegrinaggi in Terra Santa. Conosce inoltre i nomi dei principali santuari cristiani ad Alessandria e Tessalonica, nonché i più importanti porti e stazioni sulla rotta tra la Calabria e la Grecia. Infine è ben informato sulla situazione politica nell'Italia meridionale bizantina tra l'880 e il 904 sia per quanto riguarda la cronologia degli avvenimenti sia per i nomi dei singoli protagonisti.

La biografia anonima (conservata dai codici Mess. 29, pp. 190-204, compilato nel 1308, e Neap. II A. A. 26, pp. 251-282, del sec. XV) è opera di un monaco del monastero di E., che non aveva conosciuto direttamente il santo ma alcuni dei suoi discepoli e delle persone che egli aveva guarito. Come modello letterario per lo stile e per la tipologia dei miracoli l'agiografo utilizza così largamente la Vita Antonii di Atanasio e la Historia Philothea di Teodoreto di Ciro da dare adito a riserve sull'attendibilità della sua opera, il cui contenuto non è confermato da alcuna fonte documentaria. Questo Βίοςdi E., probabilmente compilato nel secondo quarto del sec. X, fu utilizzato dagli autori di due canoni sulla festa del santo (17 agosto). Mentre uno dei due è tramandato anonimo, l'altro è opera di un certo Procopio, evidentemente monaco del monastero di E., che scrisse anche un canone sui santi calabresi Senatore, Viatore, Cassiodoro e Dominata. Il canone dovette essere composto prima del sec. XI a cui si fa risalire il più antico manoscritto (cod. Crypt. Δ. α. XII). Ad un encomio di E. più elaborato retoricamente riconducono forse i lessici (Λέξεις ἐκ τοῦ βίου τοῦ ἁγίου ᾿Ηλίου) che sono riportati in alcuni codici dell'Italia meridionale e testimoniano quanto fosse diffusa la lettura della Vita del santo. E. non entrò mai nel calendario liturgico di Costantinopoli, ma il fatto che il suo nome appaia anche in altre vite di santi dell'Italia meridionale ne documenta la fama e l'estensione del culto in Calabria: secondo la Vita di S. Elia lo Speleota, questi sarebbe stato designato da E. a succedergli quale padre spirituale dei monaci delle Saline. La Vita di S. Nicodemo di Cellarana, che fu monaco delle Saline nella seconda metà del X secolo, ricorda E. come famoso autore di miracoli, e così quella di S. Filareto, monaco di origine siciliana che entrò in quel monastero verso la metà del sec. XI. Nel 1133 re Ruggero II sottopose il monastero di E., che nel tardo Medio Evo prese il nome di Ss. Elia e Filareto, all'archimandriato di S. Salvatore in lingua Phari, da poco fondato a Messina.



Consultare da pagina 115 a pagina 123

Ombre della Storia di Antonio Monaco edizioni Asterios















Leggere

Vite dei Santi Elia di Enna e Filarete l’Ortolano

Sta in


ed anche




ed ancora

Note agiografiche su due ecisti del monachesimo italo-greco di nome Elia


http://www.italiamedievale.org/portale/note-agiografiche-ecisti-monachesimo-italo-greco-elia/



Leggere





Al Convegno ha presenziato e presieduto Sua Eminenza il Metropolita Gennadios Arcivescovo Ortodosso di Italia e Malta

http://www.ilcampanileenna.it/convegno-su-sant-elia-di-enna.html


La sua `Vita´ fu scritta subito dopo la sua morte, da un anonimo monaco greco e quindi sufficientemente attendibile. Elia nacque ad Enna verso l´829 con il nome di Giovanni, che cambiò quando divenne monaco; fu un asceta siculo-greco dalla vita avventurosa, improntata dalle rigidità proprie del monachesimo italo-greco del Medioevo bizantino. La sua fu una vita itinerante, intessuta di avventure, viaggi a piedi, fondazioni di monasteri, miracoli operati; fu costretto ad abbandonare la sua città Enna (l´antica Henna), assediata dai Saraceni e da loro conquistata nell´859; cadde comunque nelle loro mani e fu venduto schiavo in Africa. Liberato in seguito, si mise a predicare il Vangelo a rischio della propria vita; costretto a fuggire, si rifugiò in Palestina, dove ricevette l´abito monastico dal patriarca di Gerusalemme. Trascorse tre anni in un monastero del Sinai da dove passò ad Alessandria, poi in Persia, ad Antiochia ed infine in Africa. Dopo la caduta in mano degli arabi di Siracusa (878), Elia che era ritornato in Sicilia, si recò a Palermo per rivedere la vecchia madre; da lì passò a Taormina dove si associò il monaco Daniele, il quale diventò compagno delle sue peregrinazioni, emulandolo nelle sue virtù. Attraversato lo Stretto si recò in Calabria dove verso l´880 fondò il monastero di Saline vicino Reggio Calabria, che poi prese il suo nome. Minacciato dalle incursioni saracene fu costretto ad allontanarsene prima a Patrasso in Grecia e poi a S. Cristina nell´Aspromonte. L´infaticabile monaco andò anche pellegrino a Roma e al suo ritorno, fondò il monastero di Aulinas (900-901) sul monte che prese il suo nome presso Palmi; la fama della sua meravigliosa attività, predicazione e dei numerosi miracoli, giunse anche in Oriente, per cui l´imperatore Leone VI il Filosofo (866-911) lo invitò a Costantinopoli. Ancora una volta, l´ormai anziano Elia si mise in viaggio, ma non riuscì a giungere a destinazione; arrivato a Tessalonica, l´antica Salonicco, nella Macedonia, si ammalò e qui morì il 17 agosto del 904. Il suo corpo fu trasportato dal fedele monaco Daniele ad Aulinas presso Palmi e secondo il suo desiderio, tumulato nella chiesa del monastero, che come già detto prese il suo nome, al quale due secoli dopo si aggiunse quello di s. Filerete, altro monaco siculo-greco. Ebbe culto pubblico, fino alla fine del secolo XVIII, cioè finché restò l´edificio del monastero, poi abbattuto; una sua reliquia si venera a Galatro (Reggio Calabria) dove pure esisteva un monastero greco a lui intitolato. Il suo nome resta legato al Monte S. Elia, oggi meta turistica molto frequentata e sul quale sorge un oratorio in suo onore.
Elia nacque ad Enna e li visse sino alla prima giovinezza, abbandonandola quando la città subì l’assedio dei Saraceni e da loro conquistata nell’859; cadde comunque nelle loro mani e fu venduto schiavo in Africa ad un ricco mercante ( dove subì la stessa sorte del nostro patriarca Giuseppe con Putifar). Liberato in seguito, si mise a predicare il Vangelo a rischio della propria vita e convertì molti ( facendoli battezzare di notte dai sacerdoti).Qui viveva ed operava il pio Vescovo Pantoleone. Il nostro santo Padre Elia vedeva sempre una colomba bianca posarsi sul capo del pio Vescovo Pantalone, quando questi celebrava i Divini Misteri. Costretto a fuggire, si rifugiò in Palestina, infatti arrivò a Gerusalemme nel mese di Aprile ( 878?) dove ricevette il grande ed angelico abito dal patriarca di Gerusalemme Elia . Visitò Antiochia, il Giordano, il Monte Tabor ed il Luogo detto dei Dodici Seggi. Quindi si recò al Sinai dove trascorse tre anni in un monastero. Quindi passò ad Alessandria, poi in Persia, ad Antiochia ed infine in Africa. Dopo la caduta in mano degli arabi di Siracusa (878), Elia che era ritornato in Sicilia, si recò a Palermo per rivedere la vecchia madre; da lì passò a Taormina ( dove ebbe la tremenda visione della caduta della città e la morte dello stratega Barsacio) dove si associò il monaco Daniele, il quale diventò compagno delle sue peregrinazioni, emulandolo nelle sue virtù. Partitosene navigò verso il Peloponneso. Sostò vicino Sparta in una grotta adiacente il tempio dedicato ai Santi Anargiri Cosma e Damiano, dove guarì molte persone possedute dal diavolo e qui seppe della tremenda conquista subita da Taormina. Ricercando l’esichia, partiro da li e si recarono a Butroto nell’Epiro. Qui subirono il carcere a causa della diffidenza e della cattiveri del governatore, ma furono liberati da intervento divino.

Quindi passarono a Corfù e da qui in Calabria. I nostri padri pervennero al luogo, detto delle Saline ( vicino Reggio Calabria nella zona di Seminara ) , che era stata rivelato da Dio al nostro santo padre, quando questi si trovava ad Antiochia, dove fondarono il Santo monastero ( 900 – 901 ) . Un giorno, trovandosi, come di consueto nel tempio del Santo megalomartire Pataleimon, vide due uomini somiglianti i Santi Pietro e Paolo che lo spronarono a compiere un viaggio a Roma. Qui visitò le tombe dei Santi Apostoli e dei martiri, ma non fu ricevuto dal “ miserabile Stefano, che allora reggeva il timone della Chiesa di Roma … …..tucoushs apwnato timhs para tou proedrou Stefanos de hn o qaymasios outos o thnikauta thn twn Pomaion phdalioucwn ekklisian sumbainousan ecwn ths ierosunhs kai thn politeian ”. Un giorno, mentre si trovava a Reggio, mentre si compiva l’ufficio del mattutino, si avvicinò al primo dei sacerdoti della chiesa, di nome Demetrio, e gli disse: “ Benedicici, o Vescovo… Euloghson hmas, w episkope ”. Dopo non molto tempo, Demetrio, recandosi a Costantinopoli ed incontrando il patriarca ( Stefano I ?) venne eletto vescovo della Santa Chiesa di Corfù, succedendo al celebre Pacomio.

Minacciato dalle incursioni saracene fu costretto a lasciare il monastero e a recarsi prima a Patrasso in Grecia, dove liberò dalla possessione del maligno quattro persone. Saputo del ritiro dei mussulmani dalla regione di Reggio, fece ritorno al monastero. Un giorno, mentre era immerso nella meditazione con il volto rivolto verso la Sicilia, si mise a piangere e disse al discepolo Daniele: “ porta, figlio mio, il turibolo e facciamo una preghiera funebre ( euchn epitaffion ), perché mia madre, Diletta a Dio, ora si è separata dal corpo ed è andata dal Signore. Dopo alcuni giorni, gente di palermo vennero al monastero ed annunziarono la morte della madre del santo. Quindi a causa di una nuova incursione di Mussulmani Elia dovette lasciare il monastero e si rifugiò a Santa Cristina. Facendo nuovamente ritorno al monastero, ricevette la visita del comandante della flotta navale imperiale, Michele ( Charactos? ) il quale era amico del Santo chiese se l’impresa che si accingeva ad intraprendere andasse a buon fine. Il Santo Monaco ordino che tutti facessero penitenza, e si astenessero da fornicazione ed azioni turpi; solo allora Dio sarebbe stato benevolo.

Lo stratega Michele ubbidi e la vittoria arrise ai Cristiani ortodossi.
La fama della sua meravigliosa attività, predicazione e dei numerosi miracoli, giunse anche in Oriente, per cui l’imperatore Leone VI il Filosofo (866-911) lo invitò a Costantinopoli.
Ancora una volta, l’ormai anziano Elia si mise in viaggio, ma non riuscì a giungere a destinazione; arrivato a Tessalonica, l’antica Salonicco, nella Macedonia, si ammalò e qui morì il 17 agosto del 904.
Il suo corpo fu trasportato dal fedele monaco Daniele Alle Saline presso Palmi e secondo il suo desiderio, tumulato nella chiesa del monastero, che come già detto prese il suo nome, al quale due secoli dopo si aggiunse quello di S. Filareto l’ortolano , altro monaco siculo-greco.
Ebbe culto pubblico, fino alla fine del secolo XVIII, cioè finché restò l’edificio del monastero, poi abbattuto; una sua reliquia si venera a Galatro (Reggio Calabria) dove pure esisteva un monastero greco a lui intitolato.
VITA DI SANTO ELIA DI ENNA  STA anche in
 http://www.ilcampanileenna.it/vita-di-sant-elia.html


 
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Vespro e Mattutino del 17 agosto: Memoria del santo martire Myron e del nostro beato padre Elia il Nuovo. Canone del santo, tradotto da p. Kosmàs il lavriota. Testo originale greco: Analecta Hymnica Graeca (italiano)

 http://www.ortodossia.it/w/index.php?option=com_content&view=article&id=1550:vespro-e-mattutino-del-17-agosto-memoria-del-santo-martire-myron-e-del-nostro-beato-padre-elia-il-giovane-italiano&catid=190:agosto&lang=it



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